13 Gennaio 2025 - 9.40

Sfida fra i ghiacci.  Dalla “Guerra Fredda” alla “Guerra Gelida”

Umberto Baldo

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Per un conflitto che si chiude ce n’è subito un altro che si apre. Così va il mondo fin dalla notte dei tempi, e non c’è alcun motivo per credere che le cose cambieranno nell’immediato futuro.

Così prima o dopo si troverà un accrocchio (pace mi sembra obiettivamente una parola grossa) in Ucraina, ed anche in Medio Oriente, ma già da qualche tempo, oltre alla questione Taiwan, si sta definendo un nuovo terreno di confronto fra i grandi del mondo, il mare che circonda il Polo Nord.

La fine della Lega Artica, l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, le enormi risorse energetiche e minerali, le rotte navali tra i ghiacci che si sciolgono: la guerra oggi è in Ucraina, ma domani sarà lì.

Perché è lì, nell’estremo nord, che si deciderà chi comanda il mondo.

A questo punto vi invito caldamente, prima di proseguire nella lettura, ad osservare attentamente la carta geografica, perché solo così potete rendervi conto di cosa parliamo, e di quale sia la posta in gioco.

E potete così anche capire meglio l’”ossessione” di Donald Trump nei confronti della Groenlandia, e perché  rivendichi l’isola, i suoi ghiacci, i suoi 56mila abitanti, le sue risorse minerarie (petrolio, gas, oro, diamanti, uranio, zinco, piombo, molibdeno, terbio ecc.), e soprattutto la sua straordinaria posizione strategica (va segnalato che la Groenlandia ospita la Pituffik Space Base, già oggi essenziale per il sistema di difesa missilistico americano).

Ricordate che più ancora del petrolio o del gas (di cui gli Usa oggi sono i maggiori produttori al mondo) contano metalli come le terre rare, la grafite o il titanio, preziosi nella difesa oltre che nel clean-tech, per i quali anche Washington ha un alto grado di dipendenza dalla Cina.

Anche dopo l’era eroica degli esploratori, degli  Amundsen, dei Cook, dei Paeary, fino a qualche decennio fa l’Artico era un oceano quasi perennemente ghiacciato, abitato solo sulle coste meridionali della Groenlandia, con qualche avamposto militare; di fatto una zona geografica interessante soprattutto per la sua valenza scientifica.

Chi comandava?

Formalmente la Danimarca, ma di fatto nessuno!  

C’è sulla carta una “Lega Artica”, finalizzata alla cooperazione tra gli Stati che hanno territori nell’Artico, ed un Forum, il “Consiglio Artico”, composto da otto Stati membri: Canada, Danimarca (per la Groenlandia), Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti (nel Consiglio sono rappresentate anche le popolazioni indigene).

Interessante rilevare che sono presenti anche come “Membri osservatori permanenti”: Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Italia, Singapore, Svizzera,  nonché come “Osservatori permanenti non membri”: Francia, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Inghilterra, Spagna, Unione Europea. 

Inutile dire che dall’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina il Consiglio Artico è di fatto congelato. 

A rendere la zona sempre più una polveriera contribuisce soprattutto la geopolitica, che ha preso atto che con la mitigazione del clima, ed il progressivo ritiro della calotta artica, la fruibilità delle inesplorate risorse petrolifere, gasiere e minerarie, potrebbe crescere in maniera esponenziale. 

Inoltre, l’accrescimento nella durata e nella qualità della navigabilità del Mar glaciale artico potrebbe definitivamente aprire per lunghi periodi le rotte artiche, che attualmente rappresentano i passaggi transoceanici più rapidi per collegare i maggiori poli economici in Europa, Asia e America.

In altre parole un oceano Artico parzialmente libero dai ghiacci potrebbe avere per i collegamenti marittimi terrestri la stessa valenza, se non maggiore, di quella determinata a suo tempo dall’apertura dei canali di Suez e di Panama.

Ecco un ulteriore motivo di interesse per la Groenlandia, perché il riscaldamento climatico rende sempre più praticabile la navigazione su rotte che riducono drasticamente tempi e costi di trasporto, come il Passaggio a Nord Ovest, teatro di esplorazioni epiche, completato per la prima volta ai primi del Novecento dal norvegese Roald Amundsen ma non utilizzato a fini commerciali fino al 2013. 

