19 Febbraio 2025 - 9.42

Trump: “Vade retro WOKE!”

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Umberto Baldo

Tenendo fede alle promesse elettorali, il giorno dopo il suo insediamento Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che dà l’addio all’identità di genere sui documenti, alle donne trans in carcere con gli uomini, ai fondi pubblici per l ‘”ideologia di genere”, e  che prevede anche la chiusura dei programmi di diversità ed inclusione.

Dall’obbligo di dichiarazione binaria (maschio-femmina) sui documenti, all’esclusione dei transgender dall’esercito, il trumpismo sta assestando colpi micidiali ad una “Weltanschauung” più che decennale che, pur partendo da concetti nobili, ha massacrato non solo la società tradizionale, ma anche la logica ed il buonsenso.

Se il Tycoon abbia decretato la fine della cosiddetta “cultura woke” forse è un po’ presto per dirlo, ma l’incipit sembra piuttosto deciso.

Io credo si tratti della reazione naturale agli eccessi di una visione del mondo nata con intenti lodevoli, come promuovere l’inclusione, la giustizia sociale e la sensibilizzazione su temi legati alle discriminazioni, ma che nel tempo è via via degenerata, trasformandosi in un’ideologia dogmatica che non ammette critiche, e portando ad esiti illiberali e paradossali.

E così, anno dopo anno abbiamo visto l’imposizione della “cultura della cancellazione” (cancel culture), basata sull’idea di individuare responsabili per opinioni e azioni del passato, che in molti casi si è trasformata in una vera a propria caccia alle streghe.

Per fare un solo esempio la grande scrittrice J.K Rowling è stata boicottata con tanto di roghi dei suoi libri, e addirittura minacciata per le sue posizioni chiare sul tema del “genere” e dei diritti delle donne (per lei, ed io la penso nello stesso modo, è donna solo chi ha le mestruazioni, senza se e senza ma!).

Figlia naturale della cancel culture è poi la riscrittura della storia con tanto di censura culturale. Da qui la rimozione o la revisione di opere d’arte, film, libri, statue e monumenti, ritenuti offensivi rispetto agli standard odierni. 

Il problema è che spesso questa visione ignora il contesto storico ed artistico, per cui si pretende di giudicare i fatti storici del passato con le sensibilità dell’oggi (per fare un paio di esempi  un film classico come Via col vento è stato temporaneamente rimosso da piattaforme streaming per presunte rappresentazioni razziste, e si è anche pretesa la riscrittura delle fiaba di Biancaneve).

Altra conseguenza l’eccessiva ipersensibilità e censura linguistica; nel senso che alcuni termini o modi di dire, anche quando usati senza intento offensivo, sono stati vietati o modificati per non offendere nessuno, 

Si tratta del cosiddetto “politicamente corretto”, in base al quale si pensa che epurando il linguaggio dalle “cattive” parole (veicolo di offesa e discriminazione), e usando al loro posto parole “buone”, si creino buoni sentimenti ed una realtà migliore.

Il che ha portato a situazioni paradossali, come quella di molte aziende in cui si chiede di non usare espressioni come “ladies and gentlemen” per non escludere chi non si identifica in quei generi.

Potrei continuare amici, ma io penso che il top dell’assurdo la cultura woke lo abbia raggiunto con l’ideologia di “genere”.

Qui si è assistito allo spostamento di una parte del movimento Lgbt dalla difesa (che io giudico giusta, sia chiaro!) del proprio orientamento sessuale, alla costruzione di identità sessuali astratte.

Questa deriva identitaria ha portato alla nascita del movimento LGBTQIA+ (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer, intersessuali, asessuali, più “altro”): un accumulo di identità eterogenee non relazionate tra di loro in cui il “+” finale apre a un’espansione classificatoria senza fine, nella direzione della neutralizzazione dell’eros indicata appunto dalla categoria “asessuali”.

