Rogo della stria a Recoaro Terme: perché si brucia la befana
di Anna Roscini
Il
2019 sta per volgere al termine e iniziano a farsi spazio i buoni
propositi per l’anno a venire. Tra desideri e speranze, il pensiero
va a tutte quelle cose che vorremmo migliorare o accogliere nell’anno
nuovo, con la certezza di volerne salutare altre, lasciandole al
passato. Di che cosa pensate di liberarvi nel 2020? Nel nord Italia,
e anche in alcuni dei nostri territori montani, si svolge una
tradizione molto particolare: ogni inizio anno, solitamente il giorno
prima dell’Epifania o proprio la sera del sei gennaio, si usa dare
fuoco a grandi cataste di legna e frasche a scopi propiziatori.
Questo rito arriva da molto lontano, si dice che gli stessi Celti,
proprio nello stesso periodo dell’anno, usassero bruciare un
fantoccio, che rappresentava appunto il passato, per ingraziarsi le
divinità. L’usanza sarebbe dunque legata, in qualche modo, ai
cicli stagionali dell’agricoltura: per il calendario popolare
gennaio è infatti un mese colmo di speranze e aspettative per il
raccolto futuro. Una cosa è certa: dalle faville che si
sprigionavano, si usava trarre gli auspici per l’anno nuovo a
seconda della direzione che avrebbe preso il fumo. Questo non è
cambiato e, anche oggi, al vento che soffia da sud-ovest si
attribuisce la capacità di portare pioggia e rendere i campi
fertili, mentre si pensa che il vento che viene da nord-est sia
presagio di aridità e scarse coltivazioni. La catasta di legno
prende le sembianze di una vecchia che viene bruciata: la befana al
rogo sta a simboleggiare ancora l’anno passato, pronto per essere
bruciato e per rinascere come nuovo. Secondo alcuni, l’aspetto di
anziana trasandata e vestita di stracci sarebbe da collegare proprio
alla natura spoglia e all’anno ormai “consumato”, così come
le sue vesti.
Anche i romani, tra la fine dell’anno solare e
la dodicesima notte dopo il solstizio d’inverno, adottarono questo
rito per celebrare la morte e la rinascita della natura attraverso
Madre Natura. Durante queste dodici notti, si credeva che proprio
delle figure
femminili volassero sopra i campi coltivati, così da favorirne la
fertilità e portare un anno di abbondanza. Figure volanti che
senz’altro ci ricordano quella vecchietta che su una scopa “vien
di notte con le scarpe tutte rotte col vestito alla romana” nelle
nostre case.
Il
falò della befana a Recoaro Terme
Nel
piazzale della cabinovia di Recoaro Terme, la sera di lunedì sei
gennaio si svolgerà il tradizionale “rogo della stria”. Per la
festa saranno allestiti dei mercatini e degli stand gastronomici con
prodotti tipici. Non solo, domenica cinque gennaio, intorno alle
20:00, si terranno diversi falò, organizzati dalla comunità locale,
nelle contrade di Zulpo, San Bernardo, Malga Lora, Pianalto,
Merendaore. I riti propiziatori saranno accompagnati da canti, balli
e vin brulè.
Una
tradizione antica
Alcuni
detti popolari ci ricordano che questo suggestivo rito illumina la
nostra regione da molto tempo:
- Xughi de tosati, xogolieri, magnafogo, strighe e folletti. Na gran festa nel core de l’inverno par bruxare chel che resta del vecio e xercare de intuire come che ‘ndarà a nova stajon, sopratuto quea agricoea. Vardando e faive che core verso a luna, ma che e se stua poco dopo sofegae dal gran fredo. Na seebraxion pagana che se pol trovare in tuti i paeseti del nostro Veneto.
Giochi di bimbi, giocolieri, mangiafuoco ed infine si brucia un grande falò che rappresenta la vecchia, la strega, l’anno vecchio da dimenticare per trarre gli auspici del nuovo anno leggendo le folate di fuoco e le faville che volano verso la luna. Una festa che risale alla pagana notte dei tempi, diffusa in tutti i paesi del Veneto.
- Fuive verso sera poenta pien caliera. Fuive verso matina poenta molesina. Fuive a meodì poenta tre olte al dì. Fun a bassa poenta pien cassa.
Faville verso ovest calderone pieno di polenta. Faville verso est polenta molliccia. Faville verso sud polenta tre volte al giorno. Fumo verso sud cassa piena di polenta.