Quella “grande ossessione” della sinistra per la patrimoniale
Umberto Baldo
Alcuni giorni fa Elly Schlein era ospite alla trasmissione In Onda su La7, ed i conduttori, dopo aver chiamato un cartello che esponeva i punti programmatici del Fronte Nazionale francese, le hanno chiesto su quali fosse d’accordo e su quali no.
Nel rispondere la Segretaria piddina si è soffermata anche sul tema fiscale, iniziando col dire: “Che il sistema fiscale debba essere più progressivo lo dice anche la nostra Costituzione ….”
Nulla di nuovo, se non che non ho potuto non chiedermi dove abbia studiato economia e diritto tributario la Schlein, visto che l’unica cosa che non si può dire è che il nostro sistema non sia progressivo, visto che, solo per l’Irpef, dal 23% si arriva all’aliquota del 43%, e se il 43% le sembra poco….
Il problema è che ho il sospetto che quando la sinistra parla di progressività, in realtà pensa ad un esproprio generalizzato degli italiani, perché quando si afferma che “è giusto che chi ha di più contribuisca in proporzione maggiore al benessere collettivo” indubbiamente si esprime un concetto giusto in astratto, ma la politica è un confronto costante con la realtà, e non inseguire sogni od utopie egualitarie.
E a tal riguardo quella per la patrimoniale è una vera e propria “ossessione” per la gauche.
Un’ossessione indivisibile, indissolubile, inseparabile, una ricetta che puntualmente viene rispolverata e tirata fuori dal cassetto, e che contiene proposte che guardano al passato.
Una sorta di nostalgia senza tempo.
Oltre tutto, avendo capito che si tratta di un tema che fa rizzare le orecchie agli italiani, questi Saint Just in salsa italica hanno imparato a non parlarne mai in maniera esplicita, preferendo termini come “progressività” e “redistribuzione”.
Chi mi conosce e mi legge da tempo sa bene che io non sono assolutamente contro le tasse, che considero la benzina per fare funzionare i servizi (sanità, scuola ecc.).
Quello che per me è inaccettabile è che questa sinistra non ammetta che il carico fiscale attuale grava per lo più su una minoranza degli italiani, che guarda caso sono quelli su cui vorrebbero far calare anche la scure della patrimoniale.
Cosa hanno fatto questi Signori nei decenni in cui hanno governato per colpire veramente l’evasione fiscale, costi quel che costi?
Nulla, o quasi nulla!
Perché è più facile lanciare slogan in televisione che mettersi giorno dopo giorno ad inseguire e punire chi si sottrae all’obbligo fiscale; è più facile lanciare anatemi contro i fantomatici ricchi (nella loro visione old communist) che fare pubblicamente i nomi delle categorie più renitenti al fisco, proponendo rimedi di contrasto concreti, e poi attuarli.
E questo è lo stesso motivo per cui non mi va bene neppure come si muove questa destra di Governo, fra categorie protette, flax tax ingiuste, condoni a go go (pardon “paci fiscali”), cancellazione del redditometro, calate di braghe di fronte alle categorie più a rischio di evasione che lo tengono in ostaggio, e da ultimo il “concordato preventivo biennale” che si sta già rivelando, come previsto, un colossale flop (perché si rivolge con le buone a gente che le tasse non le ha mai pagate, e non intende pagarle neanche nel futuro).
E poi si lamentano se qualcuno parla di Governo che tutela gli evasori!!!
Quello del fisco è uno dei pochi terreni, assieme alle riforme costituzionali ed alla legge elettorale, su cui a mio avviso è indispensabile un confronto ed un accordo fra maggioranze ed opposizioni, altrimenti fra una sparata degli uni, ed un’altra degli altri, a stappare lo champagne sono sempre gli evasori.
Sapete qual è il vero problema?
Che a gauche ognuno ha un’idea diversa di cosa sia un ricco.
Qualcuno pensa a patrimoni (complessivi di beni mobili e immobili eh) di qualche milione di euro, altri di un milione, altri arrivano addirittura arrivano a mezzo milione.
