29 Agosto 2024 - 8.51

Presidenziali Usa: occhio ai Grandi Elettori!

Umberto Baldo

Sul sistema elettorale e sul Presidenzialismo americano  vi ho intrattenuto più volte, ma poiché non vi sarà sfuggito che ormai quotidianamente giornali e media dedicano sempre più spazio alla sfida, considerata ormai “storica”, fra Kamala Harris e Donald Trump, trovo utile proporvi un breve “approfondimento” per riuscire a capire compiutamente a cosa ci si riferisca quando si parla ad esempio di “Grandi Elettori” o di “Stati in bilico”.

Non è un caso se vi ho riportato prima del titolo la cartina “elettorale” degli Usa, perché da quella bisogna partire.

Vi invito pertanto a scorrerla “Stato per Stato” ricordando che il numero riportato sotto o a fianco del nome di ogni Stato è quello dei “Grandi elettori” allo stesso assegnati.

Per vostra maggiore comodità vi riporto anche l’elenco in chiaro dei 51 Stati con il relativo numero dei Grandi elettori fra parentesi (non a caso ho scelto l’ordine decrescente, e capirete subito perché): California (54), Texas (40), Florida (30), New York (28), Illinois (19), Pennsylvania (19), Ohio (17), Georgia (16), Michigan (15), North Carolina (16), New Jersey (14), Virginia (13), Washington (12), Arizona (11), Indiana (11), Massachusetts (11), Tennessee (11), Maryland (10), Minnesota (10), Missouri (10), Wisconsin (10), Colorado (10), Alabama (9), South Carolina (9), Kentucky (8), Louisiana (8), Oregon (8),  Connecticut (7), Oklahoma (7), Arkansas (6), Iowa (6), Kansas (6), Mississippi (6), Nevada (6), Utah (6), Nebraska (5), New Mexico (5), West Virginia (4), Hawaii (4), Idaho (4), Maine (4), New Hampshire (4), Rhode Island (4), Alaska (3), Delaware (3), District of Columbia (3), Montana (3), North Dakota (3), South Dakota (3), Vermont (3), Wyoming (3). 

Innanzi tutto deve esservi chiaro che Il Presidente americano non viene eletto direttamente dai cittadini, bensì con un sistema, in vigore dal 1788, chiamato “Electoral College” (Collegio Elettorale di cui fanno parte i cosiddetti Grandi Elettori). 

Ciò significa che i cittadini di ogni Stato eleggono questi Grandi Elettori con il sistema maggioritario, applicando  cioè la regola “chi ha un voto in più li prende tutti” (unica eccezione Maine e Nebraska). 

Il Collegio Elettorale è composto da 538 Grandi Elettori (questo numero è fisso). 

Per diventare Presidente, un candidato deve quindi ottenere i voti favorevoli di almeno 270 Grandi Elettori.

A ciascuno Stato è attribuito una quota di Grandi Elettori equivalente al numero dei propri rappresentanti al Congresso: ossia due senatori (a prescindere dal suo peso demografico) e il numero dei Rappresentanti che ha diritto di mandare alla Camera, in base alla propria popolazione. 

Tornando a questo punto alla cartina, o al successivo elenco, credo sia evidente che per un candidato vincere in California (54 Grandi Elettori) non sia la stessa cosa che prevalere in South Dakota (3 Grandi Elettori).

Tanto per essere più chiaro, i 54 delegati che un Candidato ottiene da una vittoria in California equivalgono ad aver vinto in: North Dakota (3), South Dakota (3), Nebraska (6), Iowa (6), Kansas (6), Louisiana (8), Delaware (3), Rhode Island (4), West Virginia (3), Montana (3), Idaho (4) e Utah (6). 

A voler essere sinceri, questo sistema dei Grandi Elettori noi facciamo un po’ fatica a capirlo.

Noi europei siamo abituati ad elezioni in cui, chiusi i seggi, dopo lo spoglio delle schede si sa subito chi ha vinto e chi ha perso, e ciò semplicemente perché l’elettore vota o per l’uno o per l’altro candidato.

Negli Stati Uniti non è così, perché non è il voto popolare “diretto” che è determinante per la vittoria, tanto è vero che nel 2016 Hillary Clinton ottenne 3 milioni di voti popolari più di Donald Trump, ma perse la Casa Bianca. E parimenti nel 2000 Al Gore prese oltre mezzo milione di voti in più di George W. Bush, che risultò poi eletto.

Ripeto: per vincere bisogna conquistare la maggioranza, almeno 270 voti, del Collegio dei Grandi Elettori; questa è la regola.

E sono appunto questi Grandi Elettori che alla fine procedono alla votazione per designare il Presidente.

