Spostarsi in Europa: Austria e Italia… due mondi
di Alessandro Cammarano
L’ondata pandemica – grazie soprattutto ai vaccini – sta nuovamente e speriamo definitivamente scemando; i contagi calano e gli stati iniziano a mettere in atto misure che consentano ai cittadini di recuperare almeno una parvenza di vita “com’era prima” – gli acculturati direbbero “quo ante” –.
Peccato che in attesa del famigerato “Green Pass” gli Stati Disuniti d’Europa stiano di fatto andando ognuno per conto suo – come sempre del resto – in un meraviglioso fiorire di “quello che puoi fare da te da me e vietato” o “se vieni da X sei benvenuto, se invece sei di Y (sempre Europa, eh) il confine di stato non te lo faccio vedere neppure da lontano.
Nulla è meglio dell’esperienza diretta per comprendere a fondo la natura dei provvedimenti presi a livello di singolo stato, e chi scrive è fresco di un soggiorno di lavoro – i teatri stanno fortunatamente riaprendo – in terra austriaca, più precisamente a Salisburgo come corrispondente accreditato al Festival di Pentecoste.
I giorni prima della partenza si sono caratterizzati per una spasmodica ricerca di informazioni che permettessero un viaggio sicuro ed al contempo evitassero figure da peracottaro: mail al Consolato d’Austra a Milano – sono gentilissimi –, compulsamento spasmodico del sito del nostro Ministero degli Esteri, che sembra la biblioteca del “Nome della rosa”, telefonate ad amici anche loro in partenza
A cinque giorni dalla data fatidica tutto era ancora piuttosto vago: tampone? Sì certo, ma quale? Registrazione elettronica per la quarantena in entrata? OK, ma pure se si va a lavorare? Boh! Del vaccino vale già la prima dose? Buio pesto. Il sottoscritto, che per inciso è uno che pianifica, si era prenotato un antigenico alla modica cifra di 46 euri per scoprire poi che vale solo quarantotto ore e dunque a Salisburgo avrei dovuto farne un altro. Vabbè…
All’antivigilia della partenza il Consolato comunica che se si è in possesso del certificato vaccinale con indicata la prima dose l’ingresso è libero. Bingo! Tampone disdetto e corsa allo Hub vaccinale per farsi rilasciare il suddetto certificato con timbro e firma e successivamente farne una marea di copie da conservare ovunque.
Si parte! Dopo un caffè così cosi all’ultimo autogrill in territorio italiano – personale simpatico come un grizzly svegliato dal letargo – e acquisto della “vignetta” si passa il cartello che indica l’ingresso in Austria e…uscita obbligatoria dall’autostrada: KONTROLLE dicono le frecce che portano alla dogana merci dove un gentile agente di polizia, che per inciso parla l’italiano molto ma molto meglio dei succitati grizzly altocarnici, chiede le credenziali d’accesso e il motivo del viaggio. Si esibiscono nell’ordine: carta d’dentità, certificato vaccinale, tesserini dell’Ordine dei Giornalisti, lettera di conferma dell’accredito stampa del Festival di Salisburgo, un santino di San Ruperto. Tutto a posto e si riprende la via; non così per gli occupanti del pulmino lettone subito davanti a me e dirottati in un altro settore della dogana: da cronista vorrei sapere che cosa è loro successo.
A Salisburgo – dove era inverno, ma di quelli rigidi – come in tutta l’Austria è fatto obbligo di indossare la mascherina FFP2, per l’ingresso in qualunque luogo chiuso; per l’accesso ad alberghi bar, ristoranti, teatri e cinema si deve necessariamente esibire l’attestazione del vaccino o del tampone o dell’avvenuta guarigione.
Resta il fatto che all’aperto la mascherina, tranne le forze dell’ordine, non la porta NESSUNO: adeguarsi all’usanza è stato facile ma si resta perplessi nel vedere tanti abbracci.
A teatro sono giustamente rigidi, però il pubblico è al 50%, mica come da noi, tanto che la disposizione “uno sì uno no” non fa sembrare le sale deserte.
Bar e ristoranti vanno un po’ ad estro, nel senso che le suddette prove – testato, guarito, vaccinato – le chiedono tutti, però alcuni ti fanno compilare anche un formulario. Un pazzo voleva farmi fare un test rapido: sono andato a mangiare altrove. La gente comunque è serena e non appare per nulla stressata.
La temperatura non la misura nessuno.
Da notare che ai notiziari TV di COVID, di percentuali di vaccinati, di terapie intensive se ne parla assai poco; saggi austriaci.
Dopo tre giorni mi ero abituato a questo togli e metti di FFP2 e la cosa non era affatto spiacevole.
Rientrando, all’altezza di Villach, mi assale un dubbio “Sarò controllato dalla Polizia di Stato a Pontebba?”: macché! Manco l’ombra di una volante della Stradale. L’Italia è a ingresso libero, alla faccia del Green Pass.
Alessandro Cammarano