VICENZA – Il Gabbiano di Checov in scena al Comunale
La Stagione di Prosa del Teatro Comunale di Vicenza presenta all’inizio di febbraio la messa in scena di un testo epocale della drammaturgia di fine ottocento, “Gabbiano” di Anton Cechov, regia di Carmelo Rifici, in programma martedì 2 e mercoledì 3 febbraio alle 20.45. La nuova produzione LuganoInScena, che ha debuttato nel novembre scorso, vede tra gli interpreti il giovane e talentuoso Fausto Russo Alesi, mentre gli altri attori in palcoscenico sono Giovanni Crippa, Ruggero Dondi, Mariangela Granelli, Igor Horvat, Emiliano Masala, Maria Pilar Pérez Aspa, Giorgia Senesi, Anahi Traversie con l’amorevole partecipazione di Antonio Ballerio. Le scene dello spettacolo sono di Margherita Palli, i costumi di Margherita Baldoni, le musiche di Zeno Gabaglio, le luci di Jean-Luc Channonat.
La programmazione della Stagione di Prosa del Comunale di Vicenza – realizzata in collaborazione con Arteven – è promossa dalla Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza con l’importante sostegno di Fiamm, Gruppo Mastrotto, Develon, Aim Energy e Colorcom, come partner; Inglesina, BMW Autogemelli, AFV Gruppo Beltrame, AC Hotel Vicenza, Burgo Group, Confartigianato Vicenza, Ares Line, ConGusto Vicenza, Telemar, Cantine Vitevis, Lions Club Vicenza Palladio, come sponsor; Il Giornale di Vicenza come media partner.
Nella nuova versione del celebre dramma di Anton Cechov, uno dei più rappresentati in assoluto, la sapiente regia di Carmelo Rifici ha affrontato il grande classico mescolando la dimensione onirica del testo con un gioco di rimandi tra realtà e finzione. In questo “Gabbiano” (senza il consueto articolo “Il”) di cui Rifici firma la regia e l’adattamento, in collaborazione con Fausto Malcovati, il dramma è stato concepito intorno al desiderio dei personaggi di essere quello che non sono, e quindi fragili e inconsistenti come i gabbiani di carta appesi nelle quinte teatrali. E questi personaggi, quasi sempre tutti in scena, parlano recitando, scontenti, infelici, grotteschi, impersonando dei mediocri senza talento; prigionieri dei loro sogni, vivono in un perenne stato onirico, su un ideale palcoscenico.
La storia è quella di un giovane teatrante pieno di dubbi sulla necessità del fare teatro, un famoso scrittore che si interroga sulla necessità o meno di scrivere, una giovane ambiziosa che sogna il successo, una donna di successo che non sogna, un’umanità che desidera essere personaggio, personaggi che si specchiano in un lago che mostra la loro misera umanità.
Dello spettacolo il quarantaduenne regista, neo direttore del Teatro di Lugano dopo essere stato collaboratore di Luca Ronconi e Direttore della Scuola del Piccolo Teatro di Milano, succedendo al Maestro, spiega: teatro e mistero, verità e sogno. Non a caso i protagonisti sono attori, scrittori, registi, e l’umanità che gira intorno a loro, fatta di contadini, di lavoratori, non sogna altro che essere attori e scrittori. Ossessione della rappresentazione di sé. I personaggi recitano su un palcoscenico che si specchia in un lago che mostra a sua volta la loro misera umanità e l’incapacità di volare in alto. Il lago li attrae verso il basso.
“Il Gabbiano” dramma in quattro atti, uno dei capolavori del grande autore russo, dopo l’esito disastroso della prima messa in scena nel 1896, fu ripreso nel 1898 da Stanislavskij con grande successo, un successo che dura incessantemente fino ai giorni nostri. Tutta la vicenda si svolge nella tenuta, situata sulle sponde di un lago, di Piotr Nikolaevic Sorin. Lì sono raggruppate un gruppo di persone che si interrogano costantemente sul loro presente e sul loro incerto futuro, come accade, seppur in diversi contesti, in altri lavori di Cechov: la sorella di Sorin, Arkadina, famosa attrice, ormai in declino, che vi è giunta col suo amante, il romanziere Trigorin, Kostja, il figlio della donna, che nel suo impeto giovanile vuole dare vita a un’innovativa forma teatrale, Nina, l’amata musa di Kostja, che darebbe la vita per fare l’attrice, il maldestro maestro
elementare Medvedenko, innamorato di Masa, figlia dell’amministratore della tenuta, il tenente in congedo Samraev, la quale ama, non corrisposta, Kostja, e il medico Eugenij Sergeevic Dorn.
E Rifici fa esprimere la disillusione di tutti questi protagonisti direttamente in proscenio, confessando le ragioni del loro fallimento direttamente al pubblico. Il regista sceglie di fare questo “Gabbiano” proprio perché è un classico, e nella sua messa in scena, riesce a porre in risalto i due temi che percorrono l’intera opera cechoviana: la vera essenza, portatrice di senso, dell’arte teatrale e l’ineluttabilità dei destini degli esseri umani. “Cechov è talmente semplice che fa paura”, diceva Gorkij. E “Gabbiano” è veramente un testo misterioso: ci mostra un’umanità, una famiglia che non riesce mai ad essere sincera e che, per riuscire a convivere, deve continuamente mentire e immaginarsi di essere qualcosa che non è, spiega il regista.
Lo spettacolo nasce dopo la nomina di Carmelo Rifici a direttore del Teatro di Lugano (maggio 2014): egli si è trovato così nella straordinaria condizione di inaugurare un nuovo teatro che si specchia nel lago della città, proprio come Kostantin ha iniziato la sua avventura di scrittore costruendo un teatrino sulla riva del lago di casa. Il teatro si chiama LAC, che in francese significa lago.