8 Giugno 2022 - 9.26

PILLOLE DI ECONOMIA – Cos’è la lunchflaction?

di Umberto Baldo

Ormai ci siamo abituati al fatto che la lingua inglese è sempre più utilizzata in tutti i campi, e fra questi spicca senz’altro l’economia.
Provate a pensarci, ci sono concetti che non riusciamo quasi più ad esprimere se non ricorrendo alla lingua di Albione.
Per fare un solo esempio: spread. Hai voglia a dire “differenziale”; non è la stessa cosa, spread è più immediato, e soprattutto ormai tutti sanno a cosa ci si riferisce.
Naturale che ogni tanto si affacci una parola inedita per definire qualche fenomeno nuovo.
E’ il caso di “lunchflation”, termine coniato ultimamente negli Stati Uniti, e che fotografa gli aspetti economici relativi alla fine dello smart working post pandemia da Covid, ed al conseguente ritorno di milioni di lavoratori in presenza negli uffici.
In realtà è abbastanza intuitivo cosa voglia dire questo nuovo termine, in quanto deriva dalla unione di “lunch”, che vuol dire pranzo, con “flaction” che è una contrazione di inflaction.
In parole povere inflazione da pranzo.
Con lunchflaction ci si riferisce quindi all’aumento dei costi per i lavoratori dovuto all’inflazione, e ad una serie di spese che durante i due anni di pandemia in molti non erano più abituati ad affrontare.
Negli Stati Uniti, secondo la Cnn, ad aprile 2022 il costo del cibo è aumentato del 9,4% rispetto allo stesso periodo del 2021, e i prezzi nei negozi alimentari sono cresciuti del 10,8%.
Ma ad aumentare sono stati anche i costi per raggiungerlo il posto di lavoro, trasporti e carburanti.
In Italia non sono stati ancora elaborati dati altrettanto specifici, ma è sotto gli occhi di tutti che la situazione è assolutamente simile.
Il costo medio della colazione è passato da 2,43 euro del 2021 a 2,84 euro del 2022. In un anno parliamo di 100 euro a persona in più rispetto a 365 giorni fa. Situazione simile anche per la pausa pranzo.
Analogamente fare il pieno di benzina o gasolio alla pompa equivale ormai ad un salasso.
In realtà ci sono anche altre spese che vengono considerate parte del fenomeno della lunchflation.
Come racconta sempre la Cnn, tante persone si lamentano del fatto che il ritorno al lavoro in presenza richiede anche costi di cui ormai ci si era dimenticati, come quelli per i trucchi, i vestiti, il parrucchiere, e altri accessori, beni e servizi che erano meno necessari quando non c’era la necessità di uscire tutti i giorni per il lavoro. E tutti questi servizi e questi prodotti sono adesso più cari di prima.
Tutto questo è effetto della lunchflation.
Non credo che questa nuova definizione addolcisca in qualche modo un fenomeno che, detto alla vecchia maniera, costituisce una pesante riduzione del potere di acquisto delle famiglie.
Umberto Baldo

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