1 Settembre 2022 - 10.39

PILLOLA DI ECONOMIA –  La farsa del gas russo “Made in China”

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“Non importa se il gatto è bianco o nero, finché cattura i topi”, diceva Deng Xiaoping, il padre dell’apertura cinese al mercato.

Vi siete chiesti come mai, nonostante le chiusure “strategiche” di Gazprom, nonostante gli Usa segnalino difficoltà ad inviarci il loro gas, soprattutto di natura interna visto che le esportazioni fanno lievitare i prezzi alle pompe americane (e l’8 novembre ci sono le elezioni di mid term), gli Stati Europei sono addirittura in anticipo nel riempimento degli stoccaggi per l’inverno?

Potrebbe sembrare un mistero anche cosa ci sia dietro la dicitura “Sonstige Lander” (altri Paesi) che ha consentito ai tedeschi di riempire a tempi (e costi) record i loro stoccaggi.

In realtà non c’è nessun arcano, e si sta imponendo la regola secondo cui se ho una disperata necessità di un bene, e per motivi politici non posso procurarmelo dal mio abituale fornitore, non mi resta che diversificare, facendo finta di non vedere da dove arriva veramente quel prodotto.

E’ semplicemente quello che sta avvenendo in quest’ultimo periodo con il gas, e ci ha pensato il Financial Times a svelare l’ennesimo segreto di Pulcinella di questo tira e molla tra volontà di sganciamento della Ue dalla dipendenza russa  e  l’inevitabile scontro con la realtà.

E questo segreto, che tutti conoscono ma che nessuno degli interessati vuole svelare, è che il gas liquefatto che Pechino sta vendendo con il badile all’Europa altro non è che quello russo da cui i Paesi europei millantano di essersi affrancati. 

I dati delle importazioni cinesi, almeno quelli che Pechino vuole farci conoscere, mostrano che nei primi sei mesi di quest’anno i cinesi hanno acquistato dalla Russia circa il 30% in più di gas liquefatto, che si aggiunge a quello importato via pipe line, aumentato anch’esso del 63%.

Quindi è un dato di fatto che il gas che non sta vendendo all’Europa Vladimir Putin lo dirotta sulla Cina, oltre a tutto a prezzi stracciati.

Ed è a questo punto che diventa inevitabile la domanda il Financial Times si è infatti posto: con l’attività economica cinese in rallentamento, parte del complesso industriale chiuso per i focolai di Covid, e la domanda interna che non necessita di extra-energia, cosa ci fa Pechino con tutto quel gas?

Ma cosa volete che se ne faccia? 

Semplicemente lo vende all’Europa.

E infatti per il quotidiano della City  il più grande importatore di LNG al mondo, la Cina, sta rivendendo interi cargo di gas liquefatto a un’Europa spaventata dalle prospettive di un inverno senza più flussi dalla Russia.

E tanto per non cedere ad ambiguità semantiche, sempre il Financial Times specifica, anche per chi magari vuol far finta di non capire, che gli Stati Ue non stanno acquistando surplus cinese, bensì gas russo a tutti gli effetti e con tutti i crismi.

Si tratterrebbe insomma di una bella partita di giro, in cui a guadagnarci sono un po’ tutti: Putin perché non deve bruciare il metano eventualmente invenduto, gli Europei perché riescono ad avere il gas senza il quale le imprese chiuderebbero ed i cittadini resterebbero al freddo ad al buio, ed i cinesi che su questa “partita di giro” stanno facendo guadagni colossali.

Già perché i compagni cinesi non  è che ci vendano il gas al prezzo stracciato con cui lo comprano dallo zio Vladimir, bensì al prezzo di mercato, che probabilmente è almeno due/tre volte più alto.

Lo so già che uno potrebbe pensare; ma in fondo cosa c’è di tanto strano?

Un soggetto (la Cina) compra un bene da un altro soggetto (la Russia) e lo rivende ad un prezzo maggiorato ad un altro soggetto ancora (l’Europa).

In fondo questa è l’anima del commercio!

Tutto vero, se non che qui non siamo dal pizzicagnolo.

Questi scambi di gas Cina-Europa hanno una profonda valenza politica.

Qui siamo di fronte ad un’Europa che, con un’ipocrisia totale, ufficialmente nega violazioni degli accordi verbali anti-russi,  e rivendica l’origine cinese di quel gas, poiché sdoganato dalle autorità di Pechino prima di essere rivenduto.

Se non fossimo ai massimi livelli di realpolitik si sfiorerebbe  il ridicolo.

Ma quello che a mio avviso non va sottaciuto è che questo dato politico diventa inquietante non solo perché andando avanti di questo passo la Cina potrebbe decidere di rivendere strutturalmente il suo surplus  di gas all’Europa, divenendo di fatto la quinta colonna commerciale di Gazprom, ma soprattutto perché passeremmo da un ricatto russo ad uno cinese.

La dipendenza economica porta sempre in qualche modo ad una dipendenza politica, e non è difficile immaginare che basterebbe soltanto un fiato europeo in difesa dell’indipendenza di Taiwan, o di condanna per le repressioni a Hong Kong, o del genocidio degli uiguri, per veder sparire dal mercato spot il gas russo “made in China”.

Lo so bene che in questo momento drammatico l’importante per noi europei è che il “gatto catturi i topi”, ma almeno non prendiamoci in giro!

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