VENEZIA – Concia, innovazione e sostenibilità
Lo scorso 19 ottobre nel padiglione Expo Venice Aquae di Venezia Marghera, si è svolto, promosso dall’Associazione Fare in Rete, un coinvolgente workshop che ha visto la presenza di addetti ai lavori dell’economia conciaria della zona Vicentina.
Promosso in concomitanza di Expo Milano, la location ha enfatizzato lo stretto rapporto che lega il distretto della pelle vicentino alla salvaguardia dell’ambiente, in particolar modo dell’acqua.
Elemento portante degli interventi di relatori ed auditori è stata la crescente importanza che sta suscitando il concetto di Circular Economy, sia come modello strategico di crescita sostenibile che come modello imprenditoriale di sviluppo.
In effetti il concetto di Circular Economy, oltre a fondersi con il concetto ormai acquisito di Green Economy, coinvolge un uso efficace delle risorse esistenti basandosi quindi sul valore di riciclo dei prodotti.
L’idea che anima questo approccio alla prossima rivoluzione industriale è rendere qualsiasi manufatto, e con esso ogni sua parte, riciclabile in modo che possa essere riutilizzato più e più volte; si prospetta perciò un modello di industria che tende, attraverso una consapevole progettazione dei prodotti, e con essi del proprio ciclo produttivo, a valorizzare il ciclo di vita dei prodotti immessi nei mercati il più a lungo possibile, eliminando o riducendo il concetto di rifiuto.
Questo approccio sarebbe il preludio ad una nuova fase di crescita dei consumi nonchè un’alternativa intelligente (ed economicamente sostenibile) all’aumento esponenziale del prezzo delle materie prime, che secondo diverse stime è cresciuto, a livello globale, del 150% nell’ultimo decennio e che potrebbe generare nei prossimi 5 anni, su scala planetaria, più di 100.000 posti lavoro creando nuove professioni e generare risparmi per 1.000 miliardi di dollari l’anno entro il 2025.
È partendo da questi presupposti, esposti sia dal dott. Giorgio Riondato, Presidente dell’Associazione Fare in Rete promotrice dell’evento, che da Maurizio Maggioni, editore della rivista Tecnologie Conciarie e moderatore dei lavori, che hanno avuto inizio i lavori della parte tecnica che ha visto le esposizioni dei relatori.
Il primo intervento è stato a cura di Pierluigi Braggion, Presidente di Corichem Srl di Sarego, azienda chimica da sempre attenta all’impatto ambientale e sociale dei propri prodotti sviluppati per il settore conciario, che ha esposto una documentata ed argomentata ricerca dal titolo “Benefici ambientali da processi chimici innovativi”, che possiamo sintetizzare nelle successive righe.
La presentazione tecnica ha evidenziato come, nelle varie fasi di lavorazione della pelle quali operazioni di riviera, concia, wet end e rifinizione, il denominatore comune che ha motivato i tecnici Corichem a sviluppare tecnologie meno impattanti a livello ambientale sia stato il ridurre solfuri, solfati e cloruri con conseguenti minori riverberi sulla depurazione delle acque e una minor produzione di fanghi.
Questi sforzi prodotti nella ricerca hanno permesso di sviluppare sistemi di lavorazione conciaria quali un innovativo sistema di calcinaio e di pickel.
Il nuovo sistema Coripikel permette, oltre ad eliminare l’utilizzo di acido formico e solforico, una significativa riduzione dell’utilizzo di sale, circa il 70%, e un minor uso di solfato basico di cromo nella misura del 15%.
Le pelli risultano in generale leggermente più compatte e con fiore più liscio, in particolare non c’è più una grande differenza tra croste spaccate in wet-blu e quelle in trippa.
Per rimanere in tema di nuove tecnologie a minor impatto ambientale, in linea con il tema del workshop, è stato poi descritto sinteticamente lo sviluppo di una nuova classe brevettata di ingrassi polimerici a doppia esterificazione e transesterificazione, che hanno l’obiettivo di sostituire gli ingrassi usati tradizionalmente per il cuoio, in grado di mantenere o migliorare le caratteristiche merceologiche delle pelli finite (morbidezza, sofficità, rotondità) e di migliorare le performance ecologiche (COD inferiori sui bagni esausti, più alte fissazioni sulle pelli) e permettono di riutilizzare materie prime secondarie provenienti da altri settori o materie prime ottenute da fonti rinnovabili.
Terminata l’esposizione di Braggion, Maggioni ha collegato la fase di lavorazione chimica con quella meccanica e tecnologica, dando il via all’esposizione di Gianni Maitan, Amministratore delegato di Gemata, azienda di Trissino market leader nella produzione di impianti per la lavorazione delle pelli, che ha presentato un approfondito lavoro tecnico, “Incremento dell’efficienza nei cicli di rifinizione in un’ottica di risparmio delle risorse”, che di seguito sintetizziamo.
Dopo un escursus sull’evoluzione e sui miglioramenti ottenuti sulle pelli con applicazione di prodotti di rifinizione con macchine a rullo che hanno affiancato i tradizionali impianti a spruzzo, Maitan ha preso in considerazione la nuova generazione di macchine a rullo per la rifinizione di pelli intere per carrozzeria ed arredamento.
Durante gli ultimi dieci anni la copertura a rullo ha sostituito la copertura a spruzzo in molti campi di applicazione; in particolare, la rifinizione delle pelli per carrozzeria può adesso essere effettuata utilizzando esclusivamente il “sistema a rullo”.
In effetti questa tecnologia evidenzia che si possono ottenere importanti risparmi energetici e di prodotto in quanto l’installazione di questi impianti hanno zero emissioni poichè la totalità dei prodotti chimici viene depositata sulle pelli.
Sono poi stati analizzati i vantaggi economici ed ambientali della rifinizione a rullo confrontandola con la rifinizione a spruzzo nella produzione di pelli intere stampate (carrozzeria/arredamento) partendo da pelli smerigliate. Maitan ha fatto rilevare i maggiori benefici economici, energetici ed ambientali della tecnologia rotativa, che così possiamo riassumere:
risparmio del 50% di utilizzo di prodotti chimici;
risparmio dell’80% di utilizzo di energia elettrica;
risparmio del 95% del consumo di acqua e della stessa percentuale di aria compressa;
risparmio del 100% per le operazioni di stoccaggio e smaltimento di fanghi derivanti da dispersione di prodotti chimici.
Ha preso poi la parola Cecilia Fochesato, responsabile ambiente RSPP della conceria arzignanese Calbe Spa, di Rino Mastrotto Group, che ha argomentato la necessità di effettuare lavorazioni conciarie sostenibili rispettando le risorse, con una presentazione dal titolo “Ciclo virtuoso dell’acqua nella fase di calcinaio”. I punti salienti della presentazione sono stati quelli della valutazione di un ciclo di lavorazione teso ad eliminare, o perlomeno ridurre significativamente, la presenza di solfuri e solfati nelle acque di scarico.
L’azienda ha sviluppato una tecnologia propria di preparazione e trattamento che permette di rispettare appieno il concetto di circular economy con un processo in continuo che riutilizza, filtrando, le acque della varie fasi di lavorazione, risparmiando un notevolissimo volume di acqua.
Da ultimo è intervenuto Fabio Agnolon, agronomo di Sicit 2000 Spa di Arzignano, azienda che opera nel recupero dei sottoprodotti delle lavorazioni conciarie per reimmettere nel mercato ammendanti destinati all’agricoltura, chiudendo così il ciclo virtuoso del sistema conciario; titolo dell’intervento “Biostimolatori ricavati da sottoprodotti di conceria”, che ha aperto nuove ed interessantissime strade al concetto di Circular Economy del distretto veneto.
L’azienda produce aminoacidi e peptidi, più comunemente conosciuti come biostimolanti, a partire da sottoprodotti di conceria quali carniccio e rasatura.
Agnolon ha descritto nel dettaglio le fasi di lavorazione del processo produttivo dei biostimolanti riepilogandone i benefici effetti sulle colture: maggiore crescita di radici, fusti e foglie, con maggiore fertilità dei fiori e superamento del problema dell’alternanza delle coltivazioni dovuta ad una riduzione dell’accumulo di nitrati nei terreni, con una conseguente migliore crescita di frutti, più uniformi, colorati e saporiti.
Grazie alla migliore solubilità e assorbimento dei nutrienti è possibile un migliore trasporto dei nutrienti stessi nella pianta in quanto viene stimolata l’attività della microflora donando maggior fertilità al suolo, permettendo alla pianta una miglior resistenza e tolleranza a temperature estreme, alla salinità, alle siccità e alla mancanza di luce.
Maggioni ha preso spunto dalle relazioni precedenti per evidenziare come il Distretto Veneto della Concia sia l’unico vero distretto al Mondo dove vengono prodotte pelli per ogni utilizzo, dalla calzatura alla pelletteria, dall’abbigliamento all’arredamento living ed automotive, fino a concludere con un ciclo virtuoso di trattamento reflui e di recupero, e che l’intera filiera conciaria italiana può essere considerata a livello mondiale l’unica veramente rispettosa dell’ambiente.
Si è introdotta così la seconda parte della giornata, quella relativa alla tavola rotonda, chiamando sul palco Paolo Gurisatti, presidente del Distretto veneto della Pelle, Giuseppe Baiardo, del Direttivo Acrib – Associazione calzaturifici della riviera del Brenta, e Ernesto Pisoni, responsabile tecnico della Conceria Stefania di Turbigo situato nell’area milanese.
L’intervento di Gurisatti ha toccato i punti focali del sistema produttivo distrettuale, ponendo l’accento su fattori relativi alla Circular Economy che pongono al centro del sistema non solo beni e servizi, ma prodotti industriali e manifatturieri.
In sintesi il principio di base dell’economia circolare che interessa il sistema pelle, secondo la visione di Gurisatti, è la possibilità, pressoché infinita, di rimettere in circuito il ‘già utilizzato’, cioè gestire e rinnovare le risorse esistenti a ciclo continuo, in definitiva una vera miniera inesauribile di risorse.
Un meccanismo che spingerà anche le aziende a concepire i prodotti partendo dal presupposto che ogni merce diventerà qualcos’altro, senza mai trasformarsi in un ‘rifiuto’ o in oggetto di cui doversi disfare.
Un’interessante valutazione è stata quella che a volte la fine può trasformarsi nell’inizio di un altro, nuovo processo, e questo vale specialmente nell’industria e nell’economia.
Raggiungere alti livelli di riciclo in tutte le sue forme, oltre a creare nuovi posti di lavoro, renderebbe l’Europa più competitiva e ridurrebbe drasticamente la domanda di risorse costose e che iniziano a scarseggiare; questo sarà possibile solo a patto che l’intero processo di produzione inizi a focalizzarsi sulla costruzione di una catena di fornitura circolare capace di incrementare il livello di riciclabilità, riutilizzo e ri-manifattura dei diversi prodotti.
È intervenuto poi Baiardo che ha analizzato la tematica del workshop in un’ottica di sostenibilità e competitività dell’Italia nei confronti dei Paesi emergenti, specialmente per quanto riguarda i contenuti di sostanze non desiderate o bandite, che si rilevano essere presenti nelle calzature o nei prodotti in pelle provenienti da nazioni dell’Est asiatico in particolare.
E se è vero che dal 2008 la Comunità Europea ha attivato un quadro di azioni legislative e non per promuovere produzioni meno inquinanti con prodotti migliori e consumi più intelligenti, è altrettanto vero che sarebbe giusto attivare vere misure di controllo a difesa della salute dei consumatori e delle produzioni europee, che invece vengono attivate solo sporadicamente.
Baiardo ha concluso riflettendo su un altro aspetto fondamentale da monitorare, che è la globalizzazione, che ha portato a delocalizzare produzioni calzaturiere per meri interessi economici, a scapito dell’esistenza del settore stesso in Italia e decimando posti di lavoro; un rimedio per riportare produzioni in Italia sarebbe quello di stimolare una crescita sostenibile attraverso l’identificazione di tecnologie emergenti ed innovative che potrebbero, in linea con il concetto di migliorare la qualità della vita e le condizioni di lavoro, offrire nuove opportunità competitive alle aziende occidentali.
Ultimo contributo è stato dato da Pisoni, che ha voluto testimoniare la realtà di un ex polo conciario, quale è quello turbighese, che vede ora una decina di aziende conciarie che devono confrontarsi con una situazione di monitoraggio ambientale asfissiante e che vede un appesantimento dei costi di produzione delle concerie che non possono avvalersi di impianti centralizzati di trattamento dei reflui.