SANREMO 2023 – I voti ai cantanti in gara, dai vicentini Madame e Gianmaria a Rosa Chemical, passando per gli evergreen Cugini di Campagna
di Alessandro Cammarano
È partito! Il Festival di Sanremo è tornato in tutto il suo splendore e ci terrà compagnia fino a sabato, o meglio fino alle prime ore della domenica quando il Paese vedrà la sua trepidante attesa sciogliersi alla proclamazione del vincitore che, salvo non decida di picchiare un orchestrale o bere mescal in diretta, dovrebbe essere Marco Mengoni.
Nei primi tre giorni non ci siamo fatti mancare nulla: dalla lezione sulla Costituzione tenuta dal Professor Benigni alle pedate alle rose – in una “performance” un po’ preparata e un po’ no – da parte del Blanco Furioso, irritato dal guasto agli auricolari e che alla fine si è giustificato con un ingiustificabile “non potendo cantare mi sono divertito lo stesso”, il tutto con strascichi polemici tra “spontaneisti” e “tavolinisti”.
Su tutto la meravigliosa, inarrivabile spontaneità di Gianni Morandi che non è un “eterno ragazzo” ma un fantastico signore che si gode con grazia ognuno dei suoi settantotto anni e si diverte a dare lezioni di canto – in compagnia del colleghi-rivali Al Bano e Massimo Ranieri – ai pischelli in gara.
C’è Chiara Ferragni che fa sé stessa e la fa benissimo e c’è Drusilla Foer che insieme all’ italo-iraniana Pegah Moshir Pour recita una preghiera laica a stigmatizzare gli orrori del regime di Tehran: uno dei momenti più alti di sempre al Festival. Ci sono anche Francesca Fagnani che ha ironia e classe da vendere e pure Paola Egonu non è niente male.
E poi ci sono le canzoni, ventotto, una caterva capace di accontentare qualsiasi gusto e allo stesso tempo di accendere gli animi degli spettatori naturalmente divisi in fazioni, clan e ghenghe varie; il tutto fortunatamente diviso in due serate da quattordici, anche se ieri sera abbiamo risentito – e per le pagelle ce n’era bisogno perché nulla è peggio di un giudizio affrettato – tutti gli artisti in gara.
Ovviamente le pagelle non possono essere politicamente corrette, sennò che pagelle sarebbero?
Noi scegliamo di seguire l’ordine di apparizione delle prime due serate: e allora pronti? Via!
Anna Oxa, ovvero una Patty Pravo che ce l’ha quasi fatta, assomiglia una fattucchiera e di conseguenza il testo del suo pezzo “Sali” sembra ispirarsi alle formule di un trattato di alchimia tanto è incomprensibile. Voto 4,5 (i suoi fan irriducibili mi verranno a cercare)
Gianmaria, secondo classificato a XFactor 2021, presenta “Mostro” e complessivamente convince anche perché quello che canta lo sente davvero. E poi ha la faccia da bravo ragazzo che ne ha passate tante e suscita la giusta tenerezza. Voto 7
Mr Rain per la sua “Supereroi” si presenta con un coro di bimbi, alcuni anche con le alucce, a ricordarci che in scena “bambini e cani son roba da ruffiani”, però siccome canta anche lui come un bimbo e il motivo è di quelli che si attaccano si guadagna un posto niente male in classifica.
Voto 5,5 con raccomandazione di portare un cesto di gattini per la finale di sabato, non si sa mai.
Marco Mengoni: se non ci fosse bisognerebbe inventarlo e quando lo hanno fatto hanno buttato lo stampo. È fichissimo, l’occhio truccato da divo del muto, la voce corre, il carisma è forte. “Due vite” non è questo granché ma chi se ne importa: il vincitore è lui. Voto 8
Ariete, versione neomelodica di Madame, sceglie una canzone mononota, infatti il suo “Mare di guai” è una salmodia che tenta un guizzo nell’inciso per poi precipitate in un nulla parecchio noioso. Voto 4 perché oggi c’è il sole.
Ultimo, dato in odore di podio, arriva con una canzone che è l’imitazione di una sua canzone, solo che “Alba” assomiglia più ad un tramonto. E poi non si può passare sopra all’intonazione, stritolandola, come un bulldozer. Voto 6 e si allontana anche la medaglia di legno.
Coma_Cose hanno fatto anche cose buone – e poi si sa che l’Indie piace a quelli che se ne intendono – ma quest’anno con “L’addio” avete combinato un gran bel pasticcio. Peccato. Voto 3,5.
Elodie: è l’equivalente femminile di Mengoni e le si perdona pure la razzia di cappelli da bersagliere perpetrata al fine di realizzare il suo vestito della prima serata. “Due” non sarà perfetta ma “acchiappa” parecchio e lei sul palcoscenico è una bomba. Voto 7,5.
Leo Gassmann: è figlio e nipote d’arte e si vede: empatico e timido allo stesso tempo, oltre che bello come il sole. “Terzo cuore” è un filino scipita ma con una nuova produzione potrebbe diventare una delle hit della prossima estate. Voto 7.
