2 Febbraio 2023 - 16.30

Sanremo: ha già rotto prima di iniziare

di Alessandro Cammarano

Tremate! Tremate! Il Festival di Sanremo, croce e delizia delle genti italiche, è alle porte – prenderà il via il prossimo 7 febbraio e si dilungherà fino all’11 – ma sono settimane che la kermesse rivierasca infiamma i social e manda di traverso più di una brioche con cappuccino durante la colazione al bar.

La settantatreesima edizione, più di quelle di anni passati, si preannuncia ricca di spunti atti a suscitare polveroni inauditi e perfettissimi a far dimenticare, almeno per quattro sere, i prezzi dei carburanti, l’inflazione imbizzarrita e una serie di altre magagne che affliggono lo Stivale.

Per la direzione artistica e conseguente conduzione ci si affida ancora una volta – visti anche gli ascolti altissimi che ha totalizzato nelle edizioni passate sotto la sua guida – ad Amadeus, usato sicuro di buon livello, affiancato da Paola Egonu e Chiara Francini, ma anche dalla giornalista Francesca Fagnani, e soprattutto da Gianni Morandi, capace di raccogliere nelle sue manone almeno quattro generazioni di spettatori.

Ovviamente lamentele a gogò del tipo “ma cosa c’entra la Egonu con la canzone?” e conseguenti lenzuolate di post pro o contro.

Il filo conduttore sembra essere, quest’anno più che in altre occasioni, la riesumazione intesa come ripescaggio di alcuni personaggi direttamente dalla cripta di Zio Tibia o, per i più fortunati, dal Museo delle Cere di Madame Tussaud ma – tanto per rinfrescare un po’ l’aria di formaldeide che aleggerà implacabilmente all’Ariston – insieme a loro una nutrita schiera di “Campioni” sconosciuti ai più.

In gara, direttamente da “Zombie Holocaust” i Cugini di campagna per la serie “ed è subito 1972” cui fanno degno contraltare i redivivi Modà e Giorgia – che però è una di quelle brave – e, rinvenuta in chissà quale necropoli neolitica anche Anna Oxa dalla quale, artrite permettendo, ci si aspetta una performance di livello almeno per quanto attiene al look.

Attendiamo con ansia le riunite Paola & Chiara, per un tuffo carpiato negli anni Novanta

Torna, questa volta in gara, anche Gianluca Grignani – talento immenso gettato alle ortiche – con la speranza che sappia esattamente dove si trova e non pisci in una delle corbeilles di rose poste a decorare il palcoscenico scambiandola per un vespasiano.

Nella categoria “figli d’arte” troveremo Leo Gassmann, che è tanto educato e non è cosa da poco mentre nutritissima e la schiera degli sconosciuti – in realtà notissimi su YouTube – tra cui si annoverano tra gli altri nomi del calibro Olly, Sethu e Will.

Qualche nome buono c’è: oltre alla succitata Giorgia si esibirà – dopo un tour trionfale – Marco Mengoni, vincitore “in pectore”, e Ultimo, l’altro re indiscusso delle arene estive, ma pure Coma_Cose e il delizioso Tananai arrivato in fondo alla classifica lo scorso anno.

Ci sarà anche Madame, sulla quale nelle settimane passate si sono concentrate le polemiche da bar ma anche la Magistratura, e gli orecchiabili Colapesce e Dimartino da cui ci si attende un gradevole tormentone estivo.

Un discorso a parte merita il parco ospiti, divisi tra “normali e “super”, come la benzina di una volta, ma, si sa, Sanremo è geneticamente antico.

Nella categoria super gli inossidabili Black Eyed Peas ma soprattuto i Måneskin, capaci di turbare i sonni – e in alcuni casi i sogni – del Moige e dei vari benpensanti di turno: non vedo l’ora.

Per gli ospiti standard si è deciso di pescare direttamente in strutture del tipo Villa Arzilla o Gli Anni d’Oro, ovvero in eleganti case di riposo.

E allora vai con Gino Paoli, classe 1934, Peppino di Capri che è del 1939, Massimo Ranieri che di anni ne ha solo settantuno e in confronto agli altri due è un bimbo.

Imperdibile la “reunion” dei Pooh: ed è subito azoto.

A contorno delle canzoni, che già da sole ci mettono del loro, l’immancabile versante “impegnato” che, ad onor del vero, negli anni passati ha regalato al pubblico anche dei gran bei momenti.

Certo, il più delle volte si tratta di “pipponi” spesso decontestualizzati, ma quando si parla di violenza di genere o di bullismo allora è doveroso fermarsi ed ascoltare.

Quest’anno la polemica è tutta – e non avrebbe potuto essere altrimenti – sull’intervento del presidente ucraino Volodimir Zelensky.

In altre occasioni anche di maggior rilevo internazionale, si pensi a Golden Globe ad esempio, Zelensky ha parlato senza che nessuno se ne stupisse, ma da noi – da sempre divisi tra Guelfi e Ghibellini, Piagnoni e Palleschi, Capuleti e Montecchi – la cosa ha assunto caratteri al limite del grottesco.

Ecco dunque levate di scudi, appelli firmati da “intellettuali” contro l’apparizione di Zelensky con conseguente strascico di polemiche.

Staremo a vedere e intanto ritorna in mente quel capolavoro sanremese che è “La terra dei cachi”, ma con le parole adattate all’occasione: “Zelensky sì, Zelensky no, Zelensky gnamme” e ricordatevi che Elio ha sempre ragione.

In chiusura vi do già il probabile podio: Mengoni, Giorgia, Ultimo. E adesso scatenate l’inferno.

Alessandro Cammarano

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