6 Novembre 2023 - 8.41

Si fa presto a dire “cambiamo la Costituzione”!

Sono pronto a scommettere che, solo dopo aver letto il titolo buona parte di voi ha già deciso di “tirare innanz”, passando magari ad una notizia di cronaca locale, o ad un argomento più “leggero”.

Ci sta, intendiamoci!

Di proposte di modifiche costituzionali sono decenni che se ne parla, e non è detto che “i patrioti” riescano dove altri prima di loro hanno miseramente fallito (l’ultimo Matteo Renzi, che con la bocciatura referendaria ha anche chiuso la sua carriera di Premier).

Ma cosa volete, vale sempre la regola secondo cui “anche se la politica non ti interessaè la politica che si interessa a te”, per cui a mio avviso la proposta di cambiare quella che, piaccia o non piaccia, resta la “legge fondamentale dello Stato” non può essere affrontata con un’alzata di spalle.

Venendo a noi, come ampiamente promesso in campagna elettorale, la premier Giorgia Meloni ed il suo Governo la settimana scorsa hanno presentato il loro progetto di riforma della Costituzione, magnificandolo come l’ “inizio delle Terza Repubblica”.

E che sia un “unicum” nel panorama mondiale è certo, visto che l’unico esperimento analogo fu fatto in Israele e durò appena  due elezioni (1996 e 1999), per poi essere abrogato. 

Ne sentiremo parlare a lungo, anche perché il sistema di revisione previsto dalla Costituzione vigente prevede un percorso lungo (doppia lettura) e piuttosto laborioso.

Ma al di là dei tempi e delle insidie correlate, credo sia utile avere qualche indicazione di massima, tanto per capire quello di cui parlano ampiamente giornali, televisioni e social media, e discetta il fior fiore dei costituzionalisti italiani. 

Vediamo allora in estrema sintesi quali sono le proposte.

Avrete certamente visto dai titoli che tutto gira attorno alla parola “Premierato”, che vuole indicare semplicemente l’elezione diretta del Capo del Governo da parte degli elettori (un po’ come avviene da anni con i Sindaci, e non a caso Renzi quando propose la sua riforma parlò appunto di “Sindaco d’Italia”).

Ho già avuto modo di scrivere sul tema l’8 agosto 2022  in un pezzo dal titolo “Cos’è il Presidenzialismo caldeggiato dalla Meloni?, nel quale spiegavo  le esperienza di altri Paesi (Francia, Usa),  e al quale vi rimando se volete avere una base di partenza più approfondita (https://www.tviweb.it/cose-il-presidenzialismo-caldeggiato-dalla-meloni/).

Sia chiaro che io non soffro  della “sindrome del tiranno” che ha accompagnato ogni tentativo di riforma costituzionale, e che non considero, come è comune alla retorica della sinistra, la nostra come “la Costituzione più bella del mondo”.

La nostra Carta  è ormai vecchia, e mostra evidenti acciacchi, in quanto è figlia di un determinato momento storico-politico (certo la parte dei “Principi” resta un punto di riferimento, ma molte altre cose andrebbero cambiate).

Questo però non vuol dire che si possa modificarla con piccoli accorgimenti funzionali ad una visione ideologica intrisa di demagogia, senza tenere conto di quel complesso di equilibri fra i “Poteri dello Stato” che sta alla base della democrazia liberale; e anticipo già che è questo a mio avviso il vero limite della “proposta Meloni”.

A quanto si è capito, il testo illustrato in conferenza stampa prevede appunto il cosiddetto “premierato”, cioè l’elezione diretta del premier, senza però dotarlo di adeguati poteri, in primis quello di sciogliere le Camere.

Anche tralasciando il fatto che un Premier eletto direttamente dal popolo ridurrebbe di molto il peso politico ed il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica (e già questa costituirebbe una notevole alterazione dell’attuale equilibro dei Poteri), il non attribuirgli il potere di mandare a casa il Parlamento in caso di crisi, di fatto  vanificherebbe la vera motivazione che sta alla base della riforma, quella di garantire la stabilità dei Governi. 