Cugini di Campagna: come si fa a non amarli? Vestiti come i Rockets, zatteroni e capelli di colori improbabili, però “Lettera 22” – scritta per loro da La rappresentante di lista – è gradevolmente orecchiabile e poi onore al fatto di non aver voluto riproporre il loro storico falsetto. Voto 7,5.
Gianluca Grignani. Una sola domanda: “perché?”. Che senso ha rimettersi in gioco quando non si ha oggettivamente più nulla da dire? Il titolo del brano “Quando ti manca il fiato” è tristemente profetico. Voto 3,5, con grande dispiacere.
Olly: arriva con la giacca del Palermo e uno tsunami di autotune, però ha una erre moscia che lo rende simpatico e con “Polvere” ti ritrovi a battere il tempo col piede. Voto 6,5.
Colla zio: per la serie “ci piacerebbe essere i figli dello Stato Sociale e dei Pinguini Tattici Nucleari” è invece sono un banda di nerd in versione oversize-look catapultati dagli anni Novanta a Sanremo. “Non mi va” è una robettina noiosa. Voto 3,5 (come Grignani).
Mara Sattei: con la complicità di Damiano David presenta un pezzo, “Duemilaminuti” che più sanremese non si può; però anche basta con ste lagne. Voto 6 perché in fondo vogliamo bene a Damiano.
Will: ma di Sangiovanni non ce n’era già uno? Serviva anche il cuginetto? “Stupido” fa un po’ tenerezza ma soprattutto un po’ rabbia. Voto 2,5, per incoraggiamento.
Modà: sì, va bene, sono prevenuto, però pure loro non è che per la rentrée ci si siano messi d’impegno. Uno dei gruppi più costruiti di sempre si presenta con “Lasciami”, che potrebbe essere uscita da uno qualsiasi dei loro album precedenti; e non è un complimento. Voto 5.
SeThu: ma allora lo fate apposta a scegliere i titoli! “Cause perse” è esattamente lo spirito della canzone, che tra l’altro sembra “I’ll be there for you” dei The Rembrandts nella versione a 78 giri. La tristezza. Voto 5.
Articolo 31: due anziani rapper che decidono di fare un omaggio agli 883. Meglio chiuderla con un “imbarazzanti” e morta lì. Voto 1,5.
Lazza: si diverte un botto e fa divertire il pubblico. “Cenere” è spiritosa, con belle ritmiche, orecchiabile il giusto. Più l’ascolti e più ti convince. Voto 7,5 (e mi piacerebbe fra i primi tre).
Giorgia: è una di quelle secchione che però il compito in classe te lo passano. Brava, sa cantare come poche, ogni parola ha senso e “Parole non dette” le sta a pennello ma è veramente brutta. Peccato poin per il costante difetto d’intonazione durante la prima esibizione. Voto 7.
Colapesce e Dimartino: bravi bravi bravi. “Splash” ti si attacca addosso e non ti lascia più; il tormentone sanremese nella sua accezione più fulgida e poi il testo è bello. Che gli anni Settanta siano con noi e con noi restino. 7/8.
Shari: “Egoista” è la palingenesi del birignao autocompiaciuto e il vestito da Mrs Tarzan non aiuta. Una melopea infinita e noiosissima. Voto 2 (sempre perché c’è il sole).
Madame: universalmente osannata per me resta uno dei misteri più incomprensibili del panorama musicale italiano. “Il bene nel Male” presenta l’ennesimo testo pseudoimpegnato condito dall’immancabile serialità della musica (vedi Mamammmarea) che fa “colto”. C’è da dire che stavolta la produzione è astutamente piaciona e dunque troverà moltissimo favore. Voto 5 e probabile approdo a un piazzamento d’onore.
Levante: la trasformazione in Morticia versione bionda non aiuta, però “Vivo” non è mal pensata, comunque meglio di “Sei un pezzo di me”, ma ci voleva poco. Voto 5/6
Tananai: non so perché ma mi è simpatico, forse anche perché lo scorso anno era arrivato ultimo. “Tango”, che racconta del pallone e non della danza, è paracula quanto basta e lui fa l’occhio da pesce sia ai giovani che ai più attempati. Scelta furba e, a guardare la classifica provvisoria, premiante. Voto 7.
Rosa Chemical: è la versione molto più simpatica e soprattutto assai meno costruita di Achille Lauro. Di “Made in Italy” funziona assai più il testo che lo swingettino easy e la dedica “a chi almeno una volta nella vita si è sentito sbagliato e invece era solo diverso” ci sta tutta. Voto 8.
LDA: l’acronimo di Lagna Da Addormentarsi? Uno strazio a notte fonda. Voto 1,5.
Paola e Chiara: quando il cheap si nobilita. Le due sorelle ci fanno sapere di essere in vita e lo fanno, tutte fasciate di alluminio, con “Furore”, una canzoncina che ti fa ripiombare negli anni Novanta attraverso un loop spazio-temporale. Chapeu per essersi rimesse in gioco. Voto 5,5.
Poi sono arrivati i Måneskin e si sono mangiati chiunque. Amen
Alessandro Cammarano