13 Febbraio 2023 - 9.59

PILLOLA DI ECONOMIA – Superbonus, Regioni, e “finanza creativa”

Umberto  Baldo

Non mi risulta esista un Premio Nobel per l’Economia creativa.

No, non è proprio previsto, ma io credo invece che a Stoccolma dovrebbero pensare bene di istituirlo, e sono certo che fra i soggetti che avrebbero la concreta possibilità di vederselo assegnare ci sono anche le Regioni italiane.

In fondo cos’è il genio?   E’ intelligenza, talento, attitudine, versatilità, in sintesi capacità di trovare soluzioni a problemi apparentemente insolubili.

Capite bene che mi sto riferendo a qualcosa di concreto, e scusatemi se ritorno ancora una volta sul tema Bonus edilizi, e Superbonus 110% in particolare.

In primis credo si debba dare “onore al merito” a chi ha elaborato questi Bonus, perché non era mica da tutti immaginare di concedere a chi voleva rifarsi la casa a spese dello Stato (cioè di quei contribuenti che pagano le tasse) un credito fiscale superiore al costo dei lavori.

Una simile genialata non può essere il frutto di una sola mente; è evidente  che ci vuole un brainstorming (letteralmente tempesta di cervelli) per partorirla, e anche se si vagheggia che la paternità della normativa sia attribuibile dell’on. Riccardo Fraccaro (M5S), il Superbonus 110% passerà alla storia come un provvedimento voluto e  varato dal premier Giuseppe Conte durante il suo secondo Governo. 

Ma la vera grande idea è stata quella di metterlo in piedi di fatto senza controlli preventivi alla cessione del credito, senza cioè neppure considerare che in questa nostra Italia in cui ogni occasione è buona per frodare lo Stato una agevolazione così strutturata non poteva che diventare un’arma dirompente a disposizione di ogni forma di speculazione e malaffare.

Certo sono sicuro che gli effetti, fra cui uno stratosferico aumento dei costi dei materiali e del lavoro, non sono stati voluti da Conte e dai suoi Ministri, ma non sempre le buone intenzioni conducono ai risultati desiderati, e soprattutto nelle politiche economiche l’eterogenesi dei fini è un fenomeno ricorrente.

E visto che parliamo di “creatività”, il rapporto della Guardia di Finanza consegnato l’anno scorso alla Commissione Bilancio del Senato ha dimostrato che, fino a quando non si è cercato di metterci una pezza, imbroglioni  e truffatori hanno agito  in maniera pressoché indisturbata.

Finti lavori, cantieri fasulli, fatture false, truffe a tutta randa, miliardi di crediti  sequestrati; il report della Guardia di Finanza non ha concesso sconti,  denunciando un po’ di tutto, dai cantieri fantasma alle operazioni su stalle, fatte passare per villette, in cui i lavori non sono stati mai realizzati.

Era evidente che mettere un freno a questo “carnevale dell’imbroglio”, a questa festa di imprese improvvisate (es. imbianchini diventati di colpo esperti “cappottatori”), spesso senza dipendenti muratori, avrebbe creato dei problemi.

Era scontato, perché fermare un treno in corsa non è facile per nessuno,  soprattutto senza correre il rischio di far chiudere molte imprese  per mancanza di liquidità.

La situazione attuale è ancora piuttosto critica, perché lo Stato ha speso talmente tanti crediti fiscali (secondo il Mef 120 miliardi, di cui 72 di solo Superbonus 110%) che il mercato (leggi le Banche e gli intermediari finanziari autorizzati) non riesce ad assorbirli.

E di conseguenza le imprese che hanno  in pancia un sacco di crediti che non sanno a chi cedere, non hanno ora le risorse per proseguire i cantieri.

Come uscirne?

E qui viene fuori il “genio italico” della “finanza creativa”!

A fare da apripista a fine gennaio è stata la Provincia di Treviso, con una piccola operazione pilota di acquisto di crediti fiscali da due Istituti di Credito.

Come non averci pensato prima?

E infatti a distanza di poco tempo l’una dall’altra Sardegna e Piemonte hanno comunicato di essere pronte ad acquistare i crediti bloccati, facendo leva sulla propria capienza fiscale, ma sembra si stiano muovendo anche Basilicata, Puglia  e Campania.  E vedrete se a breve seguiranno anche tutte le altre.

In pratica, gli Enti locali si stanno lanciando nel mercato dei crediti incagliati, come se fossero Banche o intermediari finanziari, per dare una risposta alle aziende in sofferenza. 

Il mercato è inondato da decine di miliardi di crediti che non riesce ad assorbire, perché ormai le Banche hanno esaurito la loro capacità fiscale, e perciò entrano in campo Province e Regioni.

E’ chiaro che a spingere sono i Partiti, nessuno escluso, a loro volta pressati dalle imprese del territorio.    E qualcuno si è pure premunito di precisare che le  Regioni devono acquistare i  crediti “ad un prezzo non superiore al valore nominale del credito” (e ci mancherebbe, mi permetto di aggiungere! Visto che le Banche in questo momento stanno acquistando i crediti a circa l’82% del valore).

Per capire bene di cosa stiamo parlando va specificato che l’idea base  sta nel fatto che, visto che le Regioni sono anch’esse tenute a pagare una serie di oneri fiscali allo Stato centrale, le Amministrazioni regionali utilizzeranno i crediti dei bonus edilizi acquistati dalle Banche in compensazione con gli oneri che dovrebbero pagare a Roma.

Detto in altri termini, invece di usare le risorse regionali per pagare direttamente le tasse, tali risorse vengono usate per acquistare i crediti dei bonus edilizi bloccati, che poi sono portati in compensazione dei debiti fiscali che la Regione ha con lo Stato.

Messa così sembra l’uovo di Colombo!

Un’operazione di ingegneria finanziaria in cui non ci perde nessuno; la Regione che compra i crediti, le Banche che scaricano un po’ di crediti dai loro cassetti fiscali per procedere ad ulteriori operazioni, e l’impresa che trova la liquidità necessaria.  A parte lo Stato, che  negli anni a venire incasserà meno imposte, ma questo sembra non importare a nessuno!

Sarà un mio limite, ma io sono ancora fermo al principio che “nulla si crea e nulla si distrugge”.

In particolare i soldi non si creano dal nulla, e non si trovano neppure sugli alberi.

Per cui come un  San Tommaso non posso non chiedermi: siccome le Regioni devono pur sempre anticipare alle imprese  l’intero capitale relativo al credito ceduto, che potranno poi compensare solo in un arco di 4 anni, e siccome sono soggette ai vincoli di bilancio, da dove fanno saltare fuori i soldi?

In attesa di illuminazioni al riguardo dai Governatori, qualche commentatore dotato di una certa competenza in materia, parlando di “intreccio fra perversione finanziaria e contabilità pubblica”, sostiene che gli schei le Regioni li pescheranno dalla “programmazione comunitaria 2021-2027”, ovvero dai Fondi europei di coesione, quei Fondi strutturali che la Ue concede perché siano utilizzati per la transizione ecologica e gli investimenti.

Capite perché all’inizio parlavo di Premio Nobel? 

Non è dato sapere se qualcuno si sia preso la briga di andare a spiegare questa “paradossale genialata” in quel di Bruxelles, così, tanto per sapere cosa ne pensano.

Mi piacerebbe proprio vederle le facce dei funzionari della UE!

Umberto Baldo

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