16 Novembre 2017 - 14.08

VALDAGNO/CORNEDO – Masso di 30 tonnellate incombe su una contrada

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Lo avevano paventato in tutti i modi: “guardate che prima o poi, a forza di mangiare terra e far scoppiare mine, la collina frana giù”. Ora sta succedendo.Un masso calcareo di 30 tonnellate, alto sei metri e largo tre, si sta staccando dall’apice di un pendio, all’interno della proprietà della Faba Marmi, in località Grolla, e incombe pericolosamente ormai da giorni sulle teste dei residenti di Contrada Tommasoni: un episodio inquietante che corrobora più in generale le preoccupazioni e le grida di allarme lanciate a più riprese dagli abitanti circa l’impatto delle lavorazioni dell’attività della cava sull’intera tenuta del colle. Ad accorgersi e a segnalare il grave problema, del quale peraltro vi erano già avvisaglie, sarebbero stati, la scorsa settimana, gli stessi operatori “coltivando” la cava. L’8 novembre i tecnici dell’Ufficio Cave e Miniere della Provincia di Vicenza hanno effettuato un sopralluogo, accertando “la presenza di un masso calcareo fessurato e con appoggio alla base su colonna rocciosa in disgregazione, situato entro il limite di cava nel settore esterno al fronte di coltivazione”, e disponendone la messa in sicurezza con ordine di immediata attuazione. Informato dell’emergenza, il Comune di Valdagno, nel cui territorio ricade il masso, proprio ai confini con quello di Cornedo Vicentino, martedì sera, 14 novembre, ha informalmente avvisato alcuni residenti e mercoledì ha pubblicato l’ordinanza che impone al titolare della ditta, Alessandro Faedo, “di adottare tutti i provvedimenti necessari per la messa in sicurezza dell’abitato sottostante di contrada Tommasoni”: il livello di allerta è tale che inizialmente l’Amministrazione comunale aveva addirittura pensato di evacuare le famiglie che abitano immediatamente sotto e le cui case distano dal masso pericolante appena un centinaio di metri. Sempre mercoledì una rappresentanza dei residenti ha richiesto con urgenza un confronto con la cava per capire l’entità della situazione e come si intenda intervenire. All’incontro, preceduto da un sopralluogo in loco, hanno preso parte Alessandro Faedo con il suo geologo, Giuseppe Franco Darteni, per il Comune di Valdagno Maurizio Del Cengio, dirigente della direzione Pianificazione e Gestione del Territorio, e per gli abitanti Igor Brentan, che è anche geologo, e l’ingegner Serafino Frongia per conto di Studio 3A, una società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, a cui si sono rivolte una trentina di famiglie della contrada per farsi tutelare rispetto alle innumerevoli problematiche arrecate dalla cava, con particolare riferimento alle serie di esplosioni di mine (2-3 a settimana) per estrarre graniglia: tutto il quartiere lamenta fessurazioni nelle pareti delle abitazioni, i rumori (lo sforamento dei limiti acustici è stato più volte comprovato), le polveri e, soprattutto,teme sempre di più per crolli e smottamenti della collina dov’è incastonata la cava e dove mancano opere attive preventive di sostegno delle pareti più acclivi. Dalla Faba Marmi però continuano a ostentare tranquillità, al punto che mercoledì, nonostante la situazione di pericolo, hanno continuato regolarmente a sparare le mine. L’attività di cava non c’entrerebbe nulla con il distacco del masso che, per dirla con Darteni, “è nato lì”: una spiegazione che ha lasciato allibiti i residenti. Ad ogni modo, l’intervento di messa in sicurezza, che adesso rappresenta la priorità e del quale non è stato redatto neanche un progetto “canonico”, in virtù dell’estrema urgenza, prevede che il masso venga ingabbiato con funi e poi cementato, operazioni che dovrebbero essere effettuate venerdì ma che andranno precedute dalla realizzazione di un vallo provvisorio “di sicurezza” più a valle in grado di intercettare e bloccare la pesante roccia in caso di distacco e rotolamento. Il che comporterà ulteriori disagi per la contrada perché il fossato, profondo almeno 2-3 metri e lungo circa 200, andrà scavato fuori dal terreno della cava e occuperà un ampio appezzamento sottostante di vari proprietari usato peraltro per la sagra del quartiere: l’impresa entro tre mesi dovrà ripristinare tutto come prima e il Comune di Valdagno si è fatto garante in tal senso, ma gli abitanti temono che il vallo finisca per diventare definitivo e chiedono un impegno per il ripristino preciso, scritto ed economicamente quantificato da parte dell’azienda. Ma gli abitanti, tanto più alla luce di quanto successo, tornano soprattutto a invocare un controllo puntuale sulla stabilità dell’intero versante: il più che fondato timore è che il distacco del masso sia solo la punta dell’iceberg di una situazione geologicamente compromessa, e anche laddove non sia stato dovuto all’attività di cava, sarebbe comunque sfuggito ai tecnici che hanno redatto le relazioni funzionali per ottenere le autorizzazioni. Dalla cava assicurano che la ditta Piccole Dolomiti, a cui verrà affidata l’esecuzione della messa in sicurezza, a ruota provvederà anche a una nuova verifica sul versante, “ma crediamo che questo controllo non possa limitarsi a un incarico affidato dal privato, che è anche il controllato, a un altro privato– osserva il Presidente di Studio 3A, dott. Ermes Trovò – Alla luce di quanto successo, è ora e tempo che le autorità preposte – Regione, Provincia e Comuni – diano un po’ più di credito alle innumerevoli e pressoché inascoltate segnalazioni dei cittadini residenti, i quali sin qui non hanno gridato “al lupo al lupo” per sfizio, e alle nostre richieste e proposte: si assumano le loro responsabilità e intervengano direttamente per controllare la tenuta della collina e normare l’attività, adeguandola finalmente alle esigenze dell’abitato sottostante e dell’ambiente circostante. Perché qui non è più solo questione di crepe, rumori e polveri, ma c’è di mezzo l’incolumità pubblica”.

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