16 Novembre 2022 - 12.18

Ragazzo rifiutato da centro anti-violenza, MovimentiAMOci: , “Il centro è specializzato e rivolto alle donne”, “Si cerca di sminuire il vero problema: la violenza maschile”

Riceviamo e pubblichiamo una comunicazione di Emanuela Natoli, Presidente della Associazione #MovimentiAMOci Vicenza sull’episodio del ragazzo che ha subito violenza da un uomo conosciuto online e ‘rifiutato’ dal centro antiviolenza “Donna chiama Donna” di Vicenza.

“Apprendiamo -scrive- dalle varie testate nazionali e locali (Il Giornale di Vicenza, Il Corriere del Veneto, Il Mattino), la notizia di un ventenne che si è rivolto per un supporto psicologico al centro antiviolenza “Donna chiama Donna” di Vicenza, dopo aver subito un abuso da parte di un uomo conosciuto online. Comprendiamo, come donne, il dolore e il trauma subito da questo ragazzo, e manifestiamo a lui massima vicinanza… se è vero quello che ha raccontato. Lo diciamo provocatoriamente, perché questo è ciò che ci sentiamo dire sempre, da sempre, di fronte alle nostre denunce e richieste di aiuto.
E anche per correttezza nei suoi confronti, vorremmo condividere qui la nostra riflessione. Il cui punto chiave è la continua mancanza di focalizzazione sulla causa della violenza. Ossia il comportamento maschile. Articoli di giornale si sprecano di fronte alla violenza che un uomo ha subito da parte di un altro uomo, non per dire che la #violenzamaschile è il problema, ma per accusare il centro antiviolenza dedicato alle donne vittime di non averlo aiutato.
Ma il centro anti-violenza presso cui si è recato il ragazzo vittima di abuso, è appunto un centro specializzato rivolto alle donne, come previsto dalla legge regionale a contrasto della violenza, e le
strutture protette collegate possono accogliere solamente donne maggiorenni, vittime di abuso.
Ci sono motivi sacrosanti alla base di questa specializzazione dei servizi antiviolenza, e non permetteremo che vengano messi in discussione sfruttando utilitaristicamente la vicenda di un giovane uomo abusato. Il cui stupratore peraltro, così come tutti gli stupratori, potrà comodamente essere ascoltato in un CAM (centri per uomini maltrattanti, pagati coi nostri soldi) e ricevere le “cure necessarie”.
E’ una vicenda che richiede onestà e serietà, e invece il discorso mediatico si concentra sul mantra “il centro antiviolenza non ha accolto un povero ragazzo”. Invece di denunciare il reale problema, ossia la violenza maschile, i ‘giornalisti’ accusano in un sol coro il centro antiviolenza. Si continua a
fare propaganda invece di dire semplicemente che la violenza ha un genere, anzi un “sesso”, ed è maschile.

Noi non scriviamo per difendere nello specifico il centro antiviolenza in questione; spesso, infatti, abbiamo cercato di mettere in luce i limiti dell’attuale gestione delle nostre richieste di aiuto, soprattutto in quanto madri, da parte dei CAV.
Scriviamo perché siamo stanche di propagande ad hoc, che sminuiscono il problema della violenza maschile, lo cancellano e alla fine… sorpresa! E’ colpa nostra, che ci siamo volute prendere tutti i centri antiviolenza per noi.
Se vogliamo essere serie e oneste, dobbiamo dire che i servizi dedicati per le donne vittime di violenza maschile hanno delle peculiarità psico-socio-culturali e delle implicazioni politiche e sociali del tutto
specifiche. I nostri servizi e spazi dedicati sono un diritto ottenuto dalle donne con lotte e fatiche, proprio perché l’emergenza è la violenza maschile, che colpisce le donne nella stragrande maggioranza dei casi. E che riguarda rare volte anche gli stessi uomini, nel momento in cui vengono essi stessi ‘femminilizzati’.
Dietro alla violenza maschile c’è come sempre il modello misogino e patriarcale, che lucra e prospera
comodamente sulla pelle di noi donne e madri, mentre il femminismo liberale e la politica non ci tutelano.
Le donne di questo paese muoiono di violenza maschile, a qualsiasi età, in qualsiasi regione, indipendentemente dalle condizioni sociali: non muoiono perché confinate in sacche di disperazione socioculturale, muoiono di violenza maschile che è diffusa e radicata. Il violento è il maschio. Non
importa che sia ricco, povero, colto, ignorante, professionista o disoccupato. Il violento uccide, e le
donne muoiono abbandonate dallo Stato. I violenti ammazzano le donne davanti ai figli e ai nipoti, senza
pudore, perché sanno di vivere in una società per la quale le donne e i bambini sono funzionali ad un sistema violento e sessista. Una società ancora oggettivamente patriarcale, dove il potere maschile è garantito da leggi e cultura: la legge 54/2006, ad esempio, e le dottrine culturali della Pas e derivati.
Solo riconoscendo la radice patriarcale della violenza, e difendendo gli spazi di autonomia delle donne senza indugi, si fa qualcosa di concreto contro tutte le forme in cui quella violenza si esprime.

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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