Tranquilli, non moriremo di Aspartame!
Alzi la mano chi, navigando in rete, non si è mai imbattuto in un annuncio del tipo: “I medici sono rimasti sbalorditi degli effetti di questa sostanza..”. oppure “I medici italiani sono confusi: brucia i grassi più degli sport”. Di solito leggendo fino alla fine la notizia ci si accorge che quasi sempre dietro c’è un guru, forse sarebbe meglio dire un furbacchione, che offre un prodotto come rimedio ad un problema di salute o di sovrappeso, ovviamente dietro lauto compenso.
Per essere chiari, non sono medico, e quindi tutto ciò che vi dirò di seguito è dettato dal buon senso di una persona normale, come siete voi, che cerca di destreggiarsi con la sola arma della ragione nel bombardamento di notizie relative alla nostra salute.
Chi come me viene da lontano, nel senso che ha parecchi anni sulle spalle, fin da piccolo si sentiva ripetere, quando si parlava di cibo, il principio che allora era imperante: “Magna, che quelo che no sòfega ingrasa!”.
Le cose sono profondamente cambiate negli ultimi decenni; essendo diventati tutti un poco ipocondriaci, siamo molto più attenti alla qualità dei cibi che mangiamo, con riguardo soprattutto ad una loro vera, o presunta, nocività.
Questo è stato ben capito da chi nel settore alimentare fa i soldi, spesso speculando come in questa fase, e la pubblicità, diretta o indiretta, è diventata lo strumento ideale per condizionare ed indirizzare i nostri consumi.
Che poi ci dicano la verità, o invece approfittino delle nostre paure e delle nostre ansie per aumentare i fatturati, è tutto da vedere e dimostrare.
Fatto sta che oggigiorno chi ha a cuore la salute del proprio corpo e del proprio organismo, ed è la maggioranza, sa bene che diventa sempre più difficile discernere tra le numerose fake news in tema di alimentazione che imperversano soprattutto sul web.
Credo che ognuno di noi, sulla base della propria esperienza quotidiana potrebbe scrivere un’enciclopedia sui vantati benefici di certi cibi, chiaramente ingigantiti, o sugli allarmi e contro-allarmi relativi ad un certo alimento.
E credo non vi sia sfuggito che spesso a fronte del calo di vendite di un prodotto, improvvisamente in rete appaiono notizie che ne magnificano le qualità salutistiche o pseudo terapeutiche.
Limitandosi a qualche ricordo, molti anni fa il pompelmo divenne l’agrume dei miracoli, dotato di tutte le virtù, ma soprattutto quella di far dimagrire naturalmente senza sacrifici.
Ricordo che il consumo si impennò tanto che al bar faceva figo ordinare un “succo di pompelmo”.
A dirvela tutta io ho sempre pensato che dietro quella campagna ci fossero gli interessi commerciali degli israeliani, che allora erano i maggiori produttori di pompelmi.
Anno dopo anno il fenomeno si sgonfiò, perché divenne chiaro che, senza nulla togliere alle qualità nutrizionali dei pompelmi (presenti comunque in tutti gli altri agrumi), se ci si limitava a mangiare solo quei frutti il dimagrimento era garantito, ma non per le virtù del pompelmo, ma semplicemente perché di assumevano meno calorie.
Poi venne la volta dello zucchero di canna grezzo, di cui si vantava la maggiore salubrità rispetto a quello bianco di barbabietola.
E allora via tutti a dolcificare il caffè con lo zucchero scuro, fino a che risultò palese, con il tempo ed un’adeguata informazione scientifica, che la molecola che compone lo zucchero bruno è la stessa dello zucchero bianco, ovvero il saccarosio, che può essere estratto dalla barbabietola o dalla canna da zucchero.
La differenza tra i due, allora, sta solo nel fatto che lo zucchero della barbabietola subisce sempre un processo di raffinazione per il semplice motivo che i residui non sono gradevoli al palato, e pertanto vengono rimossi tramite processi industriali, che però mantengono inalterate le qualità organolettiche del prodotto.
Al contrario i residui della canna da zucchero, cioè la melassa, hanno un sapore gradevole e conferiscono allo zucchero un aroma più intenso; per questo motivo il prodotto non viene del tutto raffinato.
In definitiva, bianco o scuro, dal punto di vista nutrizionale, e delle calorie, lo zucchero è sempre lo stesso; cambiano solo il sapore ed il colore.
Venendo al tonno in scatola, per anni abbiamo letto che il consumo sarebbe da evitare per la presenza di inquinanti come il mercurio.
