Rapporto Città Clima 2023, il commento di Legambiente Veneto
Negli ultimi 14 anni sono 128 gli eventi estremi registrati in Veneto da Legambiente grazie al lavoro dell’osservatorio Città Clima. Nel 2023 sono stati 24, con un evidente aumento di piogge e grandinate intense, trombe d’aria e mareggiate lungo la costa. Per quanto riguarda il problema alluvioni, oggetto dell’approfondimento di questa edizione del rapporto Città Clima, emerge come anche in Veneto, fino ad oggi, si sia scelto di rispondere con la logica della “messa in sicurezza” per provare a difendere l’indifendibile, tra ripascimenti continui e interventi di rialzo degli argini, ragionando solamente in maniera idraulica con calcoli e tempi di ritorno delle piene. Interventi e calcoli ormai incongruenti con la crisi climatica che li sta spazzando via più velocemente di quanto si pensasse.
Segnaliamo per il Veneto due casi di segno opposto su cui occorre ragionare: l’idrovia Padova-Venezia e le casse di espansione sul Piave.
L’idrovia Padova-Venezia – opera che Legambiente continua a ritenere strategica per mitigare il rischio idrogeologico e che l’associazione chiede sia realizzata – è un caso complesso ed emblematico proprio del contesto di cambiamento climatico in atto, che ci sta facendo capire chiaramente quanto sia allo stesso modo necessario far defluire l’acqua in eccesso e conservarla il più possibile in caso di periodi di siccità intensa. Per questo Legambiente ritiene necessario proseguire il percorso di realizzazione dell’opera attualizzando la discussione, per codificare la sua urgenza quale opera della transizione ecologica, utile sia per l’adattamento climatico che per la mitigazione del rischio idrogeologico. Questo, tenendo in dovuta considerazione l’evoluzione delle condizioni generali del contesto e la necessità di avanzare concretamente con i lavori per realizzare il tratto più importante dell’opera dal punto di vista idraulico.
Le casse di espansione sul Piave sono al contrario un’opera che Legambiente considera inadatta a fronteggiare le criticità. Il progetto prevede escavazioni ed interventi su 555 ettari di golena del fiume con la costruzione di 13,3 km di muraglioni. Un’eccessiva “invasione del suolo” in un’area naturale di pregio, parte della rete natura 2000 e designata come zona speciale di conservazione (ZSC) di habitat selvatici. Legambiente sottolinea come il principio di base sia quello per cui la mitigazione del rischio idraulico è correttamente perseguita quando comporta anche il rispetto dei luoghi nei quali realizzare le opere di difesa e chiede che sia verificata da Regione Veneto e dall’Autorità distrettuale di Bacino delle Alpi Orientali la possibilità di intervenire prioritariamente con opere di rinaturazione del corso d’acqua, agendo su delocalizzazioni, desigillatura di suoli impermeabilizzati, rinaturazione delle aree alluvionali, non concedendo nuove edificazioni in aree prossime ai corsi d’acqua e fermando definitivamente l’asporto di materiale dall’alveo del fiume.
“Noi crediamo – ha commentato il presidente regionale di Legambiente Luigi Lazzaro – che una vera mitigazione del rischio idrogeologico si potrà ottenere solo integrando la restituzione dello spazio ai fiumi attraverso la rinaturazione delle aree alluvionali, azzerando il consumo di suolo e non concedendo spazio a nuove edificazioni che sigillano il territorio rendendolo impermeabile. Le opere di difesa passiva e di sfogo controllato, come canali scolmatori e vasche di laminazione, vanno realizzate, ma solo laddove necessario e inserendole sempre in una visione generale che affronti la criticità da risolvere nel contesto di una sempre più pressante crisi climatica.”.