Trump inciampa sull’aborto
Umberto Baldo
Leggendo le cronache uno sarebbe indotto a pensare che gli americani, anch’essi come noi europei coinvolto in una campagna elettorale per certi versi “epocale”, dibattessero principalmente di Ucraina, di bilancio e di debito federale, di Cina e di dazi, solo per fare qualche esempio.
Sicuramente ragioneranno anche di questi temi, ma in realtà a tenere banco in questa fase è soprattutto l’aborto, un tema da sempre più molto più divisivo degli altri temi morali.
Su questi torneremo, non prima però di aver osservato che, mai come in questo momento, il diritto all’aborto si sta ponendo al centro del dibattito politico e culturale, spaccando i tavoli e le opinioni pubbliche dell’Occidente.
Come vedremo, un po’ ovunque l’interruzione volontaria della gravidanza sta riemergendo come un argomento ancora capace di lacerare le coscienze occidentali, in un dedalo dove si incrociano e si scontrano diritti di libertà e fede, e sulla quale purtroppo si ordiscono bieche strumentalizzazioni politiche.
Cominciando dalla Polonia, in cui il neo premier Donald Tusk sta faticosamente tentando di riportare il Paese verso valori europei, dopo la deriva imposta di anni di governo di una destra ultraconservatrice, bacchettona ed anti democratica.
Come vi dicevo il percorso per una revisione della legge restrittiva ed intollerante sull’aborto in Polonia è solo all’inizio, e non è facile, anche se, come sempre, le donne sanno essere molto pratiche, e molte di loro, aggirando i divieti, riescono ad interrompere le gravidanze indesiderate facendosi inviare le pillole dall’estero.
Ove nulla ed ove molto.
E così il mese scorso si è arrivati alla storica decisione della Francia, che il 4 marzo è diventata il primo Paese al mondo a sancire il diritto all’aborto nella sua Costituzione.
Sulla scia dello “strappo” francese si è mosso il Parlamento Europeo, approvando a larga maggioranza una risoluzione con cui gli Eurodeputati chiedono che il diritto all’aborto sia tutelato a livello di Ue, mettendolo al riparo dalle minacce emerse negli ultimi anni in diversi Stati. Proponendo così che il diritto all’aborto sicuro e legale venga alla fine inserito della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nota come Carta di Nizza, che avendo lo stesso rango giuridico dei Trattati Ue, è modificabile solo con l’unanimità dei Paesi membri.
A “scaldare l’ambiente”, sempre nei giorni scorsi, ci ha pensato la Chiesa Cattolica, con il documento del Dicastero per la Dottrina della Fede “Dignitas infinita”, che ha incluso l’aborto tra “i più gravi delitti dell’uomo”.
Ho visto che molti si sono meravigliati di questa condanna dell’ex Sant’Uffizio, e se la sono presa anche con Papa Francesco, che evidentemente immaginavano più “progressista” sui diritti.
Francamente io non mi sono stupito per niente, perché cosa volte che faccia Papa Bergoglio? Che rinneghi millenni di fede e di principi di dottrina cattolica?
Ma siamo seri!
Immagino che a questo punto vi siate resi conto di quanto possa essere delicato qualsiasi intervento “regolatorio” su una prassi che forse qualcuno pensava ormai acquisita da decenni, ma che allo stato dell’arte continua a rivelare di essere un nodo irrisolto delle nostre democrazie.
A scanso equivoci io, pur rendendomi conto della delicatezza della problematica, in considerazione del fatto che abortire per una donna è sempre una scelta difficile se non drammatica, ritengo che proprio per questo a decidere dovrebbero essere solo le donne, mentre constato che il tema è ancora troppo declinato al “maschile”.
E adesso torniamo al punto di partenza, agli Stati Uniti ed alla campagna presidenziale in corso.
Per una maggiore comprensione bisogna rispolverare una storica sentenza della Corte Suprema degli Usa, nota come Roe vs Wade, che nel 1973 sancì il diritto all’aborto in tutti gli Stati Uniti.
Prima di questa sentenza l’aborto negli Usa era disciplinato da ciascuno Stato con una legge propria. Fino a quel momento, secondo il commow law americano, l’aborto era proibito in 30 Stati, mentre nei restanti poteva essere praticato a certe condizioni (deformazione del feto, stupro, pericolo di vita per la madre).
