16 Aprile 2025 - 8.58

Ragazzi e ragazze sempre più violenti

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Scorrendo i giornali locali di lunedì c’era questo titolo “Padova, ragazzina aggredita dalle coetanee, poi è il caos.  Due vigili feriti nel parapiglia”.

Vi confesso che solitamente questo tipo di notizie da qualche tempo le salto a piè pari, da un lato perché ormai rappresentano la quotidianità di tutte le nostre città, ma soprattutto perché mi rendo che la nostra società ha imboccato una china che francamente non promette sbocchi positivi.

Solo per non lasciarvi con la curiosità, se per caso non l’aveste letta, tutto è accaduto in Piazza dei Signori (pieno centro cittadino) verso le 22, quando una ragazzina è stata aggredita con calci e pugni da due coetanee, mentre altri adolescenti, forse una baby gang, hanno tentato di rubare il portafoglio alla vittima del pestaggio.

Il seguito è quello di sempre: auto dei Vigili urbani, della Polizia di Stato, dei Carabinieri, agenti delle forze dell’ordine che tentano di riportare l’ordine, una studentessa che colpisce e ferisce una poliziotta ed un suo collega, violenti che scappano, qualche identificazione.

Come vi dicevo, nulla di più di quello che abitualmente leggiamo relativamente ad un’altra zona calda della movida padovana, il Portello, e ad altre infinite realtà del nostro Belpaese.

Tanto frequenti che ormai ci siamo quasi assuefatti, e al di là del solito commento tipo “è ora di finirla” non andiamo, in attesa dell’episodio successivo. 

Ma io credo sia arrivato il momento di una presa di coscienza collettiva del problema.

Perché non possiamo considerare “normale” che in una ordinaria serata in una Piazza padovana (ma vale per qualsiasi altra piazza italica) ci siano centinaia di ragazzini, e sottolineo ragazzini appena adolescenti, sotto l’effetto dell’alcol, che si aggrediscono per rubarsi il telefono o la collanina, o per uno sguardo sgradito ad una ragazza, e poi tentano di colpire anche gli agenti della Forza pubblica.

Mi ha colpito quanto dichiarato dell’assessore alla Sicurezza: “…Ai miei tempi, se  vedevo una divisa, avevo timore”.   Qui mi pare che ci sia lo sprezzo per le Forze dell’Ordine. Una mancanza di regole che sono quelle di base per poter vivere in una comunità. Ma quello che non riesco a digerire è che tutti i giovani presenti abbiano ripreso la scena con il telefonino, invece di aiutare le Forze dell’Ordine per far finire questa follia. Il mio plauso va a quei due ragazzi che dal video sembra si siano adoperati ad aiutare i vigili. Gli altri direi sono responsabili a pari merito. Mi auguro che ci siano provvedimenti esemplari perché solo così si abbatte lo spirito emulativo”.

Eccoci qua: al solito questi fatti si chiudono con questi titoli “Notte folle, servono pene esemplari”.

Ma quali pene esemplari, se queste restano sempre ben scritte nelle pagine dei codici, e mai di fatto veramente applicate senza pietismi o sconti!

Non aspettatevi da parte mia approfondite analisi sociologiche su questi fenomeni che coinvolgono sempre più le nuove generazioni, se non per sorridere in faccia agli “studiosi” che li ascrivono al Covid.

“Ma mi faccia il piacere….” direbbe Tòtò, e lo direbbe a ragione, perché di questo passo il Covid diventa responsabile di tutti i mali dell’umanità, forse comprese le guerre in corso, e la crisi dei dazi.

Troppo facile, troppo autoassolutorio, troppo banale!

Il problema sta tutto nel fatto che assistiamo ad un imbarbarimento complessivo e progressivo dei rapporti sociali, che interessa tutti i settori e tutte le classi di età.

Credo che al riguardo bastino le vere e proprie guerriglie urbane messe in atto dalle tifoserie delle squadre di calcio, con distruzioni, devastazioni, bombe carte, aggressione e violenze contro la Polizia. 

Eppure basterebbe fare seguire alle violenze una serie di partite a porte chiuse, e nella peggiore delle ipotesi ritirare le squadre dalle competizioni internazionali.

Ma questa Italia dei Quaquaraquà non è certo l’Inghilterra di Margaret Thatcher; di politici di quella qualità e di quella fermezza da noi non se ne vende neanche l’ombra, e soprattutto non ne vogliamo (meglio i mediocri che parlano parlano e non decidono mai nulla!). 

Ma la violenza diventa inaccettabile, ed il fenomeno più visibile e più dirompente, quando coinvolge i più giovani, che sono sicuramente i meno attrezzati per cultura ed esperienza di vita.

E c’è un aspetto particolare di questo andazzo che a mio avviso dovrebbe destare le preoccupazioni di tutti; il fatto che ormai chi gira senza almeno un coltello in tasca nella giungla urbana si senta un signor nessuno.

A tal proposito ricordo di aver letto anni fa un articolo in cui il cronista riferiva che nei Balcani un uomo non è tale se non ha un coltello in tasca, e così nello Yemen se non ha un kalashnikov a tracolla.

Bene, oggi le nostre città ed i nostri paesi si sono “balcanizzati”, con i giovanissimi, ma talvolta anche gli adulti, che usano il coltello con la stessa disinvoltura con cui maneggiano lo smartphone. 

Gli ultimi casi di cronaca nera, che non vi ricordo per carità di patria, lo testimoniano; le lame spuntano sempre e ovunque, anche in scontri fra piccole bande di quartiere.

E stupisce l’arroganza con cui ormai qualche bullo di periferia affronta le forze dell’ordine, quasi irridendole: “Il coltello? Ci taglio la frutta…” ha risposto uno al militare che gli chiedeva conto dell’arma bianca.

Sembra che l’uscire di casa con una lama in tasca, in certi contesti, sia una sorta di rito di passaggio all’età adulta.

“Ce l’ho perché ce l’hanno tutti» si sentono dire gli educatori da ragazzini cresciuti troppo bruscamente. 

Ma i dati relativi al Nord, a prescindere dalla nazionalità dei giovani aggressori, sono preoccupanti, perché rivelano uno scenario che va deteriorandosi. 

Certo, sono pur sempre statistiche, ma non vanno sottovalutate.

Perché certificano come la repressione, da sola, non basti, visto che nemmeno la stretta del decreto Caivano, che prevede pene più dure per chi porta armi (fino a 4 anni di reclusione), sembra essere servita a molto. 

“Occorre mettere in campo efficaci strategie di prevenzione, soprattutto in certe periferie desolate dove mancano lavoro e spazi sociali”, si suggerisce dai cosiddetti “esperti”.

E’ evidente che la Politica su questo tema non sa dove mettere le mani, e procede a tentoni. 

Secondo gli analisti della polizia dietro i comportamenti violenti dei giovanissimi, così come la scelta di aderire alle baby gang, ci sono «rapporti problematici con le famiglie, con i pari o con il sistema scolastico, difficoltà relazionali o di inclusione nel tessuto sociale e un contesto di disagio sociale o economico. Influente è anche l’uso dei social network come strumento per rafforzare le identità di gruppo e generare processi di emulazione o auto assolvimento. Va poi aggiunto il supporto della tecnologia e della condivisione; infatti, il ricercare la popolarità sui social rappresenta un’ulteriore sfida che fa sentire i giovani ancora più potenti”.

Mi sembra che di carne al fuoco ce ne sia tanta; domani continueremo a ragionarci su.

Umberto Baldo

VIACQUA

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