Oggi su questa rotta, la più breve tra gli oceani Atlantico e Pacifico, si naviga da luglio a novembre, con un record di 24 viaggi completi nel 2023 (e 18 nel 2024), destinati quasi certamente a moltiplicarsi “grazie” al surriscaldamento globale. 

Il tratto che costeggia il Canada è oggetto di una disputa territoriale, con gli Usa che contestano la sovranità di Ottawa, rivendicando lo status di acque internazionali, che consentirebbe il passaggio (anche di navi militari) senza alcun controllo.

Capite bene, sempre guardando la cartina”, che quella che si prospetta come una “corsa all’Artico” (speriamo non guerra dell’Artico) deriva dal fatto che le otto nazioni che hanno le coste che affacciano su questo oceano sono propense a “nazionalizzare” i propri territori e le acque antistanti per uno sfruttamento “esclusivo”, mentre quelli che non affacciano sull’Artico propendono per un utilizzo condiviso a carattere internazionale.

Al riguardo della strategia artica penso che Trump sbaglierebbe ad indebolire la Nato, perché dopo l’adesione di Finlandia e Svezia, oggi sette delle otto nazioni artiche sono membri dell’Alleanza Atlantica (Nato Arctic 7); unica eccezione è la Russia che però ha dalla sua il controllo del 53% della costa artica. 

In un simile bailamme, in questa congerie di interessi economici e militari, come si stanno muovendo i principali attori?

Partendo dal Canada, l’Artico canadese copre più di 4,4 milioni di chilometri quadrati ed è quasi desertico, fatta eccezione per alcune comunità e porti (meno del 16% delle acque è stato adeguatamente censito).  L’orientamento dei canadesi sembra essere  quello di favorire e incrementare la cooperazione con Washington per rispondere alle minacce russe  e cinesi.

La Russia è lo Stato ad avere la più lunga   costa artica, e di conseguenza ha stabilito una presenza sia navale che nucleare nella regione sin dalla Guerra Fredda: nella penisola di Kola è di stanza la Flotta del nord,  il principale reparto navale della Marina russa, dotato di un grande numero di sottomarini, molti dei quali armati con testate nucleari. Lungo tutta la costa settentrionale e le isole, Mosca ha poi riattivato le basi dell’era sovietica e ne ha costruite di nuove, con aeroporti e stazioni radar.

La Cina, per evidenti ragioni geografiche (non ha alcun affaccio sull’Artico), in teoria non dovrebbe essere della partita, ma Pechino si è audacemente dichiarata “Stato quasi artico”(sic!), muovendosi in accordo con l’alleato russo.

Pechino si è inserita nel gioco grazie al “trattato delle Svalbard”  che, ponendo fine ad una lunga disputa, ha riconosciuto alla Norvegia   la sovranità sull’arcipelago, ma una sovranità soggetta ad una serie di restrizioni, che fanno sì ad esempio che tutti i Paesi firmatari possano  avviare attività commerciali in queste isole poste nel cuore dell’ artico.

Inizialmente, al momento della stipula il 9 febbraio 1920, i Paesi firmatari erano quattordici: Norvegia, Stati Uniti, Danimarca, Francia, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Gran Bretagna con i suoi Dominions (Australia, Canada, Nuova Zelanda, India, SudAfrica). 

A questi con gli anni, si sono aggiunti molti altri Stati, fino al numero attuale di quarantasei.

E’ evidente che l’aumento dell’interesse cinese nella zona sia fonte di disagio e preoccupazione tra gli Stati Artici, anche per i rischi di escalation della competizione geopolitica e della militarizzazione.

A questo punto credo sia chiaro che quello che una volta era il “Grande Nord” descritto da Jack London ed altri scrittori, quel romantico Grande Nord di “Zanna Bianca”, si sta trasformando in un’area su cui si scaricano le brame di potenza e di dominio dei Signori del mondo.

Ed è altrettanto chiaro che nell’immediato futuro, quando diremo “Artico”, questo nome non significherà solo clima e ambiente, ma anche deterrenza e confronto strategico.

Domani vedremo come problemi analoghi siano presenti anche in un’altra area del nord: quella del Mar Baltico.

Umberto Baldo

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