7 Novembre 2022 - 9.53

VENETO – Rifiuti sparsi nel capannone e norme di sicurezza non rispettate: azienda tessile sequestrata

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Nei giorni scorsi, la Guardia di Finanza di Treviso ha sequestrato un laboratorio tessile del valore commerciale di circa 100 mila euro poiché gestito in condizioni di degrado e con diversi fattori di pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori. I militari hanno anche sigillato 30 metri cubi di scarti tessili, sparsi in tutti i locali aziendali (specie l’autorimessa, praticamente adibita a discarica) e a ventuno macchinari per la lavorazione dei capi d’abbigliamento, comprese macchine da cucire, banchi da stiro e da lavoro, una pressa per bottoni.

Il laboratorio, grande all’incirca 300 metri quadri, nel comune di Morgano, era privo di ventilazione e uscite di sicurezza, oltre che carente dei più basilari requisiti igienico-sanitari e delle misure per il corretto smaltimento degli scarti di lavorazione, volte a prevenire incendi e tutelare l’incolumità dei lavoratori. Inoltre, è emersa anche l’assenza di illuminazione, visto che tutte le finestre erano oscurate da teli in tessuto, soluzione adottata per non mostrare che il laboratorio fosse attivo anche durante la notte.

L’amministratore della ditta è stato denunciato alla Procura di Treviso per violazione delle norme sulla prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro e per aver realizzato un deposito incontrollato di rifiuti speciali. Il sequestro d’urgenza, eseguito con il supporto del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Treviso, dello S.P.I.S.A.L. – ULSS 2 Marca Trevigiana, dell’ARPAV di Treviso, del personale tecnico del comune interessato e del Comando Intercomunale della polizia locale di Istrana e Morgano, è stato convalidato dal Tribunale di Treviso.

Dal 2009 in poi, diverse aziende si sono succedute nell’occuparsi delle produzioni tessili, sempre maturando grandi debiti con il Fisco. L’ultima era stata costituita nell’agosto 2009. Vere e proprie imprese “Apri e chiudi”, che dopo essere diventate insolventi con l’Amministrazione hanno trasferito il personale e i macchinari nella successiva impresa costruita “ad hoc”, continuando a operare con gli stessi clienti e fornitori, cambiando solo nome e partita Iva. In 13 anni, il debito con l’erario ammonta a quasi 3 milioni di euro.

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