Roberto Brazzale è uno dei “100 imprenditori più coraggiosi d’Italia”
“Ha avuto il coraggio di prendere una decisione difficile: portare la produzione dei suoi classici formaggi della tradizione italiana in Moravia, rinunciando al marchio Dop ma guadagnando in fatturato e raddoppiando dipendenti e indotto in Italia”. E’ con questa motivazione che la redazione di Capital ha assegnato a Roberto Brazzale, nel corso di una serata di gala all’Istituto dei Ciechi di Milano, il riconoscimento di “Imprenditore più coraggioso d’Italia”. Insieme a lui altri 99 capitani d’azienda premiati, le cui storie sono raccolte nel volume “Gli imprenditori più coraggiosi d’Italia”, curato dalla redazione di Capital e dedicato ai protagonisti più audaci del Made in Italy, in vendita nelle edicole da ieri. Tra i 100 “Imprenditori più coraggiosi d’Italia” i nomi di Alberto Bombassei (Brembo), Diana Bracco (Gruppo Bracco), Urbano Cairo (Rcs), Brunello Cucinelli (Brunello Cucinelli), Alberto Dalmasso (Satispay), Giovanni Rana (Pastificio Rana), Alessandro Garrone (ERG), Nerio Alessandri (Technogym), Stefano Beraldo (Ovs), Alessandro Benetton (21 Invest), Oscar Marchetto (Somec), Valentino Mercati (Aboca), Renzo Rosso (Diesel), Remo Ruffini (Monclair), Sandro Veronesi (Calzedonia).
“E’ un riconoscimento inatteso e prestigioso per ognuno dei nostri collaboratori, che ci accompagnano ogni giorno con entusiasmo nelle più avvincenti sfide”, commenta Roberto Brazzale, alla guida della più antica azienda lattiero casearia italiana.
Il premio agli imprenditori coraggiosi è stato diviso in cinque categorie: “I Davide contro Golia”, “Gli startupper”, “Gli innovatori”, “Da manager a imprenditori” e “I protagonisti del cambiamento”. Ed è proprio in quest’ultima categoria che è stato inserito Roberto Brazzale, insieme ad Alessandro Garrone (Erg) che ha portato a termine la trasformazione di Erg da società focalizzata sull’oil a big player delle rinnovabili, Stefano Beraldo (Ovs), Marina Berlusconi (Mondadori), i fratelli Cerea (Ristorante Da Vittorio), Alfonso Dolce (Dolce&Gabbana), Alessandro Benetton (21 Invest), Remo Ruffini (Moncler) e tanti altri, premiati “per aver sfidato lo status quo trasformando modelli di business consolidati, assumendosi il rischio di cambiare completamente pelle alle loro aziende”.
“Non conosco un imprenditore che non sia coraggioso, però ce ne sono alcuni che sono più coraggiosi di altri e quindi abbiamo pensato di premiarli”. E’ con queste parole che Paolo Panerai, editor in chief e ceo di Class Editori, ha spiegato le ragioni del premio aprendo la serata di presentazione del volume dedicato ai 100 Imprenditori più coraggiosi d’Italia.
La selezione dei 100 imprenditori è stata realizzata in collaborazione tra tutte le redazioni delle testate Class Editori, quali Milano Finanza, MF, Capital, Gentleman, Class, Patrimoni, Global Finance. Insieme hanno stilato la lista degli “Imprenditori più coraggiosi d’Italia”, definiti come coloro che hanno sfidato settori complessi dominati da gruppi multinazionali, chi partendo da zero, chi creando prodotti prima inesistenti e chi con la lucidità e l’audacia di cambiare i modelli di business tradizionali.
Il ritratto di Roberto Brazzale pubblicato nel volume “Gli imprenditori più coraggiosi d’Italia”
“Roberto Brazzale, avvocato di 60 anni, settima generazione della famiglia originaria dell’Altopiano di Asiago, guida assieme ai due fratelli la più antica azienda casearia d’Italia. Ha avuto il coraggio di prendere una decisione difficile: portare la produzione dei suoi classici formaggi della tradizione italiana in Moravia, rinunciando al marchio Dop ma guadagnando in fatturato (e raddoppiando impieghi e indotto in Italia). Un modello di business controcorrente che ora in molti vorrebbero imitare”.
Veneto per origini e cultura ma aperto al mondo, il vicentino Roberto Brazzale ha scelto nel Duemila di abbandonare l’etichetta di qualità Dop, così ambita da molti, e clonare lo stabilimento produttivo di formaggi della sua azienda di Zanè (Vicenza) in Repubblica Ceca, a quasi mille chilometri di distanza, dove, col marchio Gran Moravia, produce una gamma di specialità casearie della tradizione italiana. Si tratta di un unicum come modello di impresa e negli anni ha suscitato grande dibattito nella filiera agroalimentare italiana e ha messo in discussione il concetto corrente di made in Italy. «E’ stata una scelta coraggiosa ma ha dato i suoi frutti», spiega Brazzale, «perché se è vero che il valore dell’italian sounding nel mondo è salito a 120 miliardi di euro, significa che c’è un’enorme domanda che l’Italia non riesce a soddisfare perché non c’è abbastanza terra e materia prima, così noi siamo andati a cercarle entrambe, trovandole in Moravia». Un modo di intendere il business che non solo ha creato grandissima ricchezza al paese Italia, con un aumento dell’occupazione sul territorio, da 100 a 500 persone, ma ha offerto anche un modello da seguire. «I competitor avevano molti dubbi all’inizio, ma si devono ricredere, vista la qualità del nostro prodotto e il suo successo, con 30mila tonnellate di prodotto all’anno, un fatturato di 300 milioni di euro, un migliaio di dipendenti divisi equamente tra Italia e Repubblica Ceca, export in 70 Paesi nel mondo e 60 milioni di euro di investimenti solo negli ultimi anni».
La storia della famiglia Brazzale risale alla fine del ’700, quando gli odierni proprietari esercitavano il commercio del burro e dei formaggi tra le malghe asiaghesi e la pianura vicentina. Nel 1898 Giovanni Maria Brazzale scese in pianura a Zanè, vicino a Thiene, dove la famiglia acquistò una fattoria e realizzò il primo burrificio industriale subito dopo la Prima guerra mondiale. Oggi la proprietà e la gestione delle società sono nelle mani della settima generazione. «Anche questo è stato un passaggio generazionale coraggioso, che ha portato all’odierno assetto, con noi tre fratelli, Gian Battista, Piercristiano e il sottoscritto, tutti attivi in azienda con diversi ruoli e aree di gestione, e l’ottava generazione già in pista con ruoli di notevole importanza». L’ultima operazione coraggiosa è stata quella di creare il Burro Superiore Fratelli Brazzale, considerato dalla stessa azienda la Rolls Royce del burro. «In molti sostenevano che non aveva senso investire in un prodotto che viene trattato dai più come una commodity dove non conta la qualità, perché non saremmo riusciti a venderlo a un prezzo così alto da coprire i costi di produzione. Invece oggi è il burro più utilizzato da tutti i più grandi chef e i migliori maestri pasticceri, che lo adoperano per le loro creazioni, e rappresenta una riscoperta preziosa nel panorama agroalimentare italiano».