19 Settembre 2023 - 9.24

Una cavità non è una vagina!

“Una signora va del ginecologo e……”  

Da sempre le barzellette che iniziano con queste parole sono fra le più diffuse e raccontate.

D’altronde si sa che l’argomento “tira” (senza sottintesi eh!), a testimonianza che il sesso è un aspetto della vita che coinvolge prepotentemente uomini e donne, e di conseguenza non meraviglia che sia anche oggetto di battute salaci e storielle boccaccesche.

Ma oggi non vi racconterò una barzelletta, bensì vi parlerò di un fatto che, portato alla ribalta dal noto quotidiano francese Le Figaro, è stato ripreso da giornali e media, tanto da finire anche fra le notizie di Euronews.

Innanzi tutto mettiamo in fila gli “ingredienti”.

L’ambito in cui si volge la vicenda è quello del mondo Lgbt, su cui vi ho intrattenuto in un pezzo del 12 giugno scorso dal titolo: “LGBTQI+  Cosa significa?”, scritto con l’intenzione di spiegare in modo didascalico cosa nasconda questo acronimo (en passant, è servito anche a me per chiarirmi le idee, che confesso avevo un po’ confuse).

Il secondo elemento, visto che uno degli attori della notizia è un soggetto transgender (nella specie un uomo che ha subito la vagino-plastica), cerchiamo di capire in due parole in cosa consiste questo intervento, che mediamente dura tre ore e mezzo, e come potete immaginare non è proprio un’operazione di routine, perché le “cose da cambiare” sono parecchie.

In estrema sintesi i chirurghi cominciano con l’asportazione dei  testicoli e dei corpi cavernosi del pene. Utilizzando lo scroto (la sacca che racchiude i testicoli), procedono poi a creare le grandi e piccole labbra. Quindi ricavano una cavità tra retto e vescica dove, introflettendo la pelle del pene, si ottiene una vagina (la prostata non viene asportata).

Se siete amanti della chirurgia, e volete una spiegazione più completa e dettagliata, anche sulla funzionalità finale dei nuovi organi sessuali, in Rete potete trovare tutto quello che vi serve (anche con corredo di filmati), ma per quello che serve ai fini di questa vicenda vi dovete accontentare. 

Resta inteso che esiste anche l’intervento “inverso”, finalizzato a trasformare i genitali da femminili a maschili. 

Bene, credo vada rimarcato che, se anche esteriormente (e per buona parte anche funzionalmente) la chirurgia moderna ottiene risultati eccellenti, chi ha subito una vaginoplastica non diventa una donna in senso anatomico, perché sarà comunque privo degli organi riproduttivi, l’utero in primis.

Chiarito tutto ciò arriviamo al “ Una signora va del ginecologo accompagnata dal fidanzato…”.

Solo che la signora in questione era una donna transgender di 26 anni, che chiedeva di essere visitata in una clinica ginecologica di Pau, nel sud ovest della Francia.

Dopo un po’ di attesa la segretaria del medico, il dottor Victor Acharian, ha informato la paziente che il sanitario non l’avrebbe visitata.

Lo specialista (ostetrico e ginecologo) ha motivato  il suo rifiuto dicendo semplicemente di non essere competente in materia, ma di poter guidare la paziente indirizzandola verso servizi specializzati.

Apriti cielo: “Sei transfobico!” avrebbe gridato la neo-signora, il cui fidanzato dopo aver scritto su Google una recensione negativa sulla clinica, ha anche minacciato denunce.

Inutile dire che l’incidente ha provocato un’ondata di critiche, con le Organizzazioni per i diritti dei transgender di tutta Europa che hanno condannato il comportamento del medico francese.

Il quale, nel polverone mediatico, ha pensato bene di chiarire la propria posizione, motivando il rifiuto della visita. 

Ha affidato questo messaggio a Twitter: “Signore. Sono un ginecologo e mi prendo cura di donne vere. Non ho competenza per curare gli UOMINI, non importa quanto si siano rasati la barba, e se hanno detto alla mia segretaria che sono diventati donne. Il mio lettino ginecologico non è adatto per esaminare gli uomini. Hai servizi specializzati che sono molto competenti per prendersi cura di uomini come te. Ti ringrazio per aver informato le persone TRANS di non venire mai nel mio ambulatorio”.

E’ poi andato alla stazione televisiva nazionale BFMTV per scusarsi pubblicamente.  

Specificando: “Non sono né transfobico né omofobico”, e  aggiungendo:“Pensavo di essere onesto quando ho detto che non era la mia specialità. Non so come trattarli, e non mi dispiace essere chiamato ignorante”. 

“Solo perché è una cavità non significa che sia una classica vagina,” ha spiegato Acharian, ammettendo la sua mancanza di conoscenza sui pazienti transgender, specificando che nei suoi trent’anni di pratica medica  il paziente in questione era la prima donna transgender che gli chiedeva una visita. 

Ha però anche ammesso: “Ho reagito spontaneamente, spinto dalla rabbia, e sentivo di essere stato attaccato ingiustamente. Ho reagito con parole molto goffe che potevano offendere. Lo so bene, ho espresso il mio rammarico in più occasioni”.

Io credo che il medico, dal punto di vista professionale, si sia comportato correttamente, ammettendo di non sapere deve mettere le mani.

Resta in ogni caso da definire a mio avviso se sia più “transfobico” visitare una paziente senza avere alcuna conoscenza delle specificità della sua situazione, o farle notare l’esistenza di altri specialisti, come ha fatto il dott. Acharian. 

Al di là della vicenda in sé, relativamente alla quale ognuno di noi può sentirsi più vicino alle posizioni del medico oppure a quelle del paziente (o dalla paziente se preferite), il problema esiste, perché almeno in Europa “la salute è un diritto universale che hanno tutti i cittadini”, e tanto per fare qualche numero, nel 2020 in Francia circa 3.300 persone sono state riconosciute dal sistema di assicurazione sanitaria come affette da una condizione a lungo termine di “disforia di genere”, dieci volte di più rispetto al 2013, secondo un rapporto presentato nel gennaio 2022 dal Ministero della Salute d’òltralpe.

E’ pur vero che, come afferma Pernille Ravn, membro della Società Europea di Ginecologia, e  ginecologa dell’ospedale universitario di Odense in Danimarca: “Non c’è alcuna raccomandazione per una donna transgender di sottoporsi a controlli ginecologici regolari, a meno che non abbia un problema chirurgico correlato all’operazione, perché non ha un utero o una cervice”, ma è altrettanto vero che non si può lasciare queste persone in un limbo, in un “buco nero”. 

La soluzione la può trovare solo la medicina assieme alla politica, e non è un caso che da settembre 2021  tre università francesi si siano collegate ed abbiano  iniziato a fornire formazione specifica per l’assistenza sanitaria ai trans. 

L’obiettivo è che i professionisti medici sviluppino una comprensione dell’assistenza sanitaria delle persone transgender.

Sono convinto che nel futuro serva un mix di competenze mediche per affrontare i problemi di queste persone, che però a mio avviso dovrebbero nel frattempo evitare di forzare la mano, pretendendo, come nel caso di specie, che un ginecologo, da sempre il “medico delle donne”, visiti e curi una persona che anatomicamente di una donna presenta al massimo i genitali esterni.

Non si tratta di “transfobia”, ma di semplice buon senso.

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