4 Aprile 2025 - 11.41

Trump ha pugnalato l’Italia… altro che amici: ecco perché siamo fra i Paesi più danneggiati

L’Italia risulta tra i Paesi europei più danneggiati dalle nuove tariffe annunciate dagli Stati Uniti per una serie di ragioni strutturali e commerciali. Il nostro sistema economico si fonda su un export agroalimentare di alta qualità, fortemente orientato verso il mercato statunitense. Proprio per questo, molti dei prodotti italiani più esportati — come formaggi Dop, olio extravergine, conserve e salumi — finiscono nel mirino dei dazi. A rendere la situazione ancora più critica è il fatto che si tratta di beni non delocalizzabili, legati al territorio e alla tradizione, con margini di prezzo ridotti e pochi sbocchi alternativi di pari rilevanza. L’Italia, insomma, paga la sua eccellenza, in un contesto internazionale sempre più instabile. Ecco quattro motivi fondamentali per i quali, checché ne dicano i sostenitori di Trump in Italia, siamo fra i Paesi più colpiti

  1. Forte dipendenza dall’export agroalimentare verso gli USA: l’Italia ha costruito la sua forza economica su un export basato sull’eccellenza e sull’autenticità dei suoi prodotti alimentari, che però sono anche quelli più soggetti a dazi mirati.
  2. Prodotti non sostituibili né delocalizzabili: molti beni italiani colpiti dai dazi sono a denominazione protetta, e non possono essere prodotti altrove. A differenza di altri Paesi europei, che esportano beni industriali più standardizzati e replicabili, l’Italia ha meno margini di manovra.
  3. Margini di prezzo ridotti: essendo prodotti di fascia medio-alta o alta, un aumento dei prezzi al dettaglio del 20-40% può facilmente spingere il consumatore statunitense verso alternative più economiche, anche se di qualità inferiore (come accaduto in passato con il parmesan o l’italian sounding).
  4. Mercati alternativi limitati: benché siano in crescita i rapporti con Asia e Medio Oriente, gli Stati Uniti restano il principale mercato extraeuropeo per moltissime aziende italiane. Sostituire rapidamente un mercato così grande e fidelizzato è praticamente impossibile.
  5. A queste motivazioni se ne aggiungono molte altre, ma ne basti una. I danni all’economia tedesca (vedi mercato dell’auto) rimbalzano pari pari sull’economia del Nord Est che in buona parte appartiene alla stessa filiera nei diversi settori. Le due economie sono interconnesse

L’annuncio del presidente statunitense Donald Trump, che il 2 aprile ha comunicato l’intenzione di imporre nuovi dazi del 20% sui prodotti provenienti dall’Unione Europea, rischia di colpire duramente l’economia italiana, in particolare il settore agroalimentare, simbolo del Made in Italy nel mondo.

Gli Stati Uniti rappresentano il terzo partner commerciale dell’Italia (dopo Germania e Francia), con un valore dell’export italiano verso gli USA che nel 2024 ha toccato i 73 miliardi di euro, in costante crescita dal 2013. I nuovi dazi, che secondo Bruxelles colpiranno circa il 70% delle esportazioni europee, si traducono in un potenziale incasso di 81 miliardi di euro per le casse americane, ma potrebbero avere un impatto devastante su interi comparti italiani.

I settori più colpiti: agroalimentare in prima linea

Formaggi, olio, conserve di pomodoro, vino e prosciutti Dop sono tra le eccellenze italiane maggiormente penalizzate. Si tratta di prodotti ad alta esportazione verso gli USA, che rappresentano per molte filiere il primo o il secondo mercato di sbocco extra UE.

  • Formaggi italiani: secondo Assolatte, con i nuovi dazi il pecorino, finora esentato, subirà un’imposta del 20%, mentre per mozzarella, burrata, ricotta e mascarpone si sale fino al 30%. Ancora peggio per provolone (35%) e gorgonzola (40%). L’Italia è il primo esportatore mondiale di formaggi negli USA, con quasi 41.000 tonnellate l’anno e 486 milioni di euro di fatturato. Impossibile sostituire questo mercato a breve termine, nonostante gli sforzi di diversificazione.
  • Parmigiano Reggiano: gli USA rappresentano il 22,5% dell’export totale, con 16.000 tonnellate spedite nel 2024. Il prezzo al dettaglio salirà a 59 dollari al kg, scoraggiando i consumi. Il presidente del Consorzio, Nicola Bertinelli, sottolinea che il Parmigiano non è in concorrenza reale con i “parmesan” americani, ma subirà comunque la penalizzazione.
  • Olio extravergine d’oliva: gli Stati Uniti sono il primo mercato estero, con 1,1 miliardi di euro su 3 miliardi di esportazioni. Il timore è che l’aumento dei prezzi provochi un cambio di abitudini alimentari in favore degli oli di semi, di cui gli USA sono i maggiori produttori.
  • Conserve di pomodoro: con il dazio che sale al 32%, pelati, passate e sughi pronti subiranno un drastico rallentamento. Gli Stati Uniti assorbono il 15% dell’export del settore, che vale globalmente 5,5 miliardi.
  • Vino e alcolici: il settore impiega 450.000 lavoratori solo in Italia e rappresenta oltre 2 miliardi di euro di export verso gli USA. L’esperienza passata con i dazi sugli spirits tra il 2018 e il 2021 ha già mostrato un calo del 41%. Il rischio è una nuova frenata proprio durante il cambio di annata, con impatti su magazzini e contratti in corso.
  • Prosciutti Dop: nel 2024 sono stati spediti 800.000 prosciutti di Parma negli Stati Uniti (un terzo dell’export totale), per 100 milioni di euro di fatturato. Essendo un prodotto non delocalizzabile, ogni ostacolo commerciale rischia di colpire l’intera filiera e ridurre l’accessibilità per i consumatori americani.
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