VICENZA – I profughi dell'orrore. Abusi sessuali su un connazionale, arrestati
Si chiamano Ullah Noman, di 27 anni, Cheema Jabel Abbas di 32 anni, Ghulam Rasool Imran di 32 anni. Sono pakistani e sono responsabili di atroci violenze e abusi sessuali nei confronti di un connazionale 19 enne, reo di aver segnalato la loro attività di estorsione nei confronti di profughi pakistani ed afghani, ospitati da una cooperativa in alcuni appartamenti di Strada Marosticana a Vicenza. Grazie ad un’operazione tempestiva del sostituto commissario della questura di Vicenza, Paola Sulis, in stretta collaborazione con la seconda sezione della squadra mobile (ispettore capo Roberto Minervini) e della prefettura, sotto il coordinamento del PM Cristina Gava, sono stati arrestati sabato scorso, quando si è accertato che le accuse mosse dalla vittima fossero attendibili. Il quadro che ne emerge è raccapricciante.
La vicenda è stata ricostruita dal vicequestore e dirigente capo delle volanti Elena Peruffo e dal dirigente capo della squadra mobile Davide Corazzini. I tre sono arrivati dal Pakistan in Italia nell’ottobre del 2015. Foto-segnalati a Caltanissetta, sono stati inviati a Vicenza e ospitati prima all’Hotel Adele e poi negli appartamenti in Marosticana in attesa dell’ottenimento dello status di rifugiati politici. All’interno della comunità pakistana avevano organizzato un vero e proprio racket dei pocket money. In sostanza obbligavano gli altri richiedenti asilo di consegnare i soldi che venivano consegnati dalla cooperativa come pocket money (circa 75 euro al mese). Soldi che poi spendevano principalmente per ubriacarsi.
I tre si conoscevano da tempo mentre la loro vittima, il connazionale 19 enne, proveniva da una zona isolata del Pakistan ed era arrivato in Italia dopo essere sbarcato in Grecia, aver attraversato la Serbia fino a raggiungere l’Austria dove era stato respinto. Si era fatto trasportare da alcuni conoscenti a Roma, dove aveva chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato. Ai primi di dicembre era stato inviato a Vicenza e ospitato all’Hotel Adele prima di essere dirottato agli appartamenti di Strada Marosticana. Anche a lui, come ad altri ospiti, è stato imposto con minacce ed angherie, di consegnare i soldi. A scatenare la furia dei tre nei suoi confronti, il fatto che si fosse ribellato ed avesse segnalato ai responsabili della cooperativa la situazione di illegalità creatasi nella struttura di accoglienza. La cooperativa a sua volta aveva informato la prefettura, che aveva diffidato i tre (a metà dicembre del 2015) a mantenere un comportamento consono alla vita di comunità.
I tre, sicuri che fosse stato il giovane a segnalarli, hanno deciso di vendicarsi. Da metà gennaio del 2016 hanno iniziato a torturarlo con vere e proprie violenze sessuali. Secondo la ricostruzione della seconda sezione della squadra mobile di Vicenza, che si occupa di reati contro la persona, diretta dall’ispettore Roberto Minervini, le modalità erano raccapriccianti. Lo facevano ubriacare fino a fargli perdere quasi conoscenza e poi lo violentavano a turno. Uno dei tre riprendeva le scene con un telefonino (le immagini sono state visionate dagli inquirenti) con l’obiettivo di usare tale immagini come materiale ricattatorio. Se il giovane avesse reagito o avesse denunciato quanto accadeva, le avrebbero diffuse all’interno della comunità pakistana.
L’incubo è finito quando i responsabili della cooperativa si sono accorti che il giovane era assente, nervoso, silenzioso e si trovava in grave stato di disagio. E’ stato convinto a raccontare tutto, cosa non facile considerando che non conosce l’italiano, parla un dialetto pakistano e sa a malapena scrivere il suo nome. Le violenze si sarebbero protratte dal 19 gennaio al 5 febbraio e in un’occasione sarebbero avvenute anche in uno spazio all’esterno della struttura ricettiva. La ricostruzione di quanto accaduto è stata particolarmente difficile per questioni linguistiche. I tre pakistani, come pure la vittima, parlano infatti due diversi dialetti del Pakistan ed è stata necessaria la collaborazione come interprete di un mediatore culturale.
Agivano come un vero e proprio branco, con estrema violenza, insultando la vittima e portandola ad uno stato di prostrazione e sudditanza psicologica tale da renderlo quasi catatonica. In un’occasione gli hanno provocato delle ustioni di secondo grado sulle natiche apponendo due monete arroventate. Per questo il giovane è stato ricoverato con una prognosi di 20 giorni nel reparto di chirurgia plastica dell’ospedale.
Il Pubblico Ministero Cristina Gava ha contestato ai tre la violenza sessuale di gruppo aggravata dall’aver costretto la parte offesa ad assumere sostanze alcoliche, oltre alle lesioni pluriaggravate e diversi reati verso il 19 enne ed altri membri della comunità pakistana. L’arresto è stato convalidato ed ora si trovano nel carcere di San Pio X di Vicenza, stante il pericolo di fuga.
Paolo Usinabia
(nella foto qui sotto: il responsabile della segreteria delle volanti Gianluca Pianegonda, il vicequestore e dirigente capo delle volanti Elena Peruffo, il dirigente capo della squadra mobile Davide Corazzini, l’ispettore superiore della seconda sezione della squadra mobile, Roberto Minervini)