PILLOLA DI ECONOMIA – Giorgia Meloni diserta il World Economic Forum di Davos
Eppure lo scorso settembre Giorgia Meloni aveva partecipato al tradizionale Forum Ambrosetti che riunisce annualmente in quel di Villa d’Este a Cernobbio un parterre di relatori di assoluto livello, leader di alto livello da tutto il mondo, tra capi di stato, ministri delle finanze, manager di grandi aziende, vertici sindacali, rappresentanti di organizzazioni non governative e della società civile.
Ma probabilmente la sua presenza era dovuta all’imminenza delle elezioni politiche, ed alla necessità di presentare e divulgare la sua visione dello scenario politico ed economico globale.
Evidentemente questo passaggio sul Lago di Como le ha portato fortuna vista la netta vittoria elettorale ottenuta un paio di settimane dopo.
Ma le decisioni delle nostra premier sono nettamente cambiate in occasione di un altro appuntamento internazionale, l’edizione invernale 2023, la 53esima, del World Economic Forum (WEF), in corso in questi giorni a Davos.
Ma andiamo con ordine.
Cos’è l’Economic Forum?
E’ un incontro annuale in cui i leader planetari del mondo politico, economico e sociale si riuniscono nella cittadina svizzera di Davos per discutere dei problemi del futuro del mondo.
Tanto per capirci, il tema su cui questi leader si confrontano quest’anno è: “Collaborare in un mondo frammentato, per risolvere le crisi odierne e indirizzare le sfide future”, ed il confronto verte su sfide legate alla sanità post pandemia, alla guerra e alle tensioni internazionali, nonché alla crisi energetica.
Si tratta senza dubbio dell’appuntamento più noto e titolato di questo genere, tanto che il Forum Ambrosetti, pur importante, viene considerato una specie di “fratello minore”.
Quindi abbiamo capito che il WEF rappresenta un’occasione per discutere questioni di attualità e macro-trend globali afferenti a temi come l’economia, la tecnologia, la politica, la salute e l’ambiente, edurante l’evento vengono presentate anche idee innovative.
E’ vero che quest’anno non ci sarà Joe Biden e neppure Vladimir Putin, ma i partecipanti annunciati ed attesi saranno oltre 2.700, tra cui 52 capi di Stato, oltre a 56 ministri delle Finanze, 35 ministri degli Esteri, 30 ministri del Commercio, 19 governatori di Banche centrali, 19 leader di grandi organizzazioni internazionali capi-azienda (600), economisti e altri protagonisti pubblici e privati.
Tanto per dire, tra i partecipanti ci saranno la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, il vice Dombrovskis, la presidente del Parlamento Roberta Metsola, i commissari Gentiloni (affari economici), Hahn (bilancio), Simson (energia), la presidente del Fmi Kristalina Georgieva, la Presidente della Bce Christine Lagarde. Ma anche il cancelliere Scholz e il vice Habeck, il presidente della Banca centrale tedesca e il Ministro delle finanze Lindner; la Francia avrà sei ministri fra cui Le Maire (economia). Per gli Usa la rappresentante del commercio Katherine Tai, che dialogherà con il suo omologo cinese. Tra i big delle grandi aziende ci saranno quelli di Amazon, Intel e Microsoft, i banchieri di Goldman Sachs e Jp Morgan, il capo di Blackrock, Larry Fink, i vertici di Enel Michele Crisostomo e Francesco Starace, Lucia Calvosa di Eni, Mario Moretti Polegato di Geox, Andrea Illy (Illycaffè), forse Carlo Messina di Intesa Sanpaolo, Nerio ed Erica Alessandri di Technogym, Andrea Orcel e Pier Carlo Padoan di Unicredit, Matteo Laterza di Unipol.
Io credo che mai come in questo contesto di pandemia non ancora del tutto debellata, di guerra in Ucraina, di tensioni geopolitiche, il World Economic Forum sia chiamato a riaffermare il valore e l’imperativo del dialogo e della cooperazione pubblico-privato; non solo per affrontare le attuali crisi, ma, cosa più importante, per guidare un cambiamento tangibile e sostanziale nel lungo termine.
E’ anche vero che il WEF di Davos è stato spesso criticato per la sua natura “esclusiva” (compresi i costi di partecipazione), ma cosa volete, io penso che dato il livello dei partecipanti, difficilmente questo tipo di “club” possa essere aperto al rag. Rossi o al geom. Bianchi.
Tornando ai nostri Demostene, accennavo sopra che, passate le elezioni, forse sono riaffiorate annose divergenze e contrapposizioni fra i Fratelli d’Italia ed i rappresentanti delle Finanza internazionale, e anche le antiche ritrosie di Giorgia Meloni verso il Forum di Davos”, da lei giudicato in un recente passato “un ambiente degradato”, e in un tweet del 2018 un “Ghota mondialista”.
Come succede sempre, anche quest’anno sono stati invitati il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, il Titolare degli Affari Esteri e Vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, e il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze, aveva già confermato la sua presenza, ma ha poi dovuto fare dietrofront per sopraggiunti impegni.
Ma c’è poco da fare, l’assenza che si nota di più è quella della premier Giorgia Meloni.
Francamente non credo che questa sia stata una scelta azzeccata, perché fa venire il sospetto che la destra italiana preferisca specchiarsi nelle questioni nazionali rispetto alle dinamiche globali, palesando così i limiti del proprio sovranismo-provinciale.
Alla fine ad andare a Davos a rappresentare l’Italia è stato inviato nientemeno che il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che sarà pure un insigne giurista, ma penso che di economia e di finanza ci capisca pochino, per cui immagino che più che intrattenere la platea di Davos sul prossimo esame di maturità, non possa fare molto di più.
In conclusione, posso anche capire che, dopo anni di polemiche e di retoriche anti-establishment internazionale, Giorgia Meloni tema di nuocere alla sua immagine “interna” di leader nazionalista, ma io credo debba prendere atto che il suo ruolo non è più quello del “capo dell’opposizione”.
Salendo a Palazzo Chigi la sua storia ha voltato pagina, le sue responsabilità personali e internazionali sono cambiate, ed enormemente accresciute.
Lei è ora il Presidente del Consiglio di un Paese saldamente ancorato alla Nato, all’Europa e alle logiche dell’economia di mercato, e per questi motivi a mio avviso, anche se non le piace, non può permettersi di disertare le occasioni in cui i “grandi del mondo” si incontrano, e decidono del futuro del pianeta, pena un progressivo isolamento.
Da vecchia volpe della politica la premier dovrebbe sapere che gli assenti hanno sempre torto, e soprattutto che gli “altri” continueranno comunque per la loro strada, e che, volenti o nolenti, le loro decisioni ricadranno inevitabilmente anche sull’Italia.