Trump: quell’improvviso amore per i Bitcoin
Umberto Baldo
ISCRIVITI AL CANALE WHATSAPP DI TVIWEB PER RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO
Si usa dire che “solo i cretini non cambiano mai idea”, e quindi in politica ed in economia, come nella vita, cambiare il proprio modo di pensare è legittimo.
Che poi un eventuale “cambio di prospettiva” sia sempre una cosa positiva, non è detto.
Durante il suo primo mandato, Donald Trump non risparmiò parole di sfiducia verso le valute digitali.
“Non sono un fan di Bitcoin e di altre criptovalute, che non sono denaro e il cui valore è altamente volatile e basato sul nulla” scrisse nel luglio 2019 sul suo profilo X, aggiungendo:“le criptovalute non regolamentate possono facilitare comportamenti illeciti, tra cui il traffico di droga e altre attività illegali”.
Quindi posizioni molto chiare, senza mai allontanarsi dall’idea che “la valuta del mondo dovrebbe essere il dollaro”.
Durante l’ultima campagna elettorale sembra invece essere nato un amore travolgente tra Trump e Bitcoin: ed il mercato lo ha ben capito, tanto che dal momento della sua vittoria, il valore della moneta digitale è cresciuto del 37% giungendo ad una capitalizzazione di 1,8 trilioni di dollari, un controvalore superiore a quello dell’argento (tutto il mondo cripto è giunto a valere 3 trilioni).
Cosa è successo?
Potrei chiuderla subito dicendo che, verosimilmente, Trump non capisce un beneamato nulla della moneta digitale, ma è circondato da gente che gli suggerisce che si tratta di uno trumento perfetto per fare soldi con qualche venture e magari, chissà, per ridurre pure il peso del debito sovrano espresso in dollari.
Ma per comprendere appieno la portata di questa vera e propria “inversione a U”, credo sia necessario fare qualche riflessione.
Partendo dal fatto che gli Stati Uniti sono il maggiore centro finanziario del pianeta, e come tale sono la piazza cui tutti guardano per i servizi finanziari.
In secondo luogo chele monete digitali sono emesse da entità non statali (spesso non si sa proprio da chi), e in alcuni casi (come per Bitcoin) non c’è un’entità giuridica che si fa carico del loro valore. Di fatto il Bitcoin appartiene a chi lo possiede, e negli Stati Uniti si stima siano circa 70 milioni di persone.
Il mondo delle criptovalute è fatto anche di tante altre componenti che hanno a che vedere principalmente con la loro intermediazione: attività legate al funzionamento delle blockchain (minatori), piattaforme di scambio, società di gestione che forniscono prodotti finanziari legati alle criptovalute (ETF, fondi) e intermediari finanziari che investono per proprio conto o per conto di terzi. Buona parte di questo mondo è regolato negli Stati Uniti dalla SEC, il cui capo Gary Genser è stato molto rigido a seguito anche degli scandali che hanno coinvolto le piattaforme di scambio di criptovalute, a cominciare da Ftx
Ultima, ma a mio avviso forse la più rilevante, è che il dollaro Usa, nonostante i tentativi di scalzarlo, resta ancora la “valuta di riserva mondiale”.
Ma cosa vuole dire essere la “valuta di riserva mondiale”?
Semplicemente essere una moneta che viene ampiamente utilizzata a livello internazionale come strumento di pagamento e riserva di valore da parte dei Governi, delle Banche Centrali e delle Istituzioni Finanziarie.
In altre parole, è una valuta che viene tenuta in grandi quantità nei forzieri delle Banche Centrali di tutto il mondo come riserva per garantire stabilità economica e facilitare il commercio internazionale.
Per essere più chiaro, buona parte degli assets detenuti come riserve dalle Banche Centrali sono denominati in dollari; circa il 60%, in declino rispetto a 20 anni fa, ma tutto sommato la quota del dollaro è risultata stabile negli ultimi anni.
Certo il dominio del dollaro non è più incontrastato, ma tutto sommato gli attacchi degli ultimi anni non hanno provocato grandi sconquassi, dato che l’Euro, che poteva ambire a rubargli terreno, non riesce in realtà ad affermarsi su scala planetaria, il Renminbi cinese non cresce, e altre monete stanno guadagnano terreno, ma il fenomeno è ancora limitato.
Rappresentare la moneta di riserva valutaria per eccellenza a livello mondiale vuol dire essere ampiamente accettata e utilizzata nelle transazioni internazionali; essere stabile per garantirne l’affidabilità; essere liquida, cioè facilmente convertibile in altre valute o beni grazie alla accettazione globale; essere sicura perché emessa da una nazione politicamente stabile con un’economia solida
Tutto ciò comporta ad esempio poter emettere titoli di debito pubblico (bond) a buon mercato in quanto nel mondo c’è una vasta platea di operatori e Banche Centrali pronti ad acquistarli (ancora oggi la Cina è di gran lunga il primo Paese per riserve valutarie in dollari , detenendone per circa 3 trilioni).
A fonte di tutto questo, nel luglio scorso, parlando alla conferenza del “mondo Bitcoin” a Nashville l’allora candidato Presidente Donald Trump ha promesso nell’ordine: fare degli Usa “la cripto capitale del pianeta e la superpotenza bitcoin del mondo’’; creare un consiglio presidenziale sulle criptovalute “con regole scritte da persone che amano la vostra industria, non che la odiano come Biden e Harris”; licenziare Gary Genser il primo giorno dell’insediamento.
Mi ripongo la domanda: perché questo cambio di rotta?
Sicuramente perché il mondo delle criptovalute è stato uno dei più grandi sponsor finanziari di Trump; ed in secondo luogo i 70 milioni di investitori erano sicuramente un bacino di voti interessante.
Capisco che Trump ha vissuto le ultime elezioni come una “svolta epocale” per lui e per l’America, e che in certi casi per vincere si è disposti a pagare qualsiasi prezzo.
Ma non voglio neppure pensare che il futuro Presidente della Nazione più forte al mondo non abbia considerato che la possibilità di utilizzare una criptovaluta mette in discussione l’autorità statale, che ha sempre trovato uno dei suoi elementi fondanti nell’emissione di moneta.
Per essere più chiaro, la sola idea che si possa utilizzare una moneta digitale privata per i pagamenti al posto del dollaro farebbe venire meno il ruolo della Banca Centrale americana. In linea di principio si potrebbe anche fare ma, se accadesse, cosa succederebbe alla politica monetaria che serve per regolare la congiuntura economica? Chi si occuperebbe di regolare e vigilare il sistema creditizio fornendo liquidità all’occorrenza?
Lo abbiamo capito da tempo che i fautori, Musk in testa, di Bitcoin come moneta digitale al posto dell’euro e del dollaro hanno in mente un sistema finanziario che prevede il ridimensionamento delle Banche Centrali e delle Banche in generale (narrow banking), che non avrebbero più la possibilità di sfruttare il meccanismo della riserva frazionaria per fare credito all’economia.
Ma ragazzi, qui parliamo di un mondo avveniristico da incubo: chi definirebbe i tassi di interesse, chi garantirebbe la stabilità finanziaria?
Una blockchain e i Bitcoin? Tutto nelle mani di un algoritmo?
Non voglio neppure pensarlo!
Mi auguro veramente che quelle di Trump sulle valute digitali siano state solo delle “sparate” elettorali, e che qualcuno con un po’ di sale in zucca gli spieghi che Bitcoin riuscisse veramente ad imporsi come moneta sovranazionale, il dollaro perderebbe la sua centralità come riserva, affossando il ruolo di grande potenza degli Stati Uniti.
In altre parole promuovere il Bitcoin equivarrebbe a segare il ramo su cui gli Stati Uniti, che Trump dichiara di voler fare grandi di nuovo, sono seduti.
C’è solo da sperare che tradurre la spavalderia elettorale in atti politici concreti non sia una passeggiata neanche per Donald Trump.
Umberto Baldo
PS: A proposito di conflitto di interessi e spudoratezza, sembra che Truth, il social network di proprietà di Donald Trump, voglia comprare una piattaforma per il trading di criptovalute. Secondo il Financial Times, Trump Media e Technology Group (Tmtg) starebbe trattando l’acquisto di Bakkt, società controllata dall’Intercontinental Exchange, il gruppo della Borsa di New York. L’operazione dovrebbe avvenire attraverso uno scambio azionario.
Vi stupite se il Bitcoin veleggia verso i 100mila dollari?