Proprio nei giorni scorsi ho visto che, secondo quanto emerso da uno studio condotto dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS nell’ambito delle attività dell’Italian Institute for Planetary Health (IIPH) e con l’Università degli Studi di Milano, “consumare tonno e pesce in scatola riduce di più del 30% il rischio di insorgenza di tumore al colon retto”.
Come vi dicevo si potrebbe continuare all’infinito fra affermazioni tipo che l’ananas brucia i grassi, che mangiare carboidrati a cena fa ingrassare, che bere acqua e limone al mattino fa dimagrire, e vai col Cristo.
Il risultato di queste campagne di fake o semi-fake news è che l’intero settore agroalimentare è stato più volte chiamato in questi anni a rispondere, con maggiore o minore fortuna, a provocazioni che hanno spesso trovato terreno fertile tra i consumatori, tendenzialmente inclini a sposare tesi di natura scandalistica.
Troppo spesso infatti, abbiamo assistito a veri e propri attacchi dal dubbio fondamento scientifico, in grado però di confondere e di condizionare pesantemente i consumatori, gettando discredito su un prodotto e, di conseguenza, sull’intero comparto interessato.
Allerte di questo tipo infatti si trasformano spesso in allarmismi, a causa dell’ampia risonanza da parte dei mass media che tendono, per comprensibili motivi, a semplificare il messaggio da veicolare al consumatore, correndo in tal modo il rischio di trasformare l’informazione in disinformazione.
Le successive campagne sviluppate dai diretti interessati per cercare di ripristinare una corretta e completa informazione non sempre risultano efficaci nei confronti di consumatori inevitabilmente condizionati dal messaggio iniziale.
Ultima arrivata, fresca fresca, è una notizia relativa all’ aspartame, sostanza molto usata nell’industria alimentare come dolcificante, che secondo le news in circolazione sarebbe cancerogeno.
In realtà non è una notizia nuova, in quanto se ne parla da decenni, e tutto sembra partito all’inizio degli anni 2000 da una lettera firmata da una fantomatica Nancy Markle (di cui mai si è provata l’esistenza) che additava l’aspartame come responsabile di gravi patologie quali tumori cerebrali, diabete mellito, affaticamento cronico, lupus eritematoso sistemico, sclerosi multipla, tossicità da metanolo (suo metabolita) e problemi in gravidanza, generando una vera e propria catena di Sant’Antonio diffusa tramite e-mail. Tutte notizie poi smentite da studi e Istituti di ricerca ufficiali.
La verità?
Che l’Agenzia internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc), che fa capo all’Organizzazione Mondiale per la Sanità, in base a studi già pubblicati ha inserito l’aspartame nella categoria 2b, quella dei “potenzialmente cancerogeni”, ovvero delle sostanze per cui ci sono alcuni dati che ne fanno sospettare la cancerogenicità, ma senza avere alcuna certezza al riguardo.
Prima c’è la categoria 2a, dei “probabilmente cancerogeni”, ad esempio le carni rosse, relativamente alle quali i dati sono più robusti.
Infine c’è la categoria 1, quella delle sostanze di cui sono certi e noti gli effetti cancerogeni (come le carni lavorate e l’alcol).
In realtà tutto dipende dalle quantità di prodotto ingurgitate quotidianamente, e stiamo sempre parlando di “potenzialmente”; ma credetemi che basta questo, come è bastato a suo tempo per l’olio di palma, per creare una sorta di psicosi collettiva.
Quindi non meravigliatevi se a breve troverete prodotti che riportano nell’etichetta “senza aspartame”, perché l’industria alimentare è costretta a rincorrere tutti gli allarmismi, e se vuole continuare a vendere non le conviene ignorarli.
E pazienza se alla fine si tratta di terrorismo, che di scienza spesso ci sia ben poco, e forse molto di affari e interessi inconfessabili!
Così va il mondo, e nessuno lo può fermare!
Comunque tranquilli, non moriremo di aspartame!
PS: volete un esempio fresco fresco di informazione a mio avviso interessata e “veicolata”. In questi giorni in cui i pescatori italiani contestano l’Unione Europea che vuole ridurre la pesca a traino (perché distrugge i fondali) cominciano ad apparire sul web notizie che il pesce spada spagnolo, guarda caso, sarebbe pieno di mercurio. Non è che gli spagnoli pescano anche loro i pesci spada nello stesso Mediterraneo dove lo peschiamo noi? Misteri del…..mercurio!