Capite bene che una vecchia pensionata al minimo che avesse avuto la fortuna, o la ventura, di ereditare una casa al centro di Roma o di Milano, verrebbe da questi Robespierre in sedicesimo automaticamente ascritta fra i nababbi da spogliare.
Guardate, considerare patrimoni importi da un milione di euro, magari comprendenti i risparmi di una vita (su cui si sono già pagate fior di tasse) come ricchezze da espropriare, riflette non solo una concezione punitiva della proprietà privata, ma soprattutto la vecchia concezione ideologica nei confronti della ricchezza, tanto cara alla sinistra.
D’altronde parliamo dell’ideologia che ha “regalato” al mondo campioni di giustizia proletaria come Pol Pot ed i Khmer Rossi.
Ma c’è anche il rifiuto di guardare alle esperienze di altri Paesi, che dimostrano che, ovunque applicata, la patrimoniale non ha mai funzionato (in Francia il gettito si è addirittura ridotto), visto che punisce indiscriminatamente proprio i ceti medi che sono storicamente i diretti intestatari dei beni posseduti, siano essi immobili o risparmi, mentre grazia i grandi possessori di ricchezze che le fanno espatriare per tempo o le tengono già al sicuro all’estero, ed è quindi l’esatto contrario del principio di solidarietà sociale che si dice di voler perseguire.
Guardate che sono il primo a dire che il tema dell’equità fiscale è una questione vera; ma non si affronta con misure ideologiche e demagogiche che colpirebbero chi nella vita ha risparmiato, e magari ha creato ricchezza e lavoro, facendo salvo chi invece ha solo fruito di bonus, magari evadendo il fisco, e nascondendosi dietro il magico “Isee”.
E non mi perderei tanto in inutili distinguo fra Partito e Partito a sinistra, visto che sembra che il Pd non provi alcun imbarazzo nel ricomprendere nel mitico “Campo largo” sia i 5Stelle, che quando governavano hanno scelto di coniugare lo statalismo d’antan alle utopie dei Redditi e dei Superbonus, sorta di pozzo di San Patrizio insostenibile per le casse pubbliche, che AVS che mitizza Ilaria Salis ed il suo sostegno all’occupazione delle case.
Viene da chiedersi se, finito l’effetto di una eventuale patrimoniale, che inevitabilmente finirebbe con un impoverimento generalizzato (perché, in assenza di vere riforme, la patrimoniale mette sì una pezza, ma, a breve, il buco si ripresenterebbe esattamente come prima, e hai voglia a svuotare una vasca se non aggiusti il rubinetto che perde) la mossa successiva non sarebbe andare ad occupare le case degli altri.
Parrebbe una follia il solo pensare ad un’eventualità del genere, ma con gente come Fratoianni che, ripeto, ha “santificato” un personaggio come Ilaria Salis non escluderei nulla.
Per concludere, c’è anche chi arriva ad affermare che “una patrimoniale servirebbe alla crescita” (sic!).
Nulla di più falso. Per fare crescere l’Italia servono altre cose che non massacrare i cittadini; sempre quelle, sempre le solite, che tutti sanno ma nessuno fa mai: ridurre consistentemente l’evasione, tagliare le unghie alla burocrazia, aumentare la produttività, e soprattutto tagliare la spesa pubblica.
Invece a gauche i laeder trovano da sempre uno dei pochi collanti nel mantra: tasse, tasse, tasse, tasse.
Per arrivare ovviamente alla sublimazione delle tasse; quella patrimoniale che rispolvera idee da Soviet, da comunismo rapace, da lotta ai Kulaki, e che riscalda i cuori di chi sogna da sempre che “anche i ricchi piangano” (solo che per loro i ricchi sono persone che guadagnano più di 35mila euro lordi l’anno, e purtroppo la pensano così anche a destra).
Vi confesso che quando vado a votare, essendo convinto che la questione fiscale sia la “questione delle questioni” nel rapporto Stato-cittadino, mi trovo sempre a mettere a raffronto le ricette dei due schieramenti contrapposti.
E fra l’amore sinistro della gauche per la patrimoniale, ed il lassismo della droite nei confronti dell’evasione, ogni volta mi viene voglia di fare dietro front e lasciar perdere.
Umberto Baldo