24 Ottobre 2022 - 9.24

PILLOLA DI ECONOMIA – I dati della finanza pubblica e le strada stretta per il Governo

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Parafrasando Giacomo Leopardi del “Passata è la tempesta, odo augelli far festa…” spero che Giorgia Meloni non pensi che “Passate le elezioni, si alzi un coro si augelli anche per lei….”, perché avrebbe un brusco risveglio.

Credo che la neo premier sappia bene che il momento della “verità” è ormai arrivato, e mi auguro sia in grado, con l’autorevolezza e la concretezza  fin qui mostrate, di far capire anche ai partner quali sono le reali condizioni della nostra finanza pubblica.

Vediamole queste condizioni, che alla fin fine sono numeri, freddi numeri che si può anche cercare di minimizzare, ma che è difficile negare.

I mercati finanziari internazionali detengono 760 miliardi di euro del debito italiano (di cui 654 mld in titoli di Stato), il che equivale al  27,5% del totale.  

Le Istituzioni europee, sostanzialmente la Banca Centrale Europea  (tramite la sua filiale italiana, ossia la Banca d’Italia), possiede 722 mld del debito italiano (di cui 717 in titoli di Stato), che rappresenta il 26% del totale.

Saranno questi i primi “esaminatori” della manovra economica che il Governo dovrà presentare entro due mesi, pena l’esercizio provvisorio, con tutti i problemi che ciò comporterebbe (impossibilità di effettuare spese oltre 1/12 degli stanziamenti dell’anno precedente).

Non occorre essere un Nobel per l’economia per rendersi conto che con un 53,5% del debito pubblico detenuto da soggetti esteri (mercati e Bce) i margini di manovra per l’Esecutivo italico siano ridottissimi, per non dire quasi nulli.

E’ quindi evidente che se la nuova maggioranza tenterà di inserire nella Legge di bilancio i provvedimenti promessi e sbandierati in campagna elettorale, tagli alle tasse e flax tax,  abbassamento età pensionabile, aumenti della spesa pubblica senza indicare le coperture, ossia quali imposte si intendono introdurre o aumentare, o quali  voci di spesa tagliare, si potrebbe materializzare in qualche settimana l’incubo riservato alla premier inglese Liz Truss, licenziata dai mercati prima che dai suoi Tories, proprio per aver tentato una manovra economica in stile italico.

Certo se si spiegasse bene dove verrebbero trovate le risorse necessarie per le riforme, e non con il generico ricorso alla formula truffaldina della “lotta all’evasione fiscale”, i mercati, dopo aver verificato le coperture,  probabilmente starebbero tranquilli, ma non ho mai visto finora alcun Governo dettagliare gli aumenti di imposte o le sforbiciate alle spese (e men che mai esponenti del Centrodestra).

Qualora invece dovesse prevalere la volontà di andare avanti sfidando i mercati e l’Europa, ragionevolmente l’Italia verrebbe sottoposta ad uno stress finanziario come avvenuto con la Gran Bretagna, fatto di vendita a piene mani dei Btp (il cui valore crollerebbe), e di incremento notevole dello spread, che renderebbe fortemente gravoso il rifinanziamento del debito.

Ma c’è un ulteriore importante elemento da considerare.

Negli anni scorsi il nostro Paese, dal famoso bazooka messo in piedi dal Mario Draghi Presidente della Bce (whatever it takes), ha potuto contare sul salvataggio da parte della Banca Centrale.

Oggi quell’aiuto sarebbe molto più difficile, non solo per l’enorme quota del nostro debito detenuto dalla Banca Centrale (nel 2011 la Bce aveva in pancia 89 miliardi di Btp e Bot, oggi ne ha 722), ma anche perché l’Italia ha potuto non solo godere di acquisti di titoli di Stato con il Pspp superiori alla quota cui aveva diritto in base al Pil, nonché di una quota dei fondi del Pnrr nettamente superiore a quella riservata ad altri Stati membri.

Sarebbe difficile in queste condizioni convincere gli altri Paesi e la Bce che l’Italia ha bisogno di ulteriori fondi comunitari per finanziare le follie promesse in campagna elettorale.

Da non trascurare inoltre la correlazione con l’indebitamento del sistema economico italiano, che vede alla fine del 2020 le imprese non-finanziarie avere debiti per 3.880 miliardi, e quelle finanziarie per 6.953 miliardi.

Data la stretta correlazione fra i tassi sui prestiti e sulle obbligazioni con i tassi dei titoli di Stato, è evidente che un aumento di questi ultimi si propagherebbe immediatamente sui costi di gestione del debito dei privati.

E allora?

Cosa dovrebbero fare Giorgia Meloni e i suoi partner di Governo?

Andare a Canossa smentendo le fantasmagoriche promesse dell’estate scorsa?

Francamente sono problemi loro!  Mica gliel’ha ordinato il medico di fare politica!  E soprattutto di fare promesse che sapevano irrealizzabili.

Io so solo, e spero di avervelo mostrato con sufficiente chiarezza, che i numeri non consentono alcun volo pindarico, e se la Meloni ed i suoi Ministri vogliono durare dovranno fare un po’ lo gnorri, cercando di far capire a chi li ha votati sperando di vedere “fuochi d’artificio”, che la realtà è quella che è, e che per il momento sarà difficile discostarsi dalla linea economica tracciata da Draghi.

In questo la Meloni potrà contare sul fatto che un Ministro quando si seduto su quella sedia, è disposto a fare di tutto, ma proprio di tutto, per conservarla il più a lungo possibile.

Finora, mi ripeto, la neo premier ha dato l’impressione di aver capito di essere salita sulle montagne russe, e sono fiducioso che farà il possibile per non cadere prima della fine del primo giro.

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