VICENZA – Alex Cioni: “Variati è in agonia e prigioniero dell’antifascismo”
“Dopo 25 anni di militanza politica a Destra (sociale), non posso esimermi dal dire la mia sulla decisione del sindaco di Vicenza di obbligare i suoi concittadini a firmare una dichiarazione come quella approvata in questi giorni – inizia così la lunga riflessione di Alex Cioni portavoce del Comitato Prima Noi in merito alla proposta del sindaco Achille Variati di inserire la dichiarazione di antifascismo nella concessione degli spazi pubblici . “Simili proposte rappresentano una palese violazione del diritto. Il sindaco non ha gli strumenti giuridici per stabilire chi ha diritto o meno di occupare spazi pubblici, visto che l’art. 21 della Costituzione così recita: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Mentre la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 ribadisce il concetto: “ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione”.
Il sindaco di Vicenza e i soloni dell’antifascismo militante sbandierano una proposta dell’Anpi che non solo ha scarso valore politico ma è del tutto illegale in quanto anticostituzionale. Comunque sia, una dichiarazione di esplicito riconoscimento dei valori antifascisti non la sottoscriverò nemmeno sotto tortura, come non lo avrei fatto se avesse riguardato esclusivamente un’impostazione di matrice anticomunista. Lo potrei pure fare per proforma per evitare pastoie burocratiche, il che comunque denoterebbe l’inconsistenza giuridica e politica della dichiarazione. Il dato oggettivo è che sono 25 anni che promuovo iniziative pubbliche contribuendo al dibattito politico vicentino, nel pieno rispetto delle regole democratiche, non può essere un regolamento scritto in osteria ad impedirmi di continuare a farlo.
Agli smemorati dell’antifascismo militante, e ad Achille Variati che ha la Costituzione l’ha letta con i paraocchi, faccio presente che la XII disposizione transitoria (transitoria) della Costituzione Italiana a cui fanno riferimento, non vieta di essere fascisti, vieta la ricostituzione del partito fascista secondo le forme tipiche del disciolto partito fascista, mentre la legge Scelba (punisce l’apologia del fascismo) può essere chiamata in causa solo se l’apologia è funzionale alla riorganizzazione del disciolto partito fascista ma nel contempo persegue finalità antidemocratiche minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica. Se vengono meno queste premesse di fondo, la Costituzione preserva la libertà di costituire un movimento ch si richiami addirittura, udite udite, al fascismo. In tal senso ci sono numerose sentenze giuridiche della Cassazione.
Dal punto di vista normativo poi, solo il questore può vietare una pubblica assemblea, e lo può fare solo per motivi di turbamento dell’ordine pubblico. Tutto ciò premesso, qualsiasi persona di buon senso che non sia intrisa da dogmi ideologici passatisti e faziosi, dinnanzi a questo tipo di discussioni, si farebbe una grassa risata e volterebbe pagina.
Avviandomi alla conclusione, è singolare il ruolo di coloro che si fanno portavoce di un editto illiberale che punta a vietare ad alcuni la libertà di esprimersi, ergendosi nel contempo a paladini della libertà. Abbiamo letto tutti delle violenze attuate in queste settimane dagli antifascisti nel nome della non violenza e della democrazia, il che dovrebbe portare le persone di buonsenso a non alimentare un clima di contrapposizione che la storia italiana ha già drammaticamente conosciuto. Comunque va detto che c’è anche una buona dose di coerenza in tutto questo: la gran parte dei partigiani combatterono il fascismo per instaurare in Italia la dittatura del proletariato avendo come modello quell’Unione Sovietica di Josif Stalin, noto già all’epoca per aver garantito le libertà politiche e civili ai suoi cittadini. Agli antifascisti 2.0, ricordo che se non siamo finiti sotto quell’alveo di “libertà”, non è di certo dipeso per i distinguo del comunismo italiano dal comunismo sovietico (arrivati parzialmente solo nei decenni successivi), ma per la spartizione geopolitica decisa a Yalta dagli Alleati che lasciarono l’Italia all’occidente cosiddetto libero. Concludendo per davvero, sarebbe il caso di tornare a parlare dei problemi reali degli italiani lasciando agli storici questioni che appartengono al passato e che poco o nulla c’azzeccano con l’Italia del 2018″.