Veneto la regione con più positivi d’Italia (ma anche con più tamponi): che fare ora?
La Bild, il quotidiano tedesco che con 5 milioni di copie vendute ogni giorno è il giornale europeo più diffuso, ha definito l’intervento che Angela Merkel ha tenuto mercoledì scorso al Bundestag, “il discorso più emotivo della Cancelliera”.Ed in effetti la Merkel, con la voce rotta dalla commozione, replicando alle accuse dell’ultradestra Afd di “spaccare il Paese”, ha difeso nuovamente l’Illuminismo e la scienza, che avrebbero contribuito a fondare l’Europa di oggi contro l’oscurantismo.Visibilmente accalorata, in uno dei passaggi più forti del suo discorso ha detto: “Mi dispiace, mi dispiace di cuore, ma i capannelli per il vin brulè non sono compatibili con le regole concordate (la chiusura dei ristoranti e la limitazione a prendere il cibo da asporto)”. La Cancelliera ha anche sottolineato che “fino a Natale ci sono ancora due settimane, 14 giorni, e dobbiamo fare tutto il possibile per evitare di tornare ad una crescita esponenziale dei contagi, ma al momento in Germania i contagi continuano ad aumentare. E se il prezzo sono 590 morti al giorno, questo non è accettabile”.La Cancelliera ha anche appoggiato il consiglio dell’autorevole Accademia Leopoldina per un lockdown più duro per le festività, dal 14 dicembre al 10 gennaio.Va detto che alcuni land (corrispondono alle nostre Regioni) hanno già deciso in via autonoma una stretta ulteriore. La Sassonia ha disposto la chiusura delle scuole e degli asili, oltre che limitazioni dei contatti sociali, fino al 10 gennaio. E la Baviera ha dichiarato addirittura lo “stato di catastrofe”, per favorire il coordinamento delle misure anticontagio.Ho ritenuto opportuno partire dalla Germania, che viene spesso citata come la nazione “faro” in Europa, e fra quelle che hanno meglio gestito la crisi sanitaria da Covid-19, per mostrare che le limitazioni imposte dal Governo per Natale non sono un’eccezione, e sono più o meno allineate con quelle degli altri Paesi alle prese con la cosiddetta seconda ondata.E consiglierei a coloro che dalle nostre parti protestano, caldeggiando cenoni, libertà di incontri, sciate in libertà, di andarselo a vedere l’intervento del capo del Governo tedesco alla Bundestag.Perchè vedrà, so di ripetermi ma spero serva a qualcosa, un discorso che si è trasformato in una serie di appelli accorati ai cittadini di restare a casa, accompagnati da un vivace gesticolare, da una voce spezzata, da un battere il podio a mani congiunte.Tornando al di qua delle Alpi, spiace constatare che, oltre ai tentativi di Presidenti di Regione e Sindaci per allentare le misure disposte dal Governo, siamo alle prese con una vera e propria “guerra dei numeri”.Che l’Italia sia il Paese in cui tutto è relativo e discutibile lo sappiamo da sempre.Ma francamente non pensavo si arrivasse a dividersi di brutto anche sui freddi numeri, che per definizione dovrebbero essere “neutri”.Il problema è che, fino all’introduzione da parte del Governo della ripartizione del territorio in zone, dal rosso al giallo, i numeri della pandemia (numero dei tamponi, degli infetti ecc.) erano semplicemente degli indicatori del livello del contagio nelle varie zone. Oggetto di discussione sì, ma non poi più di tanto.Ma l’attivazione delle “zone” ha comportato differenti livelli di prescrizioni anticontagio, così che, per fare un solo esempio, la mobilità fra Comuni, consentita nelle Regioni “gialle” come il Veneto, era invece vietata nelle Regioni “rosse”.Era prevedibile che con l’avvicinarsi delle festività di fine anno, che per gli alberghi, gli esercizi commerciali, le località turistiche, valgono circa un terzo degli incassi annuali, la contestazione verso queste limitazioni fosse destinata ad aumentare.Per questo i “numeri” stanno assumendo un’importanza sempre maggiore.E stranamente lo sono diventati negli ultimi giorni proprio nel nostro Veneto, ritenuto fino a poco fa il “modello di riferimento” per la lotta al Covid.Cerchiamo di capire il perchè.Tutto nasce da una “difformità” di esposizione, e quindi di interpretazione dei dati relativi alla nostra Regione. In estrema sintesi i dati pubblicati dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore della Sanità sui bollettini ufficiali, secondo il Presidente Luca Zaia sarebbero “falsati”, sottolineo non “falsi” bensì falsati, nel senso che non fotografano la situazione reale. Vediamo di capire meglio.Le agenzie di stampa, pubblicando i dati “ministeriali”, da alcuni giorni scrivono che il Veneto è la Regione che registra il maggior numero di casi di tamponi positivi.La cosa ha fatto saltare la mosca al naso a Luca Zaia, che giorno dopo giorno, nel corso delle sue conferenze stampa quotidiane dalla Protezione civile, si mostra sempre più irritato, e incline a polemizzare con “Roma”.E solo per limitarci ad un giorno, mercoledì 9 dicembre, Zaia dopo aver esposto i dati del giorno precedente, visibilmente infastidito ha detto: “Siamo nella parte alta della curva, vediamo un trend di timida discesa regionale. Abbiamo avuto una crescita graduale fin dal primo giorno, senza impennate iniziali, siamo arrivati nella parte alta, adesso si spera