3 Luglio 2024 - 12.11


Stiamo andando verso il “Kingdom of Usa”?

Umberto Baldo

 

Credo sia evidente che quando Donald Trump, ormai una specie di “Messia” per la destra populista americana, parla di difesa della volontà degli elettori, intende un sistema in cui il “Capo”, eletto direttamente dal popolo, non incontri praticamente alcun limite al proprio potere.

Certo uno può pensarla come vuole, ma in genere le democrazie (quelle vere eh, non quelle alla Orbàn!) si reggono su un sistema di “pesi e contrappesi”, per cui se un “Capo” dovesse travalicare i suoi poteri troverebbe un Organismo deputato a stopparlo.

Guardando alla realtà americana, fino ad ora quell’Organismo aveva un nome preciso: Corte Suprema degli Stati Uniti.

Per chi magari non lo ricordasse, specifico che la Corte Suprema è la più alta corte della Magistratura Federale, e oltre che  avere ampia giurisdizione di appello di ultima istanza su tutti i casi di Tribunali Federali e Tribunali degli Stati  che incrociano il diritto federale, è la Corte Costituzionale degli Usa.

E’ composta da un Presidente e da otto giudici con mandato a vita, il che significa che ognuno rimane nella Corte fino a quando non muore, si dimette o viene rimosso dall’incarico.

Quando un posto diventa vacante, il Presidente degli Stati Uniti, con il consenso del Senato, nomina un nuovo Giudice.

Personalmente trovo che questo sia il punto debole dell’Istituzione, perché è evidente che qualunque Presidente debba procedere alla nomina di un giudice, lo sceglierà pescando fra i giuristi che condividono la propria “visione del mondo”.

In parole povere un presidente del Partito Democratico propenderà per un giudice di idee democratiche, e specularmente un Presidente del Partito Repubblicano per un giudice di idee repubblicane.

Lo so bene che quando si parla di “Giustizia” con la “G” maiuscola, amiamo tutti pensare che si erga al di sopra delle meschinità della politica, ma purtroppo questa è un’utopia, perché un Giudice, anche quelli della Corte Suprema,  è pur sempre un uomo, con tutte le sue idee e le sue debolezze.

E così degli attuali nove membri della Corte Suprema tre sono considerati “progressisti”, e gli altri sei “conservatori”.

Di questi sei conservatori, ben tre sono stati nominati da Donald Trump durante il suo mandato e, alla luce di quello che scriverò di seguito, capirete perché il Tycoon ci teneva tanto a designarli.

Nei giorni scorsi la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito, con una sentenza storica, che Donald Trump non può essere perseguito per azioni ufficiali compiute durante la sua presidenza, ma può esserlo solo per atti compiuti come privato cittadino. 

Questa decisione, che riconosce per la prima volta una forma di immunità presidenziale dalla responsabilità penale, è stata presa con un voto di sei a tre, con il parere di maggioranza scritto dal presidente della Corte John G. Roberts, ma con il parere contrario dei tre giudici “liberal”.

Uno di questi tre giudici, Sonia Maria Sotomayor, ha messo  apertamente per iscritto che il  rischio   è quello di creare un precedente giudiziario pericoloso: “Secondo il ragionamento della maggioranza, quando (Trump, ndr) userà i suoi poteri ufficiali in qualsiasi modo, sarà immune da azioni penali. Se ordinerà alla squadra Seal 6 della Marina di assassinare un rivale politico? Immune. Se organizzerà un colpo di Stato militare per mantenere il potere? Immune.

Non so come dare torto alla Giudice Sotomayor; perché questa decisione è una vera e propria assoluzione (anzi peggio perché parla di immunità) di Trump per i suoi comportamenti illegittimi successivi alla sconfitta elettorale del 2020, non ultima la sua condotta relativa all’assalto al Campidoglio dei suoi sostenitori il 6 gennaio 2021, di fatto una vera e propria istigazione ad un colpo di stato.

Con l’aggravante che in questi anni Trump non ha fatto nulla per nascondere l’intenzione di riprovarci, portando a termine il lavoro lasciato a metà durante il primo mandato, vale a dire la torsione della democrazia americana verso l’autocrazia illiberale. 

Molti hanno dimenticato che nel 2016, quando si parlò di una possibile indagine su Trump per i suoi rapporti con il Cremlino, il Tycoon ebbe a dire che  in ogni caso avrebbe potuto concedere la grazia a se stesso (ed indiscutibilmente l’esercizio del potere di grazia spetta al Presidente Usa, ma ripugna alla mia visione della democrazia il solo pensare che uno possa graziare se stesso).

Noi siamo abituati da sempre a vedere gli Usa come il faro della democrazia nel mondo.

Ma a ben  guardare la Repubblica americana ha la struttura di una “monarchia elettiva”, ed anzi sarebbe potuta essere un “Regno” se Giorgio Washington avesse accettato la corona che gli fu offerta alla fine del mandato.

A Filadelfia, gli estensori della Costituzione non volevano un sovrano che avrebbe regnato “per grazia di Dio”, e optarono quindi per un capo dello Stato scelto da un collegio elettorale, per mandati limitati nel tempo. 

Ma vollero che fosse Comandante supremo delle Forze armate, che avesse nei problemi di giustizia le prerogative di un sovrano, e che il suo arrivo al potere avesse la solennità di una incoronazione laica, in cui il Campidoglio tiene il posto della Cattedrale di Westminster, ed il Presidente della Corte Suprema recita solennemente la parte che a Londra è dell’Arcivescovo di Canterbury.

Però avevano pensato ad un limite; quello che, qualora il Presidente avesse tradito la fiducia del Paese, non sarebbe stato certamente decapitato, bensì incriminato di fronte al Congresso (impeachment).

Dopo la citata sentenza della Corte Suprema viene da chiedersi se quei sei giudici “conservatori” (ma io li definirei trumpiani) abbiano voluto sfilare ai democratici l’arma che più d’ogni altra era considerata esiziale per colpire il candidato repubblicano.

E così nel recente dibattito televisivo ad Atlanta, Trump è sgusciato di fronte alla domanda ripetuta due volte della moderatrice Dana Bash, se accetterà il verdetto elettorale. «Solo se saranno elezioni eque, legali e buone», ha risposto, e tutti hanno capito che il film del 6 gennaio 2021 potrebbe ripetersi identicamente in caso di sconfitta. Questa volta con la copertura preventiva della Corte Suprema, con questa sentenza che infatti Trump ha salutato ovviamente come una “grande vittoria per la nostra costituzione e la democrazia”.

Al di là di come uno possa pensarla (compreso il fatto che Biden debba fare un passo indietro) io credo che noi europei, eredi della tradizione dello Stato liberal democratico teorizzato da Montesquieu, si debba guardare con una notevole preoccupazione verso una democrazia che con personaggi come Trump sta sempre più assumendo i contorni di un  “Kindgom of Usa”.

Ed al riguardo vi chiedo: sareste disposti a scommettere una mano che, qualora Donald Trump fosse rieletto alla Casa Bianca, si terrebbero ancora le elezioni presidenziali nel 2028?

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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