Non c’è dubbio che questo sia il vero problema del nostro sistema politico, ed i 68 Governi in 76 anni di Repubblica ne sono la prova inconfutabile!

A dire la verità le indiscrezioni riferiscono che la Meloni, sempre nell’ottica di evitare i cambi di maggioranza in corsa, i cosiddetti “ribaltoni”, in caso di crisi di Governo era (e sicuramente lo è ancora) per il “tutti a casa”, ma sembra che Capitan Salvini non fosse d’accordo, ed abbia imposto una soluzione talmente arzigogolata da sembrare quasi una barzelletta.

Quale?

Quella che, in caso di caduta del Premier, lo si sostituisca con un altro soggetto, purché eletto nelle liste della maggioranza; il quale dovrà realizzare solo il programma di governo espresso nelle dichiarazioni programmatiche esposte dal Presidente inizialmente eletto.

Questa “sostituzione” potrebbe avvenire una sola volta per legislatura.

Non so se i nostri Demostene se ne siano accorti, ma con questa soluzione si avrebbe la conseguenza paradossale che a disporre del potere di scioglimento delle Camere non sarebbe il Premier eletto dal popolo, bensì il suo sostituto eletto dal Parlamento.

Lui si, non potendo essere più sostituito, avrebbe in mano (per non dire ”terrebbe per le p…….”)  i Parlamentari, sempre terrorizzati dall’ipotesi del “tutti a casa”. 

Provate a riflettere bene su questa norma “antiribaltone”, e capirete perché Matteo Salvini l’ha imposta!

Non è infatti difficile immaginare che con questo assetto il Premier eletto direttamente potrebbe essere soggetto ad una guerra di logoramento da parte di chi nella sua stessa maggioranza ambisca a sostituirlo, per non dire che sembra pensata apposta per favorire eventuali “staffette” (cioè cambi di premier concordati preventivamente fra i partiti di governo).

Qualche perplessità suscita anche l’attribuzione di un “premio di maggioranza” del 55% dei seggi parlamentari al Partito o alla coalizione vincente, non si sa ancora al raggiungimento di quale percentuale di voti (ci penserà la legge elettorale si è detto, ma messa così inevitabilmente  il pensiero corre alla Legge Acerbo del 1924).  Forse un ballottaggio non stonerebbe!

Ricapitolando, a mio avviso non è l’elezione diretta del Capo del Governo che garantisce la durata degli Esecutivi e la governabilità; l’investitura popolare risponde ad un’altra logica, quella degli istinti populisti sempre più presenti nelle società in questa fase storica.

Il vero argine alle crisi al buio dei Governi sta nel garantire al Premier un adeguato corredo di poteri, fra cui quello fondamentale di sciogliere le Camere, e anche di potere licenziare i Ministri che non si mostrassero all’altezza, o che avessero qualche problema personale.

Senza tralasciare l’introduzione della cosiddetta “sfiducia costruttiva”, che impone a chi presenta una mozione di sfiducia contro il premier in carica, di indicare il nome del sostituto proposto. 

A qualcuno sembra troppo?

Ma guardate che si tratta di poteri che hanno i premier in altre democrazie europee (parlo di democrazie ovviamente non di regimi come quello di Orbàn).

E’ così ad esempio in Germania (art. 68 della Costituzione tedesca), e in Spagna (artt. 113,114,115 Costituzione).

Come accennavo all’inizio, è chiaro che siamo solo all’inizio dell’iter di riforma, per cui molte cose sono destinate a cambiare con il passare del tempo.

Spero si sia capito che io non sono contrario ad  una riforma delle Costituzione vigente, e bene ha fatto Giorgia Meloni a mettere in campo la sua proposta, che a mio avviso deve essere valutata anche dalle opposizioni con pacatezza, e soprattutto con le categorie della ragione, e non con quelle dell’ideologia.

La Costituzione della Repubblica è una cosa troppo seria per essere modificata da apprendisti stregoni, ma soprattutto non può e non deve diventare terreno di scontro fra innovatori-sgangherati e conservatori-difensori della  “Costituzione più bella del mondo”.

Umberto Baldo

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