3 Agosto 2023 - 9.16

Quando il Pd votava contro il Reddito di Cittadinanza

Umberto Baldo

Così come si usa dire che “la giustizia non è di questo mondo”, si può tranquillamente affermare che “la coerenza non è della politica”.

Badate che il problema non è quello di cambiare opinione o posizione, perché sappiamo bene che solo gli stupidi non cambiano mai idea, ma quello di provare a spiegare, a giustificare, quelli che assomigliano spesso a dei giri di valzer con meri intenti demagogici.

Vi ho già detto altre volte che fino a qualche anno fa il “giochino” di fare dietro front, di dare il “contrordine compagni” senza pagare pegno, per Lor Signori era molto più agevole, non solo per la naturale tendenza di noi italiani a “dimenticare il passato”, ma anche perché bisognava fare ricerche su supporti cartacei   

Ma da quando qualcuno ha inventato la Rete, un universo che “non dimentica”, ognuno di noi è in grado di andare a vedere  in tempo reale come la pensava su un dato argomento (e come su muoveva), un determinato politico o un Partito.

Io, che devo avere qualche “gene” di San Tommaso (mi scuso per il paragone) sono andato a rileggermi come si sono mossi tempo per tempo i maggiorenti del Partito Democratico sul tema del Reddito di Cittadinanza.

Avrete certamente visto che nei giorni scorsi l’INPS ha inviato circa 169mila Sms (e a fine agosto ne spedirà altri 80mila) ad altrettanti nuclei familiari dove non ci sono disabili, minori o anziani, per comunicare la sospensione dell’erogazione. 

Credo che qualunque persona sana di mente avrebbe previsto le proteste, la mobilitazione delle persone cui verrà sospeso il sussidio di Stato, come pure le barricate di Giuseppe Conte, e le polemiche dei Sindaci che si sono trovati così in prima linea ad affrontare l’incazzatura dei cittadini.

E guardate che stigmatizzare la modalità di comunicazione, l’SMS appunto, è solo polemica strumentale, non solo perché la decisione risale addirittura all’ultima finanziaria, ma anche perché se fossero arrivate delle “raccomandate” l’effetto sarebbe stato lo stesso. 

Guardate, della mia contrarietà al Reddito, per lo meno come è stato declinato dalla filosofia “grillina” del “I controlli li facciamo dopo” (guarda caso la stessa del Superbonus 110%), non ho mai fatto mistero, e sulla stessa vi ho intrattenuto più volte.

Quindi non ritorno sulle malversazioni, sulle truffe, sulle schifezze, che hanno accompagnato questa misura che doveva “eliminare la povertà e trovare lavoro a tutti gli italiani” (ve li ricordate Luigi Di Maio ed  i Ministri 5Stelle affacciati sul balcone di Palazzo Chigi?), ma resto fermo nella mia idea  che il Reddito di cittadinanza non abbia assolutamente incentivato i percettori che potevano lavorare a farlo davvero, diventando così un diretto concorrente dei lavori meno retribuiti, o addirittura un’integrazione pubblica al salario in nero. 

Mi soffermo invece sulla posizione del Partito Democratico, in questa fase perfettamente allineato con Giuseppe Conte, in prima linea nel denunciare che il Governo di Centrodestra avrebbe “dichiarato la guerra ai poveri”.

Ma poiché, come accennavo, la Rete non dimentica, mi è bastato qualche clic per ripercorrere come si è mosso su questo tema il Pd.

Bisogna tornare necessariamente al luglio 2016 quando il Partito Democratico, il Governo era allora guidato da un arrembante Matteo Renzi, si trovò in Parlamento a proporre e votare la legge delega per il contrasto alla povertà, che istituiva il Rei (Reddito di Inclusione).

Nella sua dichiarazione di voto finale la deputata Pd Donata Lenzi poteva del tutto legittimamente usare toni vittoriosi esclamando: “E’ la prima volta in assoluto che le risorse stanziate per la lotta alla povertà ammontano a 1 miliardo di euro l’anno”

Diceva la verità l’on. Lenzi, perché dopo anni e anni chiacchiere, e di poche centinaia di milioni stanziati, Renzi mise sul tavolo appunto 1 miliardo, che alla partenza effettiva del Rei (1° gennaio 2018) salirà a due miliardi. 

