6 Febbraio 2015 - 17.34

THIENE – Placido Cortese, il coraggio del silenzio

Padre Placido Cortese

Appuntamento con Le Porte della Memoria è domenica 8 febbraio alle 17.00 in Auditorium con l’incontro pubblico dal titolo Padre Placido Cortese: il coraggio del silenzio.
Dopo il saluto del Sindaco, Giovanni Casarotto, il sacerdote thienese don Augusto Busin introdurrà la figura di Padre Placido Cortese.
Seguirà la testimonianza portata dalla prof.ssa Carla Liliana Martini, collaboratrice di Padre Cortese nella cosiddetta “Catena di salvezza”.
Quindi l’incontro proseguirà con l’intervento di padre A. Tottoli, confratello e biografo di padre Cortese e la proiezione di contributi video. Moderatore sarà il prof. Ferdinando Offelli.
Il ciclo di eventi Le Porte della Memoria è organizzato da Comune di Thiene ed Associazione Amici della Resistenza, in collaborazione con gli Istituti Scolastici cittadini, la Scuola di Formazione Teologica e l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia per commemorare i Giorni della Memoria e del Ricordo.
Il ciclo proseguirà mercoledì 11 febbraio in Teatro Comunale quando avrà luogo, per gli studenti delle classi terze delle scuole secondarie di primo grado di Thiene e di Zanè, l’incontro dal titolo La Tragedia degli Esuli Giuliano-Fiumano, Dalmati: una storia italiana, a cura della prof.ssa Adriana Ivanov, scrittrice e testimone. Condurrà la docente Nicoletta Braga. I momenti musicali saranno proposti dall’Istituto Comprensivo di Thiene, gruppo Flauti, diretto dal prof. Domenico Zamboni.
L’iniziativa, organizzata in collaborazione con l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, verrà riproposta agli studenti della scuola secondaria di secondo grado giovedì 12 febbraio con il docente Daniele Fioravanzo e la partecipazione del gruppo “Crescere in musica” del Liceo F. Corradini.

Profilo di Padre Placido Cortese
Nasce nel 1907 a Cherso. Ricevuta l’ordinazione sacerdotale nel 1930, viene assegnato per tre anni al servizio della Basilica di Sant’Antonio, a Padova; poi lo trasferiscono a Milano, ma nel 1937 lo richiamano a Padova, affidandogli la direzione del Messaggero di Sant’Antonio. È un incarico che svolge splendidamente, quadruplicando addirittura il numero degli abbonamenti, ma le sue preferenze vanno per il servizio pastorale in basilica e l’esercizio della carità spicciola. Soccorre accattoni e miserabili di ogni specie con quello che riesce a raccattare in convento. Ed è forse proprio per questo suo “vizio assurdo” di fare carità a tutti, o forse per le sue caratteristiche fisiche che lo rendono poco appariscente e quasi insignificante, che il delegato pontificio gli affida il preciso incarico di assistere ebrei, profughi slavi, giovani sloveni, fuggiti dal proprio Paese per sottrarsi al conflitto e internati nel campo di concentramento allestito alla periferia di Padova.
Prende tremendamente sul serio anche questo nuovo incarico, riuscendo ad inserirsi in un gruppo di solidarietà ben organizzato (denominato FRA.MA., dalle iniziali di due noti professori universitari, Franceschini e Marchesi), che si propone di creare una via di fuga verso la Svizzera per sbandati, ebrei e ricercati dai nazifascisti, per salvarli dalla deportazione: un’organizzazione clandestina che da Padova, attraverso Milano, riesce a portare in salvo centinaia e centinaia di soggetti “a rischio”. Sfruttando le capacità grafiche acquisite nella direzione del “Messaggero”, diventa particolarmente esperto nel contraffare foto e documenti. Quando i sospetti cominciano a concentrarsi troppo su di lui, i superiori gli consigliano di “cambiare aria”, proponendogli un trasferimento di convento o di città, anche in forma clandestina, per non mettere a rischio la propria vita e che lui rifiuta decisamente, sapendo che dalla sua dipendono molte altre vite.
Con l’inganno di andare urgentemente in aiuto ad alcuni sbandati, riescono a portarlo fuori dal convento e consegnarlo alle SS, che da un pezzo hanno gli occhi puntati su di lui. È l’8 ottobre 1944 e da quel momento diventa un frate “desaparecido”, al punto che neppure oggi si sa dove sia sepolto.
Soltanto testimonianze tardive, ma attendibili, riescono a ricostruire i tempi di un’agonia, lucida e tremenda (la Gestapo gli avrebbe cavato gli occhi, tagliato la lingua e seppellito vivo). Il corpo viene distrutto, probabilmente in un forno crematorio.
Per Padre Placido Cortese la causa di beatificazione è iniziata nel 2002 (fonte: Santi e beati.it)

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