Ho già avuto modo di dirvi che, diversamente che in Europa, negli Stati Uniti la religione è ancora un fenomeno imponente nella società, con echi di profezie medievali e sapori apocalittici che serpeggiano fra le infinite sette che costellano il Paese.
Questi “cristiani estremisti”, detti anche “pentecostali”, sono stati i principali artefici della vittoria di Donald Trump alle presidenziali del 2020.
In realtà Trump è palesemente un “amorale” interessato solo al suo “ego ed ai suoi interessi materiali”, ma chissà perché viene percepito da questi cristiani invasati come una sorta di nuovo “Messia”.
E’ chiaro che certi “debiti” sei costretto a pagarli, e così Trump durante il suo mandato ha riempito la Corte Suprema di giudici repubblicani (6 su 9 totali), giudici che appena si è ripresentato il tema dell’aborto, il 24 giugno 2022 hanno ribaltato la storica sentenza Roe vs Wade, di fatto annullandola.
Di conseguenza, ora ogni singolo Stato americano ha la facoltà di stabilire leggi proprie riguardo al diritto, o meno, di ogni donna, all’interruzione della gravidanza.
E qualche Stato si è già mosso, come ad esempio l’Arizona, la cui Corte Suprema ha di recente ripristinato la vecchia legge del 1864, decisa quando quello Stato era ancora Far West, e che stabilisce il divieto quasi totale di ricorso all’aborto.
Dal punto di vista dei democratici, il pasticcio Arizona è un’occasione troppo ghiotta per non essere colta al volo, per recuperare i voti di molte donne e della base liberal.
Capite bene che in quel laboratorio di polarizzazione che è diventata da tempo la politica americana, l’aborto sta emergendo come la madre di tutte le battaglie politiche, in un duello a spade incrociate dove è ammesso di tutto: colpi bassi, bugie, post verità.
Trump, sondaggi alla mano, consapevole della pericolosità politica del tema, ha cercato di fare una retromarcia parziale sulla posizione pro-life che ha ostentato negli ultimi anni (all’inizio della sua carriera pubblica in realtà era abortista) dichiarando che, in caso di una sua rielezione, saranno gli Stati a decidere come legiferare sul tema.
Trump ha quindi evitato di pronunciarsi sulla possibilità di un divieto dell’aborto stabilito a livello nazionale, così attirandosi attacchi bipartisan”
Diciamola chiaramente: il Tycoon si sta arrampicando sugli specchi.
Infatti questa sua posizione “pilatesca” ha da un lato catalizzato l’attenzione dell’elettorato femminile americano, desideroso di non essere privato di un diritto, ma dall’altro ha scontentato anche molti repubblicani, e tutti i gruppi anti-aborto che avevano votato in massa per lui nel 2016 e nel 2020.
Pilatesca, o se preferite salomonica, la dichiarazione di Trump, di fatto rende la posizione dei Repubblicani a favore di limiti severi all’aborto politicamente disastrosa per loro ( e non è un caso che Trump punti il dito anche contro Marjorie Dannenfelser, a capo di Pro-Life America, sostenendo che con le loro richieste i difensori della vita rischiano di compromettere i Repubblicani alle urne).
Questa vicenda, che non dimenticate mai si chiuderà solo il 5 novembre prossimo con il voto, dimostra comunque che, in politica, a volte “il chi di spada ferisce, di spada perisce” funziona eccome; e così l’aborto, che Trump ha cercato di cancellare come diritto per mezzo di una Corte Suprema a lui fedele, gli si sta rivoltando contro, mettendo in forse la sua rielezione.
Un “trappola” in cui Ciuffo Biondo, suo malgrado, si è andato a cacciare, offrendo ai democratici in difficoltà un tema potenzialmente vincente.
E ciò lo si percepisce bene dalle parole della democratica e abortista Nancy Pelosi (una 84enne da sempre ai vertici istituzionali), che ha invitato le elettrici a non cadere nella trappola: «O è stupido o pensa che siamo stupidi noi – ha detto di Trump – non ha nessuna convinzione, ma non si può esser solo un po’ anti-abortisti: o lo sei o non lo sei. E la gente lo vede”.
Rimango dell’idea che il tema riguarda soprattutto le donne, e che da loro, non dai preti, dai mullah, dai rabbini, deve arrivare la soluzione.
Umberto Baldo