Allora il Movimento 5 Stelle, che stava all’opposizione, pur manifestando in Parlamento la propria contrarietà alla legge sul Rei, non votò contro, e scelse di astenersi.

Quindi, pur avendo l’interesse politico a votare contro il Governo Renzi, i grillini scelsero  responsabilmente di non bloccare la legge istitutiva del Rei, considerando che era la prima volta che si iniziava a fare qualcosa di concreto contro la povertà.

Nel febbraio 2019 il mondo era cambiato, con Renzi a casa, ed il nuovo Governo Conte 1  pienamente in sella. 

Conte e la nuova maggioranza (c’erano Salvini  e la Lega eh!) misero sul piatto il Reddito di Cittadinanza,  prevedendo 7,1 miliardi nel 2019, 8,055 miliardi nel 2020 e 8,317 miliardi dal 2021. 

Cifre che, anche al netto dei soldi che sono poi andati (per me inutilmente) per navigator e Centri per l’impiego, restarono comunque ben più alte (5,62 miliardi nel 2019, 7,123 miliardi nel 2020 e 7,355 miliardi nel 2021) di quelle sulle quali nel corso della sua breve vita  poté contare il Rei. 

Bene, contrariamente a quello che la logica avrebbe suggerito, il Partito Democratico votò contro il Reddito sia alla Camera che al Senato.

E’ chiaro che i nostri Demostene sono maestri nel trovare argomentazioni a sostegno delle loro tesi e delle loro scelte, e così sempre in Rete potete trovare che la motivazione principale del No era basata sulla valutazione che “povertà sociale e povertà di reddito vanno distinte: la povertà di reddito si combatte con l’occupazione, producendo lavoro, mentre la povertà sociale si combatte con la presa in carico. Sono due percorsi diversi” (guarda caso sono le stesse argomentazioni portate avanti dal Governo Meloni per razionalizzare il sussidio!).

Ma comunque la si guardi, agli atti resta il fatto che la sinistra votò contro il più grande sforzo mai intrapreso (almeno nei numeri) nella lotta alla povertà assoluta.

Vi risparmio le dichiarazioni di allora dei maggiorenti del Pd contro il Reddito, ma credetemi ci sono tutti, anche esponenti vicini all’attuale Segreteria.

Ma di fronte alle intemerate da “centro sociale” di Elly Schlein, capite che mi viene spontanea la domanda: “se il Pd nel 2019, al momento dell’introduzione del Reddito di Cittadinanza votò convintamente contro in Parlamento, per di più attaccando i grillini, cos’è cambiato da allora, visto che il sussidio è rimasto quello che l’attuale Governo sta sospendendo e  ridimensionando?

Purtroppo devo pensare che l’unica cosa che è cambiata per i Signori della gauche è che adesso, secondo la loro visione, al Governo ci sono i “fascisti”, per definizione nemici della povera gente.

E quindi via a protestare contro gli “affamatori del popolo”, via a chiedere il ripristino del Reddito di Cittadinanza, in piena sintonia con quel resta del Movimento 5 Stelle (ora chiaramente Partito di Conte) e con  la Cgil (anch’essa non  proprio favorevole al Reddito nel 2019).

Ora, come dicevo all’inizio, cambiare idea in politica è legittimo.

Ma spiegare compiutamente i motivi del cambiamento  è non solo doveroso, ma anche rispettoso dei cittadini.

E così Elly Schlein ed il Pd dovrebbero chiarire in modo convincente perché ora si stracciano le vesti denunciando la “guerra contro i poveri” intrapresa a loro dire dal Governo Meloni, mentre prima non solo votavano contro il Reddito di Cittadinanza, ma addirittura schernivano i grillini che ne avevano fatto una bandiera (anche elettorale in verità).

Senza questi chiarimenti, non me ne vogliano, ma quel che si percepisce è solo opportunismo politico.

E poiché non pensiate che ce l’abbia in via preconcetta con la sinistra, noto che anche Capitan Salvini ha avuto la sua “bella illuminazione sulla via di Damasco” quanto al Reddito di Cittadinanza.

E se adesso dichiara che: “E’ giusto che chi può lavorare non sia mantenuto dai cittadini”, dovrebbe almeno spiegare perché il Reddito lui e la Lega lo votarono senza distinguo nel 2019. 

Ma, come dicevo all’inizio, chiedere ai politici coerenza, e direi anche trasparenza, è solo tempo perso!

Umberto Baldo

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