9 Marzo 2018 - 17.52

VICENZA – L’intensità di “Accabadora” al Ridotto

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Ancora un titolo di forte intensità negli spettacoli di Prosa al Ridotto al Teatro Comunale di Vicenza; dopo il monologo sui temi della paternità di Gioele Dix, con la sua interpretazione personalissima dell’Odissea, ancora un monologo incentrato questa volta sulla figura della madre: lo spettacolo è “Accabadora” e sarà in scena stasera venerdì 9 marzo alle 20.45. Il lavoro teatrale, una nuovissima produzione del Teatro Donizetti di Bergamo che ha debuttato nell’autunno scorso dopo un’anteprima estiva, è frutto dalla collaborazione tra la scrittrice Michela Murgia e la regista Veronica Cruciani, interpretato da Monica Piseddu. Scene e costumi dello spettacolo sono di Barbara Gessi, le luci di Gianni Staropoli. “Accabadora” è dunque l’adattamento per le scene dell’omonimo romanzo della scrittrice sarda, pubblicato nel 2009 da Einaudi e vincitore del Premio Campiello 2010, uno dei libri più letti in Italia negli ultimi anni. La drammaturgia è stata affidata a Carlotta Corradi su richiesta della regista, che da subito ha pensato di farne un monologo partendo dal punto di vista di Maria, la figlia di Bonaria Urrai, l’accabadora di Soreni.  La loro proposta è stata immediatamente accolta dalla scrittrice sarda, la quale, per la prima volta, ha deciso di appoggiare e accompagnare la nascita di uno spettacolo nato dal suo romanzo. Per la data di Vicenza, lo spettacolo è tutto esaurito; i biglietti saranno disponibili solo in caso di rinuncia dei possessori. L’Incontro a Teatro che precede lo spettacolo, realizzato in collaborazione con Il Giornale di Vicenza, è previsto venerdì 9 marzo alle 19.30 nel Foyer del Ridotto; sarà condotto da Nicoletta Martelletto, responsabile delle pagine Cultura del quotidiano. A discutere dei temi del romanzo e dell’intenso adattamento teatrale, ci sarà anche la protagonista Monica Piseddu. “Accabadora” è una storia d’amore tra una figlia e una madre che non è la sua. I due grandi temi dell’eutanasia e della maternità surrogata si compenetrano armoniosamente nel testo, creando un’intensa riflessione in cui sono centrali l’affetto e la crescita, inevitabilmente legata al rapporto con la propria madre, naturale o adottiva. È una vicenda delicata, ambientata in un paesino immaginario della Sardegna, dove Maria, all’età di sei anni, viene data a Bonaria Urrai, una sarta che all’occasione fa l’accabadora, ossia aiuta le persone in fin di vita, a morire. La parola, di tradizione sarda, prende origine dallo spagnolo acabar che significa finire, uccidere; Maria cresce nell’ammirazione di questa nuova madre, più colta e più attenta di quella biologica, fino al giorno in cui scopre la sua vera natura. È allora che fugge nel continente per cambiare vita e dimenticare il passato.

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