In realtà questo Collegio non si riunisce mai: i Grandi Elettori si radunano Stato per Stato “il lunedì successivo al secondo mercoledì di dicembre”, e votano per un candidato alla Presidenza e uno alla Vicepresidenza; poi comunicano a Washington la loro scelta, che si formalizzerà con il giuramento e l’insediamento del nuovo Presidente il 20 gennaio successivo.

Formalmente i Grandi Elettori sono liberi di votare per chi vogliono, senza vincoli di mandato, ma essendo essi espressione diretta di uno dei due candidati, rarissimamente nella storia degli Stati Uniti un Grande Elettore ha votato per un Presidente diverso da quello indicato del proprio Partito. 

Alla fine della fiera spero vi sia chiaro che i Grandi Elettori non sono altro che 538 Rappresentanti eletti dal popolo, che hanno “promesso” di sostenere il candidato del Partito al quale sono collegati.

Ma perché si parla di Stati in bilico? 

Si tratta in realtà di pochi Stati, definiti anche Swing State (Stato in bilico, o altalenante), o Battleground State (Stato in disputa, o conteso), o Purple State (Stato viola), o anche Stato chiave e Stato indeciso, nei quale nessun Candidato o Partito ha un sostegno storico tale da assicurarsi i seggi dello Stato stesso nell’ Electoral College.

Tutti gli altri, definiti “Non-Swing States”, Stati non in bilico, sono  chiamati  anche Safe States, Stati sicuri, e sono quelli in cui  un Candidato gode tradizionalmente di un sopporto sufficiente da poter ragionevolmente pensare di vincere.  

Credo sia intuitivo che in linea di massima ci si riferisce alla tradizione e alla storia politica di ogni singolo Stato. 

Tanto per fare qualche esempio, un candidato del Partito Repubblicano  può aspettarsi di vincere facilmente in molti Stati del cosiddetto Profondo Sud come Texas, Mississippi, Alabama o South Carolina, che storicamente hanno una forte cultura conservatrice, molto religiosa, ed hanno una storia recente di voto per il Partito Repubblicano; potrebbe attendersi di vincere anche in Stati come Wyoming, Utah, Idaho e Nebraska, che condividono valori conservatori, e hanno anche una  lunga storia di voto per i Repubblicani. 

D’altra parte, lo stesso candidato si aspetterà di perdere in Stati come California, Vermont, Massachusetts, Oregon, Hawaii, Connecticut, Illinois, Rhode Island e New York, tradizionalmente Stati a maggioranza “Democratica”, a prescindere da quanta campagna elettorale venga effettuata in tali realtà. 

Intendiamoci, non si tratta di regole, ed ogni elezione ha una sua storia, anche per quanto riguarda gli Stati in bilico, che non sono sempre gli stessi in verità. Relativamente a queste elezioni del 2024, i sondaggisti ritengono che i veri Stati in bilico, quelli che il 5 novembre decideranno la vittoria, siano sette: Pennsylvania(19 voti elettorali), Michigan (15), Wisconsin (10), Georgia (16), Arizona (11), Nevada (6), North Carolina (16). 

In tutti e sette la distanza tra Donald Trump e Kamala Harris, chiunque dei due sia in testa, è di 2 punti percentuali o meno, secondo la media dei sondaggi dell’ultimo mese calcolata da RealClearPolitics.

Capite quindi che se a più di due mesi dalle elezioni le distanze fra i due Candidati sono così risicate, la lotta sarà all’ultimo voto fino alla fine.

E se seguirete gli spostamenti ed i comizi di Donald e Kamala vi accorgerete che saranno quasi sempre concentrati in questi Stati in bilico, perché lì si vince o si perde. 

Chiudendo con una nota di colore (ma in realtà non più di tanto), poiché al mondo si scommette su tutto, anche la corsa alla Presidenza Usa attira le puntate dei giocatori. 

Come stanno i giochi?

Attualmente  Kamala Harris detiene un leggero vantaggio su Donald Trump, presso il bookmaker britannico Betfair Exchange.

Ma quanto sono affidabili le quote elettorali? 

La questione della precisione delle quote di scommessa nelle elezioni presidenziali è stata oggetto di dibattito. Secondo un’analisi di Conversation, un’organizzazione di notizie no-profit, il favorito nelle scommesse ha perso soltanto due volte dal 1866.

Le due sorprendenti vittorie sono avvenute nel 1948, quando Harry Truman (Dem) ha battuto le probabilità otto a uno contro Thomas Dewey (Rep), e nel 2016, quando Trump ha sorpreso gli scommettitori.

Voi quest’anno su chi puntereste i vostri soldi?

Umberto Baldo

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