Processo Turetta: requisitoria del PM e accuse di femminicidio premeditato
ISCRIVITI AL CANALE WHATSAPP DI TVIWEB PER RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO
Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, è presente oggi in aula alla Corte d’Assise di Venezia per la terza udienza del processo a suo carico. L’udienza coincide con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, sottolineando la drammaticità del caso.
Il pubblico ministero Andrea Petroni terrà la sua requisitoria, sostenendo l’accusa di femminicidio volontario pluriaggravato, stalking, sequestro di persona e occultamento di cadavere, per cui è pronto a chiedere la pena dell’ergastolo. Successivamente, interverranno le parti civili che rappresentano il padre, il fratello, la sorella, la nonna e lo zio di Giulia. Assente in aula Gino Cecchettin, il padre della vittima.
Le accuse e i dettagli del delitto
Secondo l’accusa, Turetta avrebbe premeditato l’omicidio con una meticolosa pianificazione: aveva annotato una lista di oggetti necessari per immobilizzare l’ex fidanzata, studiato le mappe per occultare il corpo e predisposto la fuga. Durante l’interrogatorio del 25 ottobre, l’imputato aveva ammesso:
«Volevo rapirla, portarla in un luogo isolato e toglierle la vita, per poi farlo anche con me stesso.»
La relazione tra Turetta e Giulia, durata circa un anno e mezzo, si era deteriorata a causa della crescente ossessione di lui e del rifiuto di lei di tornare insieme. Questa ossessione si è trasformata in persecuzione, culminata nel delitto avvenuto l’11 novembre 2023 nel parcheggio di Vigonovo, nei pressi della casa di Giulia.
Il delitto e la fuga
La crudeltà del gesto è evidente: 75 coltellate inferte alla vittima che cercava di sottrarsi a una relazione soffocante. Turetta, dopo aver costretto Giulia a salire in auto, l’ha immobilizzata con del nastro adesivo e, quando lei ha tentato di scappare, l’ha uccisa con un secondo coltello nella zona industriale di Fossò. Successivamente, ha abbandonato il corpo avvolto in sacchi neri vicino al lago di Barcis e ha tentato la fuga verso l’estero. È stato arrestato in Germania una settimana dopo.
La sentenza di primo grado è attesa per il prossimo 3 dicembre. Questo caso continua a scuotere l’opinione pubblica, evidenziando la necessità di prevenire e contrastare la violenza contro le donne.