Stiamo tornando alla normalità ma non abbassiamo la guardia
di Umberto Baldo
Non c’è alcun dubbio che il clima sia cambiato. E non mi riferisco solo al tempo atmosferico, visto che siamo arrivati alle soglie dell’estate, bensì alla sensazione sempre più diffusa fra tutti noi che si stia veramente uscendo dalla fase più acuta della pandemia.
Basta passeggiare per le nostre città ed i nostri paesi per accorgersene.
La gente è meno preoccupata, più portata a riprendere le relazioni interpersonali. I dehors di bar e ristoranti sono pieni, la gente passeggia volentieri, ed in questo ponte del 2 giugno si assiste ad una buona ripresa del turismo nelle località balneari ed in quelle termali.
Il netto miglioramento dei dati epidemici in tutto il territorio nazionale ha portato le Autorità politico-sanitarie ad una accelerazione delle cosiddette “riaperture”, con il ritorno di attività chiuse da mesi e mesi, quali palestre, piscine, cinema e spettacoli.
Checchè ne pensino coloro che appartengono alla galassia no vax, è fuori di dubbio che ciò sia il risultato della massiccia campagna vaccinale in atto nel nostro Paese.
Per quanto attiene il Nord Est, Veneto e Friuli Venezia Giulia, ormai più di 4 persone su 10 hanno ricevuto almeno la prima dose di vaccino, ed 1 su 5 anche la seconda, e dopo aver immunizzato la quasi totalità dei cittadini più anziani, i più esposti al rischio Covid, si sta arrivando alla fase del “liberi tutti”, nel senso che le vaccinazioni saranno aperte a tutti coloro che vorranno, compresi gli adolescenti.
Per capire di che numeri stiamo parlando, giova ricordare che al 28 maggio le dosi somministrate in Veneto dall’inizio della campagna vaccinale sono state 2.738.573.
Uno sforzo notevole, che porta per la prima volta la nostra Regione a intravvedere la quasi certezza di raggiungere dal 7 giugno la classificazione di “zona bianca”, che ha come conseguenza anche l’eliminazione del “coprifuoco”, la chiusura notturna che tanto ha fatto discutere, ma che più di tutte è diventata il simbolo di questa fase pandemica.
Che le cose si stiano mettendo bene lo abbiamo visto giorno dopo giorno anche nelle conferenze stampa del Presidente Luca Zaia, che fra un “vuoto per pieno” e l’altro (espressione tipica dell’edilizia, particolarmente amata dal nostro Governatore) ha documentato il vero e proprio crollo delle nuove infezioni, dei ricoveri, e finalmente anche dei decessi.
Va però altresì rimarcato che Zaia, pur mostrando la sua grande soddisfazione per il positivo andamento della crisi sanitaria, che consente la ripresa dell’economia, fortemente penalizzata nell’ultimo anno, non si dimentica mai di sottolineare che “la battaglia non è finita”, che il virus rimane fra noi, e che sarebbe un peccato vanificare gli sforzi compiuti fin qui per abbandonarsi a comportamenti incompatibili con le norme di sicurezza.
Fa bene Luca Zaia ad invitarci a non abbassare la guardia, a non trascurare le misure che ci hanno accompagnato fin qui, mascherine, lavaggio delle mani e distanziamento, e che sono state determinanti per contenere i contagi fino all’arrivo dei vaccini.
Fa bene perchè il rischio vero da qui in avanti è a mio avviso quello di cadere in una sorta di “euforia”, di “esultanza da scampato pericolo”, che rischia di trasformarsi in una generale riduzione dell’attenzione, che mal si concilia con quanto sta avvenendo in altri Paesi europei.
Perchè è bene realizzare, come dice anche Zaia, che il Covid è forse in ritirata, ma è sempre pronto a rialzare la testa, con tutto ciò che ne consegue.
Questo non vuol dire non assaporare le cose che finalmente possiamo fare dopo un anno di chiusure, ma farlo con un minimo di moderazione ed attenzione.
