VENETO – La Regione intende impugnare la riforma
E’ guerra aperta sulla riforma della scuola. Non solo i sindacati contro il Governo Renzi ma anche gli enti locali. L’iniziativa la prende la Regione Veneto che con un comunicato dell’assessore all’Istruzione Elena Donazzan annuncia di voler impugnare la riforma appena approvata.
“Chiedo che il Veneto impugni la riforma Renzi sulla cosiddetta ‘buona scuola’. La legge approvata nei giorni scorsi dal Parlamento e firmata oggi dal presidente Mattarella rappresenta l’esatto contrario di quell’autonomia e di quel federalismo che la Costituzione riconosce alle Regioni. E tradisce le esperienze di ‘buona scuola’ già in essere”. Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione e alla formazione, considera la nuova legge una prova dichiarata di centralismo, perché cancella le graduatorie di immissione in ruolo su base territoriale ed espropria le Regioni delle competenze garantite dall’articolo 116 della Costituzione. “Lunedì prossimo proporrò alla Giunta di costruire un robusto e articolato ricorso contro la legge – anticipa Donazzan – perché sia riconosciuta alla Regione quell’autonomia concreta che ci meritiamo, forti della sperimentata collaborazione che abbiamo in essere con l’Ufficio scolastico regionale, emanazione diretta del Ministero”, del lavoro di razionalizzazione che abbiamo svolto con il dimensionamento degli istituti scolastici e, soprattutto, delle importanti risorse che la Regione Veneto investe nel sistema scolastico, in sostituzione dello Stato: 84 milioni l’anno nella formazione professionale, dove 20 mila giovani assolvono all’obbligo scolastico e si garantiscono un accesso al mondo del lavoro, 20 milioni l’anno per sostenere le scuole d’infanzia paritarie, frequentate da due terzi dei bambini veneti tra i 2 e i 6 anni, 1,8 milioni di euro per finanziare l’alternanza scuola-lavoro e oltre 10 milioni di euro per rafforzare le conoscenze linguistiche degli studenti delle superiori”.
Nel mirino dell’assessore regionale c’è il contingente annuale del corpo docenti assegnato al Veneto dal ministero, calcolato sul parametro numerico di classi teoriche da 32 alunni: si ignorano così le specifiche esigenze del territorio regionale, come quella di dare continuità alle scuole a tempo pieno già attivate, o quella di ampliare l’offerta di scuole statali d’infanzia di fronte alla progressiva contrazione delle scuole paritarie costrette a chiudere per effetto della crisi e del taglio ai finanziamenti. “E’ vero che le iscrizioni in Veneto per l’anno che si aprirà a settembre sono in calo di 1607 unità rispetto all’anno che si è appena concluso, ma la riduzione non è spalmata sul territorio. Anzi, ci sono territori e istituti che, in base all’organico ministeriale assegnato, si trovano con classi con oltre 32 alunni. Secondo i calcoli dell’Ufficio scolastico regionale, al Veneto servirebbero almeno 377 insegnanti in più rispetto a quelli previsti in organico”.
Tra gli altri punti controversi della riforma l’assessore regionale mette sotto la lente la cancellazione della graduatorie territoriali e l’”apparente” stabilizzazione dei precari: “Mi sconfortano – dichiara – la poca attenzione e lo scarso rispetto dimostrato dal Governo verso una classe docente preparata e sottoposta da anni a continue incertezze. I docenti precari che hanno scelto di insegnare in Veneto si vedranno cancellare aspettative, che io considero diritti, da una riforma che ha il solo scopo di esaurire le graduatorie delle Regioni del Sud e di avallarne un sistema di gestione irresponsabile. La sbandierata assunzione di 100mila precari – aggiunge Donazzan – non andrà a beneficio dell’organico di base, elemento cardine per far funzionare un sistema scolastico efficiente, ma solo a potenziare le aree complementari di insegnamento. “Così non si dà risposta alle esigenze prioritarie della sistema scolastico – conclude Donazzan– La scuola dovrebbe rivestire un valore strategico nel nostro Paese, o almeno così il Governo continua a ribadire con enfasi. In realtà la cosiddetta riforma per la ‘buona scuola’ appare perseguire più obiettivi di risparmio che di investimento”.