28 Ottobre 2013 - 9.02

VENETO CRIMINALE- Nebbie mafiose nel Veneto in crisi

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di Alessandro Ambrosini

C’è nebbia in pianura padana e non è quella che ogni veneto conosce bene, quella che avvolge strade e abitazioni da Ottobre a Febbraio. E’ una nebbia fatta di silenzi,occhi chiusi e orecchie tappate. E’ qualcosa di strisciante che si insinua tra le aziende, tra la gente che prende il sopravvento sull’economia di una regione catapultata in una crisi che sta radendo al suolo decenni di anni di crescita esponenziale di ricchezza vera. Quella che non segue gli andamenti della Borsa,degli indici giapponesi o americani.
Questa nebbia che si è insinuata e che piano piano corrode si chiama mafia. Non stiamo parlando di uomini con coppola o lupara,stiamo parlando di cosche e clan che nel corso degli anni si sono mimetizzati con il paesaggio. Si sono accreditati, si sono resi partecipi di scandali più o meno eclatanti in tutto il Veneto. Stiamo parlando di un concetto che si è fatto strada in silenzio. Perché le mafie sono le calibro 38,i grossi carichi di cocaina, i locali bruciati ma sono anche molto di più.
Sono “aziende” diversificate, efficienti che non risentono di spending review. Al massimo, i tagli che fanno, corrispondono a bare infilate dentro i furgoni della mortuaria. Sono altre. Vanno oltre.
Impossibile dirà qualcuno. Qui non siamo a Palermo, a Napolia, Bari o a Roma. Qui non si ammazza, qui non chiede il pizzo, non ci sono estorsioni. Tutto parzialmente vero. Le mafie italiane nel Veneto hanno scelto un profilo basso, lasciano la” strada” a quelle straniere: albanesi, moldavi, nigeriani e cinesi. Mafie diverse nell’organizzazione, nella percezione e nei crimini che perseguono.
Le mafie italiane nel Nord-est speculano. Lo fanno da decenni. E’ una sorta di cassaforte. Una banca che non misura i grammi di cocaina, misura gli appalti e gli investimenti. Misura l’usura, la frode fiscale, la corruzione. Sono mafie subdole che parlano il calabrese come il veneto, il siciliano come il milanese, il napoletano come il romagnolo. Un boss della ’ndrangheta, ora tra i principali collaboratori di giustizia, mi raccontò che dopo aver imparato a sparare venne mandato nel Veneto come si manda un figlio in un college inglese o americano. Venne a “studiare” in una delle aziende di famiglia come gestire gli affari al Nord. Imparò a ragionare come un veneto, imparò a capire come lavora un veneto, i punti deboli dell’imprenditore veneto. Questa è la mafia nella Pianura Padana,un grande cavallo di Troia.
Racconteremo come questa regione sia crocevia e corridoio di ogni sorta di traffico illecito: dal mare, dal cielo e dalla terra. Lo faremo leggendo il passato e il presente da vicino. Dalle questure, ai palazzi di giustizia, alla strada. Droga, armi, esseri umani, rifiuti tossici. In entrata e in uscita. Un sistema che si è perfezionato negli anni, che ha saputo stratificarsi a seconda della “specializzazione”, della provenienza.
Mafia, camorra, ’ndrangheta, casalesi, criminalità straniere dalla fine della Mala del Brenta hanno giocato a Risiko con questa terra che, proprio in questi momenti di grande difficoltà economica, è il grande elefante ferito con intorno iene pronte a dividersi un boccone imponente.

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