Restando a Veneto e Friuli, recenti studi ci dicono che l’età media dei positivi continua a scendere mano a mano che i più anziani vengono vaccinati (ecco perchè sarebbe opportuno che venissero immunizzati anche i più giovani), e che al momento la variante predominante è sempre quella inglese anche se in calo, mentre è in crescita quella brasiliana.
E qui siamo arrivati al vero problema, quello delle cosiddette “varianti”, cioè quelle mutazioni che sono comuni a tutti i virus a RNA, com’è appunto il Covid, spesso caratterizzate da una maggiore contagiosità e capacità di aggirare le difese immunitarie indotte dai vaccini.
Badate bene che nessuno ha voglia di fare il menagramo, e neppure io amo il ruolo di Cassandra.
Ma nascondere la realtà, abbandonandosi magari a gesti scaramantici, giova a poco, soprattutto quando si parla di un’epidemia.
E la realtà è che dall’Inghilterra, il primo paese in Europa ad aver immunizzato la stragrande maggioranza della popolazione, e che ha fissato la fine delle ultime restrizioni per il prossimo 21 giugno, arriva qualche segnale inquietante.
Il motivo di preoccupazione ha il nome di “variante indiana”, la mutazione che ha fatto risalire nell’isola l’indice Rt sopra l’ 1, e non capitava dallo scorso gennaio.
Ma il problema è che i dati pubblicati dal Public Health England, l’Agenzia governativa che monitora l’andamento del contagio attraverso puntuali rilevazioni tra la popolazione sintomatica, guarita e ospedalizzata, ha accertato e reso noto che al 25 maggio sono stati individuati 5.599 casi di variante indiana (B.1.617.1), e degli infettati 936 avevano già ricevuto la prima dose del vaccino, e 117 addirittura due dosi. Per di più gli ospedalizzati affetti dall’ ”indiana” sono stati 201, e fra questi 45 erano stati vaccinati da 21 giorni con una dose, e 5 con doppia dose.
E’ evidente che il premier Boris Johnson, di fronte al raddoppio dei casi in una sola settimana, non dorma sonni tranquilli, anche se al momento sembra non voler lanciare alcun segnale di allarme.
Allarme che invece hanno deciso di prendere seriamente i tedeschi, tanto che il Governo ha deciso di imporre la quarantena a chiunque arrivi dalla Gran Bretagna (classificata dall’Istituto Robert Koch come “area di mutazione delle varianti), anche se il viaggiatore è in possesso di un test negativo.
Analoghe misure ha adottato la Francia, dove anche qui si è deciso che i viaggiatori in arrivo dall’Inghilterra devono fare una quarantena di due settimane a prescindere dal risultato negativo del tampone.
In netta controtendenza rispetto a Francia e Germania, la Spagna ha invece rimosso ogni limitazione ai turisti britannici, ai quali non verrà più richiesto nemmeno il tampone negativo.
L’ Italia ha revocato dal 16 maggio l’obbligo di quarantena per coloro che arrivano dal Regno Unito, ai quali basterà esibire il test negativo fatto entro 48 ore dalla partenza, o la prova di essere immunizzati con entrambe le dosi di vaccino, o di aver sviluppato gli anticorpi.
Devo confessarvi che resto quanto meno perplesso di fronte a queste scelte contrastanti degli Stati dell’Unione europea, e spero che le decisioni “aperturiste” di Italia e Spagna non siano ispirate da motivazioni di mero ordine economico, in altre parole dalla volontà di non rinunciare ai flussi turistici dall’Inghilterra.
Concludendo, è indubbio che il virus continua a mutare, per cui non resta altro da fare che continuare a vaccinare massicciamente, e a mantenere alta l’attenzione, evitando per quanto possibile gli assembramenti, lavandosi spesso le mani, e portando la mascherina.
Sono sempre le stesse banali cose che ci vengono raccomandate da oltre un anno, e che ormai dovremmo aver metabolizzato.
Ma, come dicevano i nostri antenati, “repetita iuvant”.