7 Settembre 2015 - 11.46

Venezia72: SELFIE, GIORNALISTI ESAURITI E FINTI DIVI

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Se pensate che andare a lavorare ad un Festival cinematografico sia come una vacanza, e vi immaginate giornate fatte di filmini in tranquillità, incontri con vip e ore d’ozio, probabilmente non sapete come funziona il Festival di Venezia (e per la verità un po’ tutte le kermesse di settore anche fuori confine).
Ecco una lista di chicche che annualmente si verificano nei giorni più glamour e costosi del Lido veneziano.

FAN & RED CARPET
Succede che orde di fan giungano ogni giorno al Lido (via treno e vaporetto, o auto e ferry) appostandosi dalla mattina davanti al red carpet nella speranza di farsi un selfie con l’attore prediletto. Il massimo si toccò anni orsono quando arrivò Madonna, con tanto di musica della cantante a tutto volume fino a tarda sera: memorabile!
Per la verità vista la facilità con cui si può arrivare davanti al tappeto rosso o all’imbarcadero dove arrivano i divi in tarda mattinata, i cacciatori di autografi potrebbero essere anche di più.
Consiglio: saper sfidare temperature, sole e pioggia, vestirsi leggeri e avere possibilità di ricaricare lo smartphone, onde evitare che il telefono si spenga al momento buono.
E i divi? Alcuni disponibili e sorridenti al punto che non disdegnano di vedere film altrui tra il pubblico, chiaramente in incognito.
Altri decisamente no.

GIORNALISTI: CARNE DA MACELLO
Il Festival sopravvive grazie anche a loro, nonostante ciò sono spesso trattati come bestie da soma.
Andando con ordine ci sono diverse categorie di pass stampa, a seconda di quanto figo (o raccomandato) sei, per chi scrivi e quanti click fai: se hai il pass rosso con bollino verde le porte dorate del mondo ti si spalancano di fronte, sei invitato anche ai blindati party vip e persino i bodyguard sono più carini con te. Da lì si scende da chi è senza bollino ai blu, fino ai poveri gialli e poverissimi verdi, in un tripudio di priorità di entrata in sala a seconda della scala di importanza del colore, alle conferenze e per l’accettazione di proposte di interviste. Se hai un bollino blu ad esempio, i primi giorni del festival dovrai mettere in conto di appostarti davanti alla sala cinematografica circa un’oretta prima, sfidando anche tu come i fan maltempo e afa, e magari lavorando in piedi ammassato in piedi tra i colleghi col portatile in bilico tra la borsa pesante e il ginocchio. Altro capitolo sono le interviste, da concordare con larghissimo anticipo (anche un mese e mezzo prima) prenotandosi agli uffici stampa indicando numero copie della testata su cui pubblicherà o visite del sito: avere poi un volto non conosciuto al press office del caso è garanzia di rifiuto, o peggio ancora, indifferenza.
Il fatto poi che il Lido sia un’isola è totalmente indifferente per i giornalisti: portano ogni anno il costume perché non si sa mai, ma alla fine non hanno mai tempo di andare in spiaggia. La loro giornata inizia alle 7 con i turni per andare in bagno tra i colleghi coinquilini con cui si dividono appartamenti microscopici perché i prezzi proibitivi del periodo non permetterebbero altra sistemazione (per farsi un’idea, 10-12 giorni al Lido in appartamento da 4 posti letto costano sui 3000€ circa e il 90% dei presenti non ha rimborsi spese da parte dei committenti). Una volta preparatosi il giornalista tipo si affretta a raggiungere la sala del primo film del giorno in anticipo, lo vede, esce e sotto con un’altra fila per il successivo, poi corre in sala conferenza dove, se riesce ad entrare spesso resta in piedi e ancora accalcato; se poi è fan prima che giornalista corre con sprint furioso verso il banco del cast alla ricerca anche lui di un selfie (e persino intoccabili penne di importanti testate lo fanno, magari dicendo che è per il figlio adolescente). Nel pomeriggio spesso salta il pranzo perché deve scrivere o fare interviste, sempre stipato, o cercare disperatamente posto sul pavimento della sala stampa dove internet è gratis (quando non casca la linea). Tutto questo fino a sera, quando beve stremato un paio di spritz e alticcio corre nuovamente in sala per l’ennesimo film. Poi esce, cena se e dove trova posto (o panini o a casa alla buona o in un costoso ristorante) e si butta a letto. Se ha finito di scrivere, ovviamente.
Se invece va ad una festa alcolica e torna ancora più tardi, il giorno dopo sarà uno zombie e non capirà nemmeno che film saranno presentati.
Non una bella vita, insomma.

ASPIRANTI DIVI, ARRAMPICATORI & CO
Vetrina dell’anno per il mondo del cinema e non solo: il Festival è ghiotta opportunità per registi, case di produzione e star di affermarsi e farsi conoscere, ma anche per i wannabe di mettersi in mostra (nel bene o nel male) e fare public relations.
Allora la zona cinema e il blasonato Hotel Excelsior si riscoprono rifugi ambiti di vallette mancate, attrici da due cent, scosciate vittime del botox, pseudo politicanti dell’ultima ora, compagnie di amiconi del “cinema che conta” (quello che ogni anno decide chi e cosa uscirà in sala, spartendosi cast e fondi, sponsor e sceneggiatori): tutti a mangiare e bere, a fare i finti vip da red carpet, a farsi immortalare dai poveri fotografi e a cercare di farsi invitare alle cene e alle feste che contano, quelle in cui magari un regista può notarti e farti lavorare, anche ad Hollywood! Sognare è gratis. Altra cosa sono i veri amanti del cinema, i giovani registi pieni di idee e speranze e gli attori in fase di reale gavetta: loro si smazzano alla ricerca di idee e spunti, nomi e prospettive, in un paese in cui tutte queste cose stanno finendo. Illusi, teneri e davvero artisti, loro.

Però alla fine è pur sempre la kermesse più bella e storica per il settore cinematografico, la cui location fa sognare italiani e stranieri.
E allora lunga vita al Festival!

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