20 Dicembre 2019 - 9.35

Rogo della stria a Recoaro Terme: perché si brucia la befana

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di Anna Roscini

Il 2019 sta per volgere al termine e iniziano a farsi spazio i buoni propositi per l’anno a venire. Tra desideri e speranze, il pensiero va a tutte quelle cose che vorremmo migliorare o accogliere nell’anno nuovo, con la certezza di volerne salutare altre, lasciandole al passato. Di che cosa pensate di liberarvi nel 2020? Nel nord Italia, e anche in alcuni dei nostri territori montani, si svolge una tradizione molto particolare: ogni inizio anno, solitamente il giorno prima dell’Epifania o proprio la sera del sei gennaio, si usa dare fuoco a grandi cataste di legna e frasche a scopi propiziatori. Questo rito arriva da molto lontano, si dice che gli stessi Celti, proprio nello stesso periodo dell’anno, usassero bruciare un fantoccio, che rappresentava appunto il passato, per ingraziarsi le divinità. L’usanza sarebbe dunque legata, in qualche modo, ai cicli stagionali dell’agricoltura: per il calendario popolare gennaio è infatti un mese colmo di speranze e aspettative per il raccolto futuro. Una cosa è certa: dalle faville che si sprigionavano, si usava trarre gli auspici per l’anno nuovo a seconda della direzione che avrebbe preso il fumo. Questo non è cambiato e, anche oggi, al vento che soffia da sud-ovest si attribuisce la capacità di portare pioggia e rendere i campi fertili, mentre si pensa che il vento che viene da nord-est sia presagio di aridità e scarse coltivazioni. La catasta di legno prende le sembianze di una vecchia che viene bruciata: la befana al rogo sta a simboleggiare ancora l’anno passato, pronto per essere bruciato e per rinascere come nuovo. Secondo alcuni, l’aspetto di anziana trasandata e vestita di stracci sarebbe da collegare proprio alla natura spoglia e all’anno ormai “consumato”, così come le sue vesti.
Anche i romani, tra la fine dell’anno solare e la dodicesima notte dopo il solstizio d’inverno, adottarono questo rito per celebrare la morte e la rinascita della natura attraverso Madre Natura. Durante queste dodici notti, si credeva che proprio delle figure femminili volassero sopra i campi coltivati, così da favorirne la fertilità e portare un anno di abbondanza. Figure volanti che senz’altro ci ricordano quella vecchietta che su una scopa “vien di notte con le scarpe tutte rotte col vestito alla romana” nelle nostre case.

Il falò della befana a Recoaro Terme
Nel piazzale della cabinovia di Recoaro Terme, la sera di lunedì sei gennaio si svolgerà il tradizionale “rogo della stria”. Per la festa saranno allestiti dei mercatini e degli stand gastronomici con prodotti tipici. Non solo, domenica cinque gennaio, intorno alle 20:00, si terranno diversi falò, organizzati dalla comunità locale, nelle contrade di Zulpo, San Bernardo, Malga Lora, Pianalto, Merendaore. I riti propiziatori saranno accompagnati da canti, balli e vin brulè.

Una tradizione antica
Alcuni detti popolari ci ricordano che questo suggestivo rito illumina la nostra regione da molto tempo:

  • Xughi de tosati, xogolieri, magnafogo, strighe e folletti. Na gran festa nel core de l’inverno par bruxare chel che resta del vecio e xercare de intuire come che ‘ndarà a nova stajon, sopratuto quea agricoea. Vardando e faive che core verso a luna, ma che e se stua poco dopo sofegae dal gran fredo. Na seebraxion pagana che se pol trovare in tuti i paeseti del nostro Veneto.

Giochi di bimbi, giocolieri, mangiafuoco ed infine si brucia un grande falò che rappresenta la vecchia, la strega, l’anno vecchio da dimenticare per trarre gli auspici del nuovo anno leggendo le folate di fuoco e le faville che volano verso la luna. Una festa che risale alla pagana notte dei tempi, diffusa in tutti i paesi del Veneto.

  • Fuive verso sera poenta pien caliera. Fuive verso matina poenta molesina. Fuive a meodì poenta tre olte al dì. Fun a bassa poenta pien cassa.

Faville verso ovest calderone pieno di polenta. Faville verso est polenta molliccia. Faville verso sud polenta tre volte al giorno. Fumo verso sud cassa piena di polenta.

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