Guardate, io sarò anche un vecchio arnese per il quale non è ancora naturale vedere in un film due uomini o due donne che si baciano appassionatamente; sarò anche un residuo dei secoli bui, ma la mia cultura fa fatica ad arrivare ad una vera e propria distorsione del concetto di “genere”, che porta naturalmente all’inseguimento del “terzo genere” (il neutro), o di altri generi fantomatici di cui nulla si sa.

Cosa volete, perdonate la mia limitatezza, ma per me l’umanità si divide ancora in “maschi” e “femmine” (e parlo di struttura anatomica eh); meglio ancora una comunità in cui le donne hanno un utero e possono diventare madri, mentre gli uomini hanno solamente il compito di fecondarle.  

So bene che, secondo i cultori del “gender”, il genere non è un dato biologico, ma una costruzione sociale; e che di conseguenza occorre distinguere sesso e genere, e valorizzare la percezione individuale di quest’ultimo, per costruire la relativa identità personale. 

Pertanto se una persona nasce maschio ma si percepisce femmina (o viceversa) dovrebbe aver diritto a tutte quelle facoltà giuridiche o meramente fattuali previste in favore delle donne.

Non so se ve rendiate conto, ma questa è una coltura che è decisamente contro le donne, che si troverebbero costrette ad esempio nello sport a gareggiare con soggetti nati e strutturati come maschi, o dividere una cella in prigione, o i bagni dell’ufficio, con una “donna dotata dell’organo maschile”.

Il problema a mio avviso è che c’è stata una diffusione tale di queste ideologie, diventate quasi una sorta di bandiera del mondo progressista e in genere di sinistra, da arrivare all’estremismo, alla polarizzazione, e anche all’intolleranza ideologica  verso chi ha opinioni diverse, etichettando come razzista, sessista o transfobico, chi le mette in discussione. 

In altre parole il problema della cultura woke non è il suo intento iniziale, combattere le ingiustizie, ma il fatto che, in alcuni contesti, si è trasformata in un’ideologia dogmatica che non ammette critiche, portando a esiti illiberali e paradossali.

E se consentite in certi casi anche comici o ridicoli, come nel caso di un articolo pubblicato nel 2022 sul blog del Museo della Scienza di Londra,che ha sollevato il problema di come agire nei confronti della famosa azienda  LEGO (quella dei leggendari mattoncini ancora popolarissimi tra grandi e piccini)  colpevole  di “rafforzare l’idea che l’eterosessualità è la norma”.

Si, avete letto bene, la Lego sarebbe  colpevole di propagandare una visione del mondo basata sul binomio maschio-femmina.

Ciò in quanto i suoi famosi pupazzetti riprodurrebbero solo le fattezze maschili e femminili, escludendo i transgender. Non solo, addirittura alla Lego si contestavano i meccanismi di incastro dei mattoncini (vuoto con pieno) che simboleggerebbero, secondo questi geniacci del Museo, una penetrazione di natura solo eterosessuale, e quindi come tale discriminatoria.

Si lo so che sembra di sognare, ma questi sono gli effetti di una propaganda cieca e ottusa.

Ma la storia insegna che tutte le rivoluzioni hanno un picco, per poi convergere verso più miti consigli, e spesso anche verso una netta revisione o “retromarcia”.

Così  ad esempio anche il Terrore di Robespierre e dei giacobini è finito con Termidoro.

Io penso che anche per la cultura woke valga il vecchio detto “chi è causa del suo mal, pianga se stesso”, perché con il meccanismo della normalizzazione dell’assurdo si sono creati Tribunali dell’Inquisizione 2.0 dove punire coloro che avessero detto cose come esistono due generi”o“il genere è un elemento biologico e non culturale”. 

Per quanto mi riguarda, su questa tematica non ho alcun timore di dire che la Presidenza Trump potrebbe costituire l’occasione per ritrovare un po’ di equilibrio e ragionevolezza, magari anche nella nostra Europa.

Umberto Baldo

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