24 Ottobre 2019 - 9.51

Tragedie a scuola, insegnanti ostaggio e sistema malato

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di Stefano Diceopoli

Alla fine la notizia che tutti temevamo è arrivata; Leonardo, il bambino di nemmeno 6 anni precipitato venerdì 18 ottobre dalle scale della scuola “Pirelli” di Milano, non ce l’ha fatta.
Com’è comprensibile si è aperto il dibattito, che, come sempre accade in Italia, si focalizza principalmente sulle “colpe”, ma su questo ritorneremo.
Gli eventi che hanno portato a questo triste epilogo sono questi:  Leonardo, sei anni a dicembre prossimo, chiede di uscire per andare in bagno. In classe ci sono la maestra di inglese e quella di sostegno.  La prima, dicono le cronache, è un’insegnate brava, entusiasta del suo lavoro, molto amata dai bambini, dalle famiglie e dagli altri insegnanti. La maestra dà a Leonardo il permesso di uscire. Certo con il senno di poi avrebbe potuto accompagnarlo, ma sa che nel corridoio c’è la bidella, una collaboratrice scolastica prossima alla pensione. Una donna, sempre secondo le cronache, scrupolosa, affettuosa, materna, affidabile, una bella persona insomma.
La maestra, tranquilla, affida Leonardo alla bidella, che effettivamente è al suo posto; ma l’imponderabile ci mette lo zampino. 
Infatti, nello stesso momento la bidella si ritrova ben tre bambini da accompagnare ai servizi; tutti usciti in contemporanea da tre classi diverse, tutti di prima elementare, e per di più in un orario non consueto, in quanto manca poco alla ricreazione.
La bidella accompagna i tre bimbi al bagno, li aiuta e li controlla.  Leonardo avrebbe finito per primo.  L’operatrice è ancora alle prese con gli altri due, e dice a Leonardo di tornare in classe e di “fare presto”.  Invece Leonardo prende una sedia, si arrampica e si sporge dalla ringhiera, precipitando per tredici metri.
Mettiamo subito in chiaro che la morte di un bambino è umanamente inaccettabile, e chi ha qualche primavera sulle spalle si ricorda certamente Alfredino Rampi, caduto nel 1981 in un pozzo artesiano, e la risonanza mediatica che accompagnò quel tragico evento, con il Presidente Sandro Pertini in lacrime sul bordo del cunicolo.
Come non comprendere quindi i genitori di Leonardo, che tanto avevano atteso quel bambino, che chiedono giustizia.
Per di più se quella morte è avvenuta a scuola, che dovrebbe essere il posto più sicuro dove lasciare un figlio.
Sicuramente la Magistratura cercherà di fare chiarezza sulla vicenda, individuando eventuali responsabilità.
E’ scontato che l’insegnante e la bidella verranno indagate, molto probabilmente con la preside, per omicidio colposo, e per loro inizierà un calvario giudiziario che si aggiungerà alla devastazione che sicuramente si portano nella coscienza.
E la base giuridica su cui si muoveranno i magistrati è quella della cosiddetta “culpa in vigilando”, regolata dagli artt. 2047 e 2048 del codice civile.
Non volendo soffermarci troppo sui risvolti giuridici, in estrema sintesi si tratta di una “responsabilità aggravata”, basata su una “colpa presunta”,  ossia  sulla presunzione di “culpa in vigilando” (negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza sugli alunni), per la quale l’accusato deve dimostrare di non aver potuto impedire il fatto, che l’evento non fosse prevedibile o superabile con la normale diligenza in relazione al caso concreto, ma anche che fossero state adottate tutte le misure idonee ad evitare il pericolo che aveva determinato l’evento dannoso.  In altri anni si sarebbe parlato di “probatio diabolica”, fattispecie in cui si ricorre alla cosiddetta inversione dell’onere della prova.     E’ chiaro che nella quotidianità scolastica ci sono momenti più critici di altri relativamente agli obblighi di vigilanza degli alunni.    Il primo è sicuramente quello dell’uscita alla fine delle lezioni, in cui si prevede la riconsegna degli allievi ai rispettivi genitori, con tutte le problematiche connesse.  Da non sottovalutare anche il momento della fine dell’ora di lezione, con l’avvicendamento degli insegnanti, perché ogni docente dovrebbe lasciare l’aula solo all’arrivo del collega.  Il che sembra assodato, ma nella quotidianità si possono verificare situazioni in cui ci sono due o più insegnanti che si aspettano reciprocamente sulla porta dell’aula.   Ma per restare sul tema di oggi, forse la situazione più problematica si concretizza proprio quando un alunno chiede di andare in bagno.  Perché il docente può trovarsi, e di fatto si trova di frequente, di fronte alla scelta fra accompagnarlo al bagno lasciando la classe incustodita, o lasciare che vada da solo.  Sulla base del principio della “culpa in vigilando” si incorrerebbe in entrambi i casi in un’omissione di vigilanza, sanzionabile in caso di incidenti.   Certo, ci sono i bidelli. Meglio, ci dovrebbero essere, perché la contrazione degli organici non sempre consente di svolgere al meglio la funzione di vigilanza imposta dalla legge.   E’ chiaro che, alla fine, per rispondere alle esigenze quotidiane, nonostante insuperabili ostacoli strutturali ed organizzativi delle nostre scuole, all’insegnante non resta altro che accettare di correre qualche rischio, confidando nella Divina Provvidenza.
A meno di non voler portare tutti i bambini in bagno ogni qual volta uno di loro lo chiede, o in alternativa dotare ogni aula di un “bugliolo”, oppure lasciare che se la facciano addosso.
Ma ve li figurate i titoli sui media qualora un docente scegliesse quest’ultima opzione?
Certo che se va male, come nel caso di Leonardo, il conto arriva, e salato.
Do per scontato infatti che non sarà facile per l’insegnante, la bidella, o la preside, provare il “caso fortuito”, ossia che si sia trattato di un evento straordinario, non prevedibile o superabile con la diligenza dovuta da chi opera nella scuola in relazione al caso concreto (età, maturità dell’allievo, condizioni ambientali ecc).
Però credo ci si debba porre una domanda.
Quand’anche un Tribunale decidesse per la colpevolezza di uno o di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, siamo sicuri che questo basti per sistemare le cose?
Certo verrebbe appagata la sacrosanta esigenza di giustizia dei genitori di Leonardo, e forse di tutta la comunità.
Ma a costo di attirarmi gli strali di molti genitori, o dei sostenitori della “giustizia formale”, io credo che sia dovuta qualche riflessione, per chiederci come mai nelle scuole, che vengono considerate luoghi protetti, sicuri, certi fatti che non dovrebbero accadere, invece accadono.
Ma qui il discorso si allarga inevitabilmente alla società e al suo rapporto con la scuola, ed anche alla politica.
Sulla scuola si scaricano cambiamenti sociali e tensioni diffuse.
La caduta del principio di autorità ha di fatto privato gli insegnanti dell’autorevolezza che li caratterizzava fino a qualche decennio fa, di fatto rendendo sempre più difficile tenere la disciplina in classe.
Famiglie sempre più disgregate ed assenti collaborano pochissimo con la scuola, ed i docenti sono sempre più oggetto di attacchi da parte di mamme e papà.
Il risultato sono le sempre più frequenti aggressioni, anche fisiche, agli insegnanti da parte di alunni e genitori.
Genitori che non accettano più i limiti dei propri figli, genitori molto permissivi, che rifiutano il rispetto delle regole imposte ai loro pargoli.  Di fatto vanificando in parte il processo educativo, che deve iniziare dalla famiglia, e che la scuola può solo accompagnare.
Per capire il clima, conosco insegnanti che non si fidano più di ricevere certi genitori da soli, e chiedono a qualche collega di affiancarli, sia per paura sia per avere un testimone.
Non stupisce quindi se gli ordini dall’”alto” siano per l’eliminazione di ogni competitività e difficoltà nella scuola.  Perché a Roma hanno ben capito che mettere voti negativi per i docenti sta diventando pericoloso; quindi tutti promossi, tanto alla fine i migliori, che ci saranno sempre, andranno a lavorare all’estero, e per gli altri resta sempre il reddito di cittadinanza.
E per finire la politica.  Che a fronte di tragedie come quella di Leonardo è bravissima nell’esprimere cordoglio, molto meno brava nell’analizzare le carenze che quelle tragedie hanno generato, e a porre in essere qualche contro misura, come ad esempio aumentare il numero dei bidelli.
Ma nel nostro Paese l’importante è trovare “un colpevole”, e quella maestra e quella bidella sono perfette per questo ruolo.  A ben vedere non abbiamo fatto grandi passi avanti rispetto al famoso “dagli all’untore” di manzoniana memoria.
Certo, trovare un capro espiatorio forse sarà utile a mettere in pace la coscienza, ed al consenso elettorale, molto meno alla soluzione dei problemi. Che sono annosi, e che richiederebbero un salto di qualità di tipo “culturale”, nel senso che la scuola dovrebbe tornare al centro della politica, nella consapevolezza che nelle aule scolastiche si costruisce il futuro del Paese.
Invece, come sempre, fra qualche giorno Leonardo sarà uno dei tanti casi di cronaca passati nel dimenticatoio; nulla cambierà nelle nostre scuole, e della sicurezza dei nostri ragazzi non se ne parlerà più …..almeno fino alla prossima tragedia.

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