che pian piano decresca. I fattori fondamentali sono: abbiamo meno di un terzo dei positivi rispetto a marzo, ma abbiamo anche circa 600 persone in più ricoverate, ma non abbiamo avuto il lockdown. E poi c’è il tema del distanziamento sociale che va privilegiato per non far circolare il virus”.Ed ancora: “Quando leggo titoli che dicono che il Veneto è la regione con più positivi, non è vero. Il Veneto trova più positivi sì, ma perché li andiamo a cercare. A marzo si diceva che c’era il problema di trovare i tamponi, ora c’è il problema di non “caricarli” tutti. E’ una battaglia che facciamo noi, ma la virtuosità non deve essere punita”.Ed arrivando al “nocciolo” del problema: “Il numero assoluto di positivi non vuol dire niente. Quel che conta è la percentuale sul totale dei tamponi. Vorremmo capire ufficialmente, e ne ho parlato anche con il professor Brusaferro, se i dati sono omogenei a livello nazionale. Se si prende il dato assoluto dei positivi devi spiegare che non è confrontabile con altre regioni; alcune fanno solo tamponi molecolari, altre un po’ di rapidi, alcune caricano un dato, altre hanno fatto scelte di testare fasce di popolazione e non altre. Non è un dato omogeneo”.Posizione, quella del Governatore, sostenuta apertamente anche dalla dott.ssa Francesca Russo, direttore della Prevenzione della Regione, che ha dichiarato apertamente che il Veneto ha scelto fin dall’inizio di intercettare il maggior numero possibile di positivi asintomatici, che il Veneto è una delle poche regioni che ha introdotto i test rapidi, e che poichè altre regioni hanno adottato differenti strategie (ad es. il Lazio non “tampona” i familiari dei positivi), si generano discrepanze nei dati finali, che risultano pertanto non omogenei.Io ritengo che al di là delle polemiche un problema ci sia, e non credo che Luca Zaia protesti tanto per protestare. Anche se è chiaro che l’impennata dei casi offre ai critici del suo operato un argomento insperato, e non a caso abbiamo visto il Gruppo consigliare del Partito Democratico, finora assente sulla scena politica regionale, uscire con un documento “di attacco”.A onor del vero va detto che le cronache su giornali e media degli ultimi mesi hanno chiaramente mostrato che alcune “furbizie” da parte di qualche Regione ci sono state, che sono circolati sospetti di “dati taroccati” volutamente, che ogni territorio procede in ordine sparso, che sui conteggi non c’è una chiara direttiva nazionale, che non c’è una regola uniforme. E’ evidente che quando non ci sono regole certe tutti dicono di avere ragione, e per il cittadino non è facile raccapezzarsi.Ritengo quindi che il semplice “buon senso” imponga ad uno Stato che vuole essere serio e credibile, almeno l’omogeneizzazione della raccolta e della lettura dei dati dell’epidemia. Altrimenti non di scienza si tratta, ma di una lotteria.Ma al di là dei differenti conteggi su tamponi e contagi, resta il fatto che la situazione pandemica in Veneto è ritornata al 31 marzo, e che i veneti che fino ad ora non ce l’hanno fatta si avviano ad essere 5mila, come se un piccolo paese fosse scomparso improvvisamente. E purtroppo non è ancora finita, perchè il numero dei morti è fatalmente destinato a salire ancora. Qui non si tratta di criminalizzare nessuno, sia chiaro, ma se Angela Merkel, come abbiamo visto, invita i tedeschi a stare in casa evitando le occasioni di socializzazione, ritengo che non sia fuori luogo se le stesse cose ce le chiedono i nostri governanti.E su questo Luca Zaia è sicuramente inattaccabile, visto che da quasi un anno “martella” ogni giorno sulla necessità di portare le mascherine e di rispettare le distanze interpersonali.Ma purtroppo, finchè vedremo ancora scene come quelle che ogni giorno ci propongono media e social, con assembramenti di persone senza mascherina nei centri urbani, feste clandestine senza regole, e da ultimo l’assalto alla montagna veneta anche durante la bufera di neve e pioggia dell’Immacolata, i numeri della pandemia sicuramente non caleranno.E la responsabilità sarà solamente nostra.Consentitemi un’ultimissima riflessione. Sembra che il premier Conte abbia deciso di permettere lo spostamento fra Comuni, vietato per il 25, 26 dicembre ed il 1 gennaio. I talk show, i media ed i social si sono scatenati nei giorni scorsi sul “paradosso” di potersi muovere in una città di quasi tre milioni di abitanti come Roma, e non tra piccoli comuni, giudicando il divieto come assurdo e di difficile comprensione. Si può anche essere d’accordo, e sicuramente si tratterebbe di un grande sacrificio per molti, ma io temo che quasi sicuramente un allentamento potrebbe essere interpretato come un “via libera” a qualunque spostamento, visto che un parente che abita in un’altra località con cui passare Natale e Capodanno lo si trova sempre.Magari si tratta di parenti che non vediamo mai, ma che verrebbe utile “riesumare” guarda caso proprio in occasione delle festività 2020. D’altronde siamo o non siamo il Paese in cui durante il lockdown si affittavano i cani per consentire di uscire di casa? Non escluderei che a qualche “geniaccio” venisse in mente di “affittare” anche qualche parente per il cenone o per i botti!