VICENZA – Gioele Dix in Teatro venerdì
Completo cambio di genere negli spettacoli di Prosa al Ridotto al Teatro Comunale di Vicenza; dopo l’ironia irriverente di Alessandro Fullin, ecco un monologo intimista, ricco di risvolti personali, in scena venerdì 16 febbraio alle 20.45. Si tratta di “Vorrei essere figlio di un uomo felice” di e con Gioele Dix, una produzione Giovit, uno spettacolo che ha ottenuto ovunque un ampio consenso e che esplora il complesso e complicato mondo delle relazioni tra genitori e figli. Per farlo, il comico milanese, parte dal racconto dei racconti: l’Odissea, cogliendo un aspetto importante, su cui poco ci si è soffermati, ossia il rapporto tra Ulisse e il figlio Telemaco. Per la data di Vicenza, lo spettacolo è tutto esaurito; i biglietti sono disponibili solo in caso di rinuncia dei possessori. In questa stagione anche gli appuntamenti di Prosa al Ridotto sono preceduti dall’Incontro a Teatro; l’Incontro del 16 febbraio, in programma nel Foyer del Ridotto alle 19.30, sarà condotto da Antonino Varvarà, organizzatore teatrale, attore e regista, docente di recitazione e comunicazione verbale, direttore artistico del Teatro Aurora di Marghera, che introdurrà il pubblico ai temi affrontati nello spettacolo. Giole Dix passerà per un saluto ai presenti In “Vorrei essere figlio di un uomo felice” Gioele Dix torna in scena con un monologo personale ed estremamente divertente che ruota attorno all’idea della paternità: ignorata, perduta, cercata o ritrovata, è il rapporto padri e figli il vero protagonista del monologo. L’espediente narrativo è il viaggio che usa come guida l’Odissea, che tocca lungo il percorso autori molto amati e legami illuminanti con la storia personale e familiare dell’attore. Nello spettacolo Gioele Dix racconta e approfondisce alla sua maniera una vicenda letteraria e umana fitta di simboli, recitando, raccontando, leggendo, e commentando, sempre insieme al pubblico, in un recital vivace e documentato, fra suggestioni colte, rimandi alla contemporaneità e tratti di improvvisa e acuta ironia.
Lo spettacolo – un’ora e venti di emozioni e divertimento – è ispirato ad un progetto andato in onda con successo su Rai 5, dedicato ai capolavori della letteratura di tutti i tempi, ripreso e attualizzato per il palcoscenico, in una versione rinnovata e arricchita. Sulla scena vengono svelati la potenza dei primi quattro canti dell’Odissea, il racconto del viaggio di Telemaco alla ricerca del padre. Un viaggio iniziatico dove un ragazzo cerca di diventare uomo, di assumere i gesti e il ruolo del padre. All’inizio dell’Odissea, Ulisse è assente e lontano. A Itaca, nessuno sa se sia ancora vivo e se mai farà ritorno. Persino fra le vette dell’Olimpo regna l’incertezza, e gli dei discutono a lungo sulla sua sorte. Omero, come il più navigato degli sceneggiatori, sceglie di ritardare l’entrata in scena del suo primo attore. E con lui, l’apparizione di personaggi e avvenimenti strabilianti che renderanno indimenticabile il suo viaggio: la maga Circe, il ciclope Polifemo, il canto delle Sirene, la discesa nell’Ade, gli incantesimi della dea Calipso Tutto accadrà – o meglio, verrà rievocato da Ulisse in una sorta di lungo flashback – dal quinto canto in poi. È forse per questo motivo che i primi quattro canti dell’Odissea sono meno conosciuti e frequentati. Eppure, in essi si racconta di un altro viaggio, meno spettacolare, ma altrettanto determinante, quello del figlio di Ulisse alla ricerca del padre. Un breve ma intenso romanzo di formazione in cui il figlio del protagonista prova a uscire dall’ombra e imparare a crescere. Telemaco parte da Itaca sulle tracce dell’illustre e ingombrante genitore che non ha mai conosciuto, in un lungo itinerario per mare e per terra ricco di incontri rivelatori, il giovane prenderà consapevolezza di sé e del proprio destino. E quando Ulisse e Telemaco finalmente si incontreranno, l’eroe invecchiato e sfiancato da una guerra inutile abbraccerà commosso il giovane uomo cui cedere il suo scettro. E così la figura di Telemaco incarna la sorte di tutti i figli costretti a combattere per meritarsi l’eredità dei propri padri.