13 Marzo 2024 - 10.10

Politica: Ma giocare alle estreme conviene?

Non è ancora calata la polvere dell’oblio sulla contesa elettorale di domenica scorso, che già è il tempo di soffermarsi con maggiore attenzione per guardare freddamente cosa è successo.

La domanda in questi casi è sempre quella: chi ha vinto, e chi ha perso?

Sulla Presidenza della Regione Abruzzo bastano due parole; ha vinto nettamente la Meloni, il “suo” Presidente, ed il Centrodestra.

Ma se dalle coalizioni proviamo a disarticolare i dati, concentrandosi sulle singole forze politiche, allora la musica cambia, eccome se cambia.

E allora vediamo che Fratelli d’Italia continua a navigare con il vento in poppa (certo qualche decimale in meno rispetto alle politiche, ma rientra nella fisiologia); il Pd riagguanta il ruolo di primo partito dell’opposizione con un sonoro 20%, e la sorpresa viene dal Partito che fu la creatura di Berlusconi, Forza Italia, che continua una lenta ma costante ripresa, che lo ha portato a doppiare la Lega in Abruzzo.

Ma poiché io la regola dell’ “abbiamo vinto tutti”, cara ai politici italiani, l’ho sempre considerata fra il “demenziale” ed il “truffaldino”, indubbiamente c’è chi invece le elezioni le ha perse; e si tratta a mio avviso indubitabilmente di Matteo Salvini e di Antonio Conte.

C’è da dire che Conte il suo malcontento per il risultato lo ha esternato, anche se a onor del vero le Amministrative per i pentastellati sono sempre state uno scoglio, tanto che vengono ancora accreditati nei sondaggi nazionali attorno al 15%.

Salvini, che a mio avviso non può certo suonare le cornamuse, non si è dimostrato, almeno alle apparenze, particolarmente dispiaciuto, ed anzi ha esternato la sua soddisfazione per aver battuto i 5Stelle di Conte (pensa che po’ po’ di vittoria, visto che la Lega ha ottenuto il 7,57% contro il 7,01 del M5S!).

Ma come si dice: basta accontentarsi.

Se però si passa dai numeri alla politica, allora entrano in campo altre considerazioni, che hanno senza dubbio a che fare con la linea dei due Partiti.

Entrambi i leader, Salvini e Conte, sembrano aver scelto l’estremismo come cifra della propria politica.

Conte dà la netta impressione di subire il rapporto con il Pd, e di considerare il “campo largo” come una strategia accettabile solo nel caso in cui ne sia lui la guida, il leader.

E a tale scopo assume posizioni sempre “a sinistra” del Pd, con il chiaro intento di insidiare le frange più radicali dell’elettorato piddino.

Ma alla luce delle risultanze sia del voto sardo che di quello abruzzese viene da chiedersi: ma giocare “alle estreme” paga?

A parte le posizioni della Schlein, che di Conte sembra aver fatto un “santino”, e del “campo largo” una questione di fede,  conviene veramente al Pd nel suo complesso, e nelle sue articolazioni territoriali, snaturarsi per  trasformarsi in una costola del grillismo, che alla luce delle ultime elezioni oltre a tutto non porta voti?

O non converrebbe piuttosto rimanere saldi sul posizionamento di una sinistra inserita in pieno nella grande famiglia socialista europea, senza cedimenti alle ambiguità di Conte su Putin, sull’Ucraina, su un pacifismo peloso, e forse anche sull’atlantismo?

Molto più accorta della Schlein appare invece Giorgia Meloni nei confronti di Matteo Salvini, il quale non ha certamente il problema di Conte di diventare il capo dell’alleanza (ormai direi che a tale riguardo il Capitano può cantare senza problemi “addio sogni di gloria, addio castelli in aria”), ed anzi si deve guardare dall’avanzata di Forza Italia, che, tanto per dire, in Abruzzo ha preso il doppio dei voti della Lega.

Già perché quello che appare come il “grigio Tajani”, piano piano, senza clamori, sta ricostruendo il Partito berlusconiano (che senza il capo carismatico sembrava destinato all’estinzione) e ha cominciato ad intercettare parte di quel grande bacino di elettori moderati che, sbagliando, io avevo immaginato si sarebbero indirizzati verso il duo Calenda-Renzi; ma le intemperanze caratteriali dei due “galli” hanno vanificato la possibile offerta liberal-centrista. 

E Salvini cosa fa di fronte a questa silenziosa offensiva centrista?

Invece di fare un minimo di autocritica, per capire come sia possibile in 5 anni crollare dal 34% al 7%, per chiedersi quanto i veneti ed i lombardi siano disposti a stracciarsi le vesti perché venga realizzato il Ponte di Messina, per chiedersi cosa resterebbe della Lega se dovessero cadere il Veneto, e poi magari la Lombardia, sotto l’incalzare dei successi dei Fratelli d’Italia, che fa?

Ma rilancia sempre più una politica di estrema destra!

Si congratula con André Ventura, il leader dell’estrema destra portoghese, un populista che deve il successo del suo movimento Chega a forti venature razziste e xenofobe, e che ha all’interno frange nostalgiche dell’era dell “Estado Novo del dittatore Salazar, manifesta apertamente il sostegno al Tycoon Donald Trump, fa trapelare ogni tanto toni morbidi nei confronti della Russia di Putin, e non nasconde mai il suo anti europeismo.

E, ciliegina sulla torta, sembra (la notizia l’ho trovata su un quotidiano nazionale) che il prossimo 23 marzo voglia ripetere a Roma, negli Studios di Tiburtina, l’adunata sovranista bis di Firenze, contando sulla presenza di Marine Le Pen e del generale Vannacci, che per quanto riguarda la candidatura mi sembra la stia tirando un po’ per le lunghe.

Vedremo se questa adunata di sarà, e soprattutto chi ci sarà!

Concludendo, potrei sbagliarmi sia chiaro, ma la mia impressione è che Salvini nel suo sogno di formare un Partito di respiro nazionale, abbia un po’ perso i contatti con la realtà del Nord, dove la Lega è nata, e dove per me trova ancora la sua principale ragion d’essere.

E di conseguenza sembra puntare al Sud, ora che invece bisognerebbe mettersi l’elmetto per fare una battaglia per il Nord.

Perché il Nord è fatto di un tessuto produttivo che cerca una rappresentanza a Bruxelles, che sia in grado di incidere sulle “Direttive” che poi hanno inevitabilmente cadute nazionali.

Alle associazioni imprenditoriali, agli industriali piccoli o grandi, questo interessa; e a mio avviso stanno valutando il fatto che, nel bene e nel male, Tajani e Forza Italia stanno con i Popolari Europei, quelli che esprimeranno ancora la guida della Commissione, quella Commissione che poi deciderà le misure delle zucchine, o se le auto potranno camminare ancora a benzina o gasolio.

E pensate che a Bruxelles preferiscano stare con chi comanda, o con chi fa un’opposizione ideologica del tutto ininfluente?

Se Salvini continuerà a perseverare su una linea scettica nei confronti dell’ Europa, e su posizionamenti filo Trump e filo Putin, non mi meraviglierei se alle elezioni europee trovassero spazio personaggi come l’ex Governatore del Piemonte e Capogruppo alla Camera Roberto Cota,  o come Flavio Tosi, entrambi  ex personaggi di spicco della Lega ora esponenti di Forza Italia.

Mi piacerebbe proprio sapere chi nei paesini del padovano o della bergamasca ha battuto le mani leggendo che ieri ha aderito alla Lega  Salvatore Ronghi, ex consigliere regionale di Alleanza Nazionale e già Segretario generale della giunta regionale del Lazio a guida Polverini, oggi presidente di “Sud Protagonista”?

Magari ripensando a quel 7 dicembre 2013 quando Salvini divenne Segretario delle Lega, ed ebbe a dichiarare: “Questa non è l’Ue, ma l’Unione sovietica, un gulag”. Ue is Urss. Padania is not Italy”.

Già mi piacerebbe